Don Giovanni di Mozart

Roma, Teatro dell’Opera. La libertà, sopra ogni cosa. Di esistere e di vivere secondo la propria volontà. Sfidando il mondo e Dio, sino alla fine. Don Giovanni è libero, ma la felicità nasconde inquietudine. Il femminino lo attrae e lo spaventa: eroico (Donna Elvira), aristocratico (Donna Anna) seducente (Zerlina); diverso, comunque, da lui e dagli altri uomini: che vivono di buonsenso (Leporello), semplicità (Masetto), idealità (don Ottavio), eternità (il Commendatore). In una Spagna di tramonti e notti frementi, il dissoluto punito alla fine dal Bene agita sé stesso e tutti. Morto lui, la vita riprende, quasi incolore. Ma è una metafora, avvertono Mozart-Da Ponte nel finale, ottimistico come vuole il secolo dei lumi, del trionfo della ragione. Franco Zeffirelli non invano apre lo scenario conclusivo verso un’alba radiosa. Prima, Zeffirelli ha inscenato uno spettacolo di tenero fasto rococò, con ricordi vedutistici – la scena del casinetto fa tanto Lorrain o Canaletto -, costumi presi da ritratti dell’arte europea ed una regia misurata dove l’azione non ingombra il canto (difficile): giusto da parte di un regista che conosce la musica e l’opera. Don Giovanni fra il resto non ha arie da solo, se non di sfuggita. È sempre insieme a qualcuno, microcosmo di una ricerca di felicità egocentrica mai appagata. La musica di Mozart, nel gioco di un meccanismo teatrale perfetto, sgorga con una freschezza, una fantasia, un equilibrio che è del genio maturo: la resa sinfonica dell’orchestra si armonizza col canto con una spontaneità miracolosa: colori, sfumature, melodia e ritmo non conoscono ripetitività. Il direttore Hubert Soudant ha senso della misura, fa estrarre dall’orchestra – ormai sempre più mozartiana: finezza e calore – gli scambi fra archi gravi, legni, le sete dei violini, e accompagna il canto con precisione, anche se forse con scarsa duttilità. Nel cast, alla limpida Anna Rita Taliento (Donna Anna) seguiva Darina Takova in un’Elvira a tratti affaticata, all’elegante ma forse troppo chiaro Juan Francisco Gatell (finalmente un don Ottavio affatto femmineo), il Commendatore un po’ leggero di Alessandro Guerzoni, fino al bravo, Leporello di Alex Esposito e al protagonista Marco Vinco, credibile in scena e in voce, cui auguriamo una sicura maturazione. Sala strapiena, successo straordinario. CLASSICADISCHI Chi mi darà le ali? Alessandra Celletti, pianoforte. Uscirà in primavera il nuovo cd autoprodotto (dopo quattro registrazioni con la Kha Record’s) dalla pianista romana, che prende ispirazione dal Salmo 54 per unire sensibilità fantasia e pensiero. Due brani prevedono un intervento elettronico minimale sul piano; la frase del cd è cantata da Giuseppe Atria, piccolo allievo del coro della Cappella Sistina. Un gioiello da non perdere. 06-4414800

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