Domenica delle palme a Gerusalemme

La processione dei cristiani, straordinario esempio di dialogo e convivenza nella terra più contrastata del globo. Su un asino Gesù entrò in città
domenica delle palme a gerusalemme

Temevo di non farcela ad arrivare in tempo. Pensavo di metterci ore intere per espletare le formalità della frontiera, ma in venti minuti me la sbrigo. Poi la valle del Giordano e la salita verso Gerusalemme. La tenerezza dell’erba ispira sentimenti di serenità in questa terra così difficile e complessa. Gli uccelli cinguettano.

 

La strada si rivela un continuo saliscendi, mentre il sole bacia i cumuli di pietra, tra coltivazioni di ortaggi, frutta e vigne. Quando gli abitati passano dalle comunità ebraiche a quelle musulmane, lo si nota immediatamente, per la minor cura delle case e la povertà della gente; ma anche per la vivacità dei bambini e la fantasia delle decorazioni.

 

Ecco Gerico e la sua bolla di verde e di umidità: si capisce perché sia tra le città più antiche al mondo, per la sua bellezza e per la posizione strategica. Poi la salita verso Gerusalemme, nei calanchi e nelle colline da cui non spuntano alberi e arbusti, ma solo i nuovi insediamenti ebraici, frammisti ai vecchi villaggi palestinesi. Finché un posto di blocco annuncia la città santa.

 

Per arrivare alla Porta di Damasco il mio autista, un ebreo, cambia strada più volte. Giunge a destinazione, tradendo un certo nervosismo perché ci troviamo in pieno quartiere musulmano. Ma non rinuncia a cercare d’imbrogliare lo stato (e il sottoscritto), dandomi un ricevuta per soli 45 shekel e non per i 450 spesi. Tutto il mondo è Paese.

 

La città è vestita a festa, è la domenica delle palme, quella che gli arabi cristiani chiamano “Domenica dell’osanna” e gli arabi musulmani “Processione delle palme dell’asino”. Attorno al patriarca dei latini, nel pomeriggio al santuario di Betfage si riuniscono migliaia di cristiani, provenienti dal mondo intero. C’è aria di festa.

 

Si sale al monte degli Ulivi, si scorge il luogo del Padre nostro, poi quello del Dominus Flevit, per giungere per una sosta di preghiera al Getsemani. Si attraversa il torrente Cedron, per fermarsi infine alla basilica di Sant’Anna. Come nel IV secolo, o quasi. Da non credere, il concentrato di lingue, riti, tradizioni, preghiere, inni, canti: il sole bacia le fronti e le palme issate al cielo.

 

Lo sguardo dei musulmani al passaggio del corteo è benevolo, e in fondo anche quello degli ebrei. Dopo anni di processioni striminzite, quest’anno la partecipazione è cospicua, circa 5 mila persone, a testimonianza di una rinnovata coesione della comunità cristiana locale, ma anche della risposta di tanti stranieri all’appello lanciato dal Papa polacco per una nuova stagione di pellegrinaggi in Terra Santa.

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