Domande attuali sulla guerra giusta

Una lettura per cercare di leggere il tempo presente tra legittimazione ricorrente della guerra e intervento umanitario. Gli atti del convegno del centro Paolo VI "Mai più la guerra"
Libia in fiamme

Senza troppi clamori continuano i bombardamenti su Tripoli. Dal 17 marzo, data simbolica dell’unità d’Italia, si stima che i costi giornalieri dei raid aerei siamo pari a cento milioni di dollari. Città Nuova è tra le poche voci che hanno sollevato più di un dubbio sulla strategia delle armi adottata per risolvere la controversia con un ingombrante, recentissimo alleato come Gheddafi. E le radici di una tale prospettiva di lettura degli avvenimenti si ritrovano facilmente ed esplicitamene nell’insegnamento di Igino Giordani che sul tema della guerra ha segnato la coscienza interiore di molti, non solo cattolici.

 

Proprio in questo tempo di contraddizione merita perciò una lettura approfondita la pubblicazione dei testi del convegno promosso nel 2009 dal bresciano Centro studi Paolo VI “Mai più la guerra”, assieme all’università cattolica del Sacro Cuore, dal titolo che, purtroppo, rimane sempre attuale: «Ha ancora senso parlare di guerra giusta?».

 

Bisogna partire da un oggettivo disorientamento di fronte a diverse voci autorevoli che giustificano tesi contrastanti con riferimento a documenti ufficiali della Chiesa. In genere, a definizioni di principio seguono le eccezioni che conducono a soluzioni completamente diverse tra loro. E ciò diventa quanto mai lacerante nella vita concreta di chi deve scegliere se obbedire o no a certi ordini e imperativi.

La tesi discriminante rimane quella esposta ad inizio del testo da Luigi Lorenzetti, direttore della Rivista di teologia morale, che, senza mezzi termini, invita a leggere la teoria della guerra giusta come espressione della cultura greco romana che ha condizionato il cristianesimo storico dall’era di Costantino in poi. Una formula datata storicamente che si è trascinata per quindici secoli, secondo Lorenzetti, senza uno sguardo sulla realtà della guerra effettiva che rendeva impossibile o facilmente aggirabile il rispetto delle famose quattro condizioni richieste per essere dichiarata giusta: non coinvolgimento dei civili, proporzionalità nella reazione, retta intenzione di giustizia e non di vendetta, probabilità di successo.

 

La discontinuità che rimane ancora da attuare, secondo il decano dei teologi moralisti, è quella realizzata, una volta per tutte, con l’enciclica “Pacem in terris” e con il Vaticano II. Usare la guerra come strumento di giustizia «alienum est a ratione» cioè è «contrario alla ragione» e non, come è stato anche tradotto, «è quasi impossibile pensare». Il passaggio radicale consiste nell’aver eliminato alla radice ogni legame tra Vangelo e legittimazione della guerra.

 

Il fatto che tale dottrina sia, poi, disattesa nella realtà in nome di un pluralismo di posizioni che diventa vero e proprio relativismo non si giustifica, secondo Lorenzetti, distinguendo artificiosamente tra profezia e realismo. La stessa riproposizione delle condizioni della guerra giusta nel catechismo della Chiesa cattolica del 1993 andrebbe perciò letta, in questa ricostruzione, come l’elenco di elementi che, non potendosi mai realizzare, rendono impossibile ogni giustificazione dell’atto bellico. Esplicita l’intenzione di studioso di fondare la credibilità della teologia morale che non può essere forte in certi ambiti (aborto ed eutanasia) e debole in altri (guerra).         

Ma se non si può negare che il percorso della pace deve per forza avvenire attraversando i conflitti, il salto di qualità richiesto consiste nel saper «difendere le cause giuste in modo giusto». Oltre al rafforzamento delle istituzioni internazionali e al ricorso alla necessaria obiezione di coscienza compare la novità degli ultimi anni. Quell’«ingerenza umanitaria» che deve essere altro dalla guerra perché tende, in maniera circoscritta, «a disarmare l’aggressore, evitando così i rischi (effetti) collaterali».

 

Tutta la contraddizione attuale si pone quindi ancora nell’interpretazione degli avvenimenti recenti dentro queste categorie, mentre il giro d’affari degli armamenti cresce senza tregua, oltre ogni necessità difensiva, sottraendo risorse indispensabili per la sopravvivenza di milioni di persone minacciate dalla fame e dalla sete.

 

Il volume, rivolto evidentemente all’esterno del cerchio degli esperti, permette di approfondire le questioni così vitali attraverso il contributo di altri giuristi, teologi e storici (Luciano Eusebi, Carlo Bresciani, Fulvio De Giorgi, Giorgio Campanini, Sergio Bastianel e Paolo Carlotti). Un buon testo introduttivo alla lettura del nostro tempo, fatto apposta per suscitare domande di senso dall’indubbio risvolto pratico.  

 

“Ha ancora senso parlare di guerra giusta? Le recenti elaborazione della teologia morale”, a cura di Carlo Bresciani e Luciano Eusebi. Edizioni Dehoniane Bologna 2010.

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