Domande difficili

Sono rimasta impressionata dalla fine del piccolo Tommaso. E quando mio figlio di 8 anni che ha saputo la notizia a scuola mi ha chiesto spiegazioni, ho avuto timore di parlargliene, pensando che fosse spaventoso per lui: è bene parlare ai bambini della morte?. Anna – Torino ¦ Vorrei risponderle raccontando un’esperienza vissuta di recente durante il funerale della piccola Elisa di quasi cinque anni, morta di leucemia, dopo un periodo di grande sofferenza. È stato un momento sicuramente doloroso per i familiari e gli amici. Tuttavia anche profondo e persino educativo, per i piccoli e per i grandi. La chiesa era gremita di gente fino all’inverosimile. Erano presenti i bambini della scuola materna e molti altri della scuola elementare e i ragazzi della scuola media, che hanno letto alcune preghiere. Tutti eravamo commossi e il funerale è stato molto partecipato e toccante. Durante la sepoltura, i bambini sono rimasti in silenzio a guardare la piccola bara che veniva deposta nel terreno. Posso dire però che hanno vissuto quel momento non con spavento, ma con profondità, insieme ai genitori e agli insegnanti. Questi spiegavano loro che adesso l’amica li veglia dal cielo e che possono sempre parlare con lei. Pur nel dolore, si vedevano i volti dei bambini comprendere e affrontare con dignità e serenità quell’esperienza difficile e misteriosa toccata ad una loro coetanea. Poco per volta, quasi a turno, prima di andarsene, salutavano Elisa, e, anche se molti avevano le lacrime, le parole ciao, ti voglio bene, stai con me, davano in certo modo un senso a quella partenza precoce e apparentemente incomprensibile. Di fronte ad una società che sembra dimenticare il dolore e la morte, anzi non ne vuole proprio parlare, penso sia importante spiegare ai figli l’esistenza e il significato di queste realtà. Poterle imparare ad elaborare interiormente, aiuta a comprendere il valore della vita. Attraverso il dialogo con gli adulti, innanzitutto con i genitori, i bambini crescono e maturano: la parola nutre, sostanzia, dà valore a quanto facciamo e viviamo. Se è pronunciata rispettando la libertà dell’altro, senza umiliarlo, se diventa stile di una comunità, può contribuire anche in modo significativo alla concordia e all’unità dei popoli. Per concludere, se capita l’occasione giusta, non abbia timore di parlare con suo figlio con parole semplici e sdrammatizzando: i bambini hanno bisogno di sapere, di dare senso alle cose. Un senso che, anche quando riguarda il dolore e la morte, non è mai tragico, ma umano e dignitoso. Il dire con le parole rappresenta sempre un viatico, un aiuto per evitare la disperazione e l’angoscia. La sofferenza spiegata e vissuta con serenità può aiutare a trovare una maggior apertura verso la vita e verso le cose che contano, verso il bene. acetiezio@iol.it

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