Don Zeno e Igino Giordani
«Usciti i tedeschi da Roma, nel 1944, un giorno mi ritrovai in campagna, senza la speranza di veder passare un carro, un quadrupede, e tanto meno un’auto, per tornare in città. Mentre percorrevo a piedi la lunga strada, sopravvenne un camion scalcinato, condotto da un prete, che, tra ruvido e cordiale, senza dirmi tante storie mi fece capire che era lieto d’issarmi sul suo veicolo traballante, residuo di guerra. Subito si istituì tra noi un’amicizia, che non è finita più. Il nome del prete era don Zeno: Col tempo appresi il cognome: Saltini».
Con questo racconto lo scrittore Igino Giordani ricorda il primo incontro con don Zeno. Da questo semplice gesto di solidarietà nasce un rapporto duraturo e schietto: un tipo di legame profondo tipico delle anime spiritualmente elevate, intriso di quella gratuità che trova il fondamento solo nell’Amore divino. Anche grazie all’aiuto di Giordani, don Zeno riesce ad ottenere i permessi e gli aiuti necessari per far ripartire Nomadelfia nell’ex campo di concentramento di Fossoli nel 1947. Così lo ringrazia don Zeno: «Caro Igino, questa volta il Cielo ti ha voluto prediligere fino ad essere la Guida per condurmi a schiacciare Satana… e così ha vinto Gesù nei suoi pargoli. Grazie. […]»
Un rapporto sicuramente segnato dalla ricerca della Verità, sostenendosi a vicenda nei momenti dolorosi. Racconta don Zeno, ricordando le difficoltà confidategli da Igino, allora deputato della DC, davanti ad alcune scelte del suo partito:
«Una volta venivo via dal palazzo dei deputati e ci troviamo proprio in piazza Colonna: gli sono molto amico, è un uomo proprio di spirito Igino Giordani. Viene tutto arrabbiato.
-Cos’hai?
– Sai è venuto De Gasperi, han fatto la seduta del gruppo (parlamentare) del partito e ha detto che il Patto Atlantico è ingiusto, ma che noi dobbiamo firmarlo. Mi sono alzato in piedi, mi sono arrabbiato. Se è ingiusto perché devo firmarlo? Io sono qui per fare le cose giuste; se sapete già che è ingiusto, perché devo firmarlo? […] Credimi, non sono mai stato così male in coscienza come adesso. Tutti mi dicono: devi tener sodo, devi resistere, devi star lì. Sto lì…»
Con queste poche parole si intravede la grandezza spirituale di Igino, uomo di Dio, che a sua volta starà accanto all’amico prete anche nei momenti più bui, specie quando, nel ’53, don Zeno viene laicizzato. E nel ’62, in occasione del ritorno all’esercizio del sacerdozio, non mancherà di comunicargli la sua gioia:
“Carissimo don Zeno, consentimi di rallegrarmi con te e con la Chiesa intera per la festa della prima Messa del ritorno. Ritorno…: ma tu non sei mai uscito: amavi e ami troppo la Chiesa e il Signore nei poveri… Che gioia! Ti bacio le mani, Igino Giordani”
La risposta di don Zeno testimonia questa grande amicizia:
«Caro Igino, rispondo alla tua lettera che fraternamente e cordialmente mi hai mandato in occasione della festa del 22 gennaio.
Mi giunse molto gradita, poi con le altre l’ho messa in attesa di risponderti assicurandoti che in occasione della risposta ti avrei ricordato in modo particolare nella Santa Messa, cosa che ho fatto questa mattina.
So che stai facendo molte belle cose, come hai sempre fatto e mi congratulo ringraziando il Signore. Accetta la mia sacerdotale benedizione con molto affetto
Tuo D. Zeno»
L’apprezzamento delle esperienze reciproche si trova anche in un lungo articolo redatto da Igino per “Città Nuova” che, spiegando l’esperienza di Nomadelfia, termina così: “Così, in semplicità, permane e si sviluppa una convivenza che è una comunione: rettifica cristiana del comunismo ateo. Essa suscita una vita di Chiesa: suscita la Chiesa... Qui vorrei fare l’elogio dell’uomo, però me ne guardo bene; non si sa mai, incontrandomi, potrebbe – con gli occhi soltanto, e con tutto amore, si capisce – castigarmi con un colpo di judo.”
Ma la sintesi più profonda di quest’amicizia la possiamo forse trovare in un biglietto di auguri inviato da don Zeno ad Igino nel Natale del ’67:
«Sempre “unum”, don Zeno.»
Proprio dall’ “ut unum sint” (affinché siano uno) pronunciato da Gesù durante l’ultima cena prendiamo ispirazione perché la collaborazione tra questi due Carismi uniti, il prossimo 10 maggio, dalla visita di Papa Francesco, possa fiorire e portare frutto, sicuri che dal Cielo i nostri fondatori ci benediranno.