Donne da salvare

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“Voi dov’eravate?”. Non tanto una domanda ma un grido quello di Agnese, rivolto alla cosiddetta società perbene. Una delle tante, delle troppe donne che con termine sbrigativo normalmente chiamiamo prostitute. Schiave sarebbe più esatto definirle perché quelle che vediamo sulle strade, le straniere, sono tali, senza esagerazione. Vengono comprate e trafficate. Come gli uomini neri che in catene, secoli fa, venivano trasportati e venduti. Come la droga o le sigarette. Con meno rischi, per giunta, perché il contrabbando e lo spaccio sono più controllati. Il tema, purtroppo, non finisce di essere di attualità. Se ne è parlato anche recentemente a Roma in un convegno organizzato dall’Associazione Giovanni XXIII di don Benzi, divenuto ormai il simbolo del riscatto da questa piaga. Una nuova proposta di legge, la sua, che in appena due brevi articoli ribalta l’impostazione predominante: la prostituta straniera è vittima e chi va punito è il cliente, “con la reclusione sino a 6 mesi e con la multa da 2 a 10 milioni ” che può essere sostituita “dalla frequentazione del condannato ad un corso di recupero sociale per un periodo non inferiore a tre mesi”. I numeri sono sconcertanti: la prostituzione straniera è gestita dal racket con circa 80 mila persone; il 35 per cento delle 50 mila prostitute straniere sono minorenni e anche bambine; i clienti italiani sono circa 9 milioni dei quali il 3,8 per cento ha meno di 18 anni ed il 21,43 per cento ha dai 19 ai 35 anni. “Non riesco a capire come gli italiani abbiano perso il valore della persona ” ha affermato don Benzi che, senza peli sulla lingua ha anche parlato di “prostituzione politica” allorché “si fanno le leggi tenendo conto di quanti voti si prendono o si perdono”. E non si salva né la destra né la sinistra. Ma certo non c’è bisogno di essere don Benzi, al quale veramente va riconosciuto un enorme e singolare impegno, per sentirsi assaliti dallo sdegno di fronte a questa nuova “tratta” che fa parte dei tempi bui dell’umanità. Su come risolvere questo problema i teoremi si sono sprecati ma nel concreto il fenomeno dilaga anziché arrestarsi. Un problema non solo italiano e che ha visto anche in Europa soluzioni forti come nel caso dell’Irlanda dove prostituirsi è un reato che prevede la punizione sia delle donne che dei clienti con multe salate ed anche il carcere. Così come in Svezia sono puniti i clienti e proibiti lo sfruttamento della prostituzione e l’affitto di case per quest’attività. Don Benzi ci tiene a distinguere fra le italiane e le straniere. Non è una questione razziale ma, mentre le prime, seppur per disperazione, lo fanno liberamente (almeno nella maggior parte dei casi), le altre sono costrette e quindi schiave, laddove con questo termine si intende chi, privato della propria libertà, non può disporre di sé stesso. Ecco perché occorre riscattarle. E non sono fantasie, le sue, ma trovano riscontro in una città come Rimini, che per anni è stata patria del fenomeno e che grazie al lavoro congiunto delle forze dell’ordine, degli amministratori, delle associazioni di volontariato, ha visto mutare, nel giro di due anni, questo scenario che faceva di quella città il simbolo della trasgressione. Per dire che sradicare la prostituzione si può, se si vuole. On. Maria Burani Procaccini: “Punire il cliente” A colloquio con la presidente della Commissione bicamerale per l’infanzia, nonché membro della Commissione permanente affari sociali della Camera. Lei ha un’ampia conoscenza della legislazione internazionale sulla lotta alla prostituzione. Cosa dobbiamo imparare dall’Europa? “Nella legislazione europea in genere, se andiamo a guardar bene, non ci sono atteggiamenti liberisti, anzi, anche in certi stati dove c’era stata una grande apertura in tempi lontani, adesso si sta cercando di correre ai ripari, perché i famosi quartieri a luci rosse, in realtà sono diventati posti impraticabili. È quello che dovremmo fare pure noi”. In che modo? “È importante intervenire nei confronti dei clienti per un duplice motivo: si distrugge completamente il racket che agisce sulla domanda e si crea anche un’inversione di mentalità. “Cioè da un lato se la domanda viene meno, l’offerta non è più conveniente. Dall’altro si agisce sulla coscienza dei nostri giovani che sempre più ricorrono alle prostitute. Sembra un paradosso che ciò avvenga in un’epoca di grande libertà sessuale come è la nostra, ma è così”. È il risultato del degrado morale cui la nostra società va sempre più incontro? “Proprio così. Occorre cominciare a inserire nella mente dei nostri giovani il concetto che i corpi umani non sono merce disponibile. E l’inversione di mentalità non serve solo a loro ma anche ai nostri uomini, ai nostri mariti, alle donne. Che ci siano infatti delle donne con l’idea che si possano riaprire le case chiuse è un’aberrazione del senso stesso dell’essere donna”. Sarà possibile sradicare un fenomeno di tal portata? “Secondo me sì, ma non è sufficiente. Parallelamente si dovrà fare un lavoro congiunto nelle scuole. Io credo moltissimo nell’intervento di mediatori (possono essere lo psicologo, il pediatra, il genetista…) delle équipe insomma che intervengano a fianco del giovane nella sua formazione, per esempio nei momenti di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, facendo capire che il corpo umano è una cosa meravigliosa e che come tale va scoperto e usato, non come merce da quattro soldi”. Lei ha mai avuto a che fare direttamente con donne o addirittura bambine costrette a prostituirsi? “Certo, anche perché percorrendo la Pontina da Terracina a Roma passo per certe zone che ne sono piene. Più di una volta ho chiamato il 113 o il 112 e mi sono fermata finché non è arrivata la volante a vedere l’età di queste bambine. Ma purtroppo ho potuto vedere anche, a volte, che passavano le auto della polizia e nessuno si fermava. Non lo posso tollerare”. Come donna cosa prova di fronte ad una prostituta? “Una grande pena perché comunque all’origine c’è una disperazione totale. Nessuno, dico nessuno, lo fa se non spinto da questa”. Sen. Patrizia Toia: “Sradichiamola” Il parere della senatrice, vicepresidente della commissione straordinaria diritti umani, che ha promosso un disegno di legge col quale si vuole introdurre il reato di schiavitù nel codice penale. Partiamo dal suo disegno di legge. Qual è l’importanza di tale provvedimento? “Intanto l’Italia recepirebbe nel suo ordinamento, secondo un’indicazione venuta dalla Commissione europea, la fattispecie di tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù. Oggi se una banda di questi trafficanti di esseri umani venisse sgominata, per punirli la magistratura non potrebbe incolparla di un reato specifico. Dobbiamo sconfiggere questo fenomeno a monte, non solo toglierlo dalle strade. La vera vergogna non è che ci siano le prostitute per le strade ma che in un’epoca così civile siamo di fronte a una nuova forma di schiavitù. La mia proposta di legge ha due peculiarità: è ininfluente il fatto che lo schiavista dichiari che la donna è d’accordo a prostituirsi; bisogna tener conto della configurazione moderna di questo reato”. Cosa pensa del principio di correità? “Il cliente deve capire che se ha davanti una donna schiava e la “usa” si macchia anch’esso di un reato e quindi c’è una forma di correità. Se io uso una borsa contraffatta sono complice perché dovrei saperne l’origine. Come mai non avviene lo stesso con le donne? Non sono però del tutto sicura che la strada giusta sia quella della correità. Sono disponibile e sto pensando di presentare un emendamento al testo di legge. Certo anche una responsabilità penale può servire, ma non è solo con la punizione che si affronta il tema, occorre l’educazione”. Regolamentare la prostituzione o sradicarla? “Sradicarla, non ho dubbi. Anche quella cosiddetta libera. Regolamentare significherebbe assumerla come un fenomeno legittimo, socialmente accettato. Io credo che invece occorra una grossa campagna per interrogarci come mai in una società così libera si ricorre a questo tipo di rapporti, cosa c’è dietro in termini di fallimento educativo. Facciamo cadere i luoghi comuni del tipo che questo mestiere è il più vecchio del mondo. Non è che, perché una cosa esiste, occorre legalizzarla. Io mi rifiuto di credere che sia una professione come le altre. Allora, per esempio, va pure pubblicizzata come un’altra qualsiasi attività?”. Cosa direbbe ad un cliente e ad un uomo coinvolto nel racket? “A un cliente direi di pensare cosa farebbe se la donna che ha di fronte fosse della sua famiglia e di chiedersi perché anziché avere un rapporto di parità debba avere un rapporto di acquisto. “Gli organizzatori del racket prima li punirei, perché chi fa un’attività così indegna e disumana ha bisogno prima di tutto di essere punito, poi li convincerei. Siamo di fronte a gente senza scrupoli e quindi va inflitta una pena che abbia lo scopo di redenzione”.

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