Domenica libera o da liberare?

Con la manovra finanziaria bis di agosto i negozi potranno restare aperti sempre. Le posizioni di un dibattito possibile
Supermercato

La manovra finanziaria di luglio ha fatto cadere ogni limite previsto per l’apertura dei negozi la domenica e i giorni festivi con riferimento alle città d’arte e quelle di grande interesse turistico. Un provvedimento in grado già di eliminare alla radice tutte le polemiche ricorrenti in tante località del Bel Paese. Con la manovra bis di agosto, invece, un brevissimo comma ha permesso di estendere questa disposizione a tutti gli “esercizi di vendita”, senza distinzione di vocazione turistica o artistica, rimuovendo il rispetto degli orari di apertura e di chiusura senza differenze tra giorni feriali, domenicali e festivi: un deciso passo verso quella mutazione antropologica dei tempi di vita comune che è già molto diffusa e prevalentemente accettata come un dato di fatto, anche da alcuni rappresentanti di associazioni di consumatori che sottolineano la «comodità» di avere luoghi di consumo aperti teoricamente 24 ore su 24. Un parere negativo è arrivato dal presidente di Confcommercio, che si è lamentato per il metodo con cui si è arrivati a prendere decisioni che mettono in seria difficoltà molti commercianti. Liberalizzare totalmente l’apertura degli esercizi commerciali, infatti, incide profondamente sull’organizzazione e sui costi di gestione di un’impresa dei servizi, finendo per favorire solo i grandi gruppi in competizione fra loro.

 

Sembrano avvicinarsi tempi ancor più difficili per i negozi di quartiere a conduzione prevalentemente familiare, basati su una rete di relazioni di fiducia e di prossimità. Forme di dissenso esplicito sui tempi e le condizioni di lavoro nei giorni festivi stanno crescendo anche tra alcuni gruppi organizzati di lavoratori dei centri commerciali. Ad esempio domenica 24 luglio si è tenuto, per la prima volta, uno sciopero in uno dei mega negozi romani della catena distributiva di un gruppo francese attivo nel mercato internazionale del bricolage.

 

Di tono completamente diverso sono invece i commenti entusiastici alla norma usati dal ministro per il Turismo, Michela Brambilla, che in un’intervista al quotidiano Libero parla di «vera e propria rivoluzione liberale, qualcosa che in questo Paese finora nessuno era riuscito a fare. Ogni imprenditore ha diritto di organizzare la propria attività nel solco della prossima modifica all’articolo 41 della Costituzione». Disposizione della Carta fondamentale che, ricordiamo, dichiarando la libertà dell’iniziativa privata, afferma che «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».

 

Forte del grande consenso degli italiani all’apertura domenicale e festiva dei negozi, accertato dall’agenzia di sondaggi Ipsos, il ministro è convinto di agevolare questa misura la ripresa del Paese, rimettendo in moto «un ciclo virtuoso che parte dai consumi e dà impulso all’economia e all’occupazione». Dello stesso tenore le dichiarazioni di Mario Resca, presidente di Confimprese, che si dice «convinto che una maggiore libertà d’impresa possa incentivare i consumi, aumentare l’occupazione, stimolare la produzione industriale, creare ricchezza per esercenti e lavoratori». Tesi che sembra, per il momento, non convincere Carlo Sangalli, il già citato presidente di Confcommercio, che ha affermato: «I consumi languono per ragioni di reddito e non perché sia difficile trovare negozi aperti».

 

La causa dell’apertura domenicale dei negozi è fortemente sostenuta dal quotidiano Il Foglio, che già in un editoriale del febbraio 2011 aveva lanciato l’appello denominato, con un tocco neorisorgimentale, «Libera domenica in libero Stato». La facoltà di tener aperto la sera, la domenica o i festivi è presentata come una grande conquista di libertà, capace di far crescere la concorrenza e l’occupazione, soprattutto per i giovani e le persone anziane. Anche perché, si chiede Il Foglio, «non si comprende perché con un mercato del lavoro flessibile e sostanzialmente liberalizzato, il commercio non possa sfruttare al meglio questa opportunità».

 

La “domenica libera dal lavoro” è invece l’obiettivo della European Sunday alliance, che a fine giugno 2011 ha promosso presso il Comitato economico e sociale europeo di Bruxelles una conferenza di esperti per lanciare l’iniziativa a livello continentale e incidere nel dibattito in corso sulla revisione della direttiva europea sull’orario di lavoro. La proposta arriva da una rete composta da organizzazioni della società civile, sindacati e realtà ecclesiali quali la Comece (Commissione episcopati Comunità europea) e la Kek (Conferenza delle Chiese europee). Rete che vede molte sigle italiane ma con azioni, finora, di poca visibilità nell’opinione pubblica. Anche se non mancano i termini per un dibattito aperto e condiviso sui tempi di vita, di festa e di lavoro.

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