Dolce&Gabbana e la poetica del Neorealismo
I due stilisti riprendono in ogni collezione il fil rouge della poetica del Neorealismo, dove la donna è in primo luogo ricolma di humanitas, calata nel quotidiano della loro Sicilia, sintesi verace di profumi, musiche e pathos. Alla sfilata del pret- a-porter milanese Autunno – Inverno 2015-2016, in primo piano è l’archetipo della madre, donna e “madonna” che entra in scena con uno stuolo di bambini di ogni età. La top model Bianca Balti è invitata dalla maison a sfilare, fiera della gravidanza della sua seconda figlia. Le modelle portano in braccio bambini di pochi mesi.
Un tripudio di sfumature dal bianco al rosa pallido, dal verde bottiglia al bordeaux, dal rosso al nero, che rimanda ai contrasi del profondo sud, agli attaccamenti familiari passionali. Anche quando, come nella collezione 2014 – 2015, si accenna alla Spagna, le radici siciliane rimangono un punto di riferimento costante. Hal Rubenstein ritiene che il “vestito siciliano” di Domenico Dolce e Stefano Gabbana sia l’essenza del loro brand, la pietra di paragone sartoriale del loro marchio. Prende spunto da una sottoveste, ma è una sottoveste che ha reso indimenticabile Anna Magnani, Anita Ekberg e Sophia Loren. «Quando disegniamo – osserva Domenico Dolce –, è come essere in un film. Pensiamo a una storia e disegniamo i vestiti che si adattano ad essa».
Esempio ne è l’ultimo video affidato al premio Oscar Giuseppe Tornatore che analizza il segreto del successo nel fatto che ogni commercial film diventi occasione di formazione interiore, scuola di pedagogia: «Realizzare un film per Dolce&Gabbana – osserva Tornatore–, non è come girare una semplice pubblicità. Stefano e Domenico non mi sottopongono una trama, ma una sensazione». Un addetto alla raccolta dei limoni – Brenno Placido, figlio di Michele Placido e Simonetta Stefanelli –, dallo sguardo penetrante di una purezza abbagliante, rapito dalla bellezza di Kate King raccoglie da un albero un fiore di limone, lo affida ai bambini affinché lo consegnino a Kate con un bacio. È una storia di candore, ricorda la poetica del Pascoli. La musica di Morricone ne segna ogni passaggio. Precisa è la ricostruzione scenica degli ambienti, le emozioni, le sfumature lucidamente circoscritte, semplicemente autentica la dimensione umana.
Giuseppe Tornatore, figlio del Neorealismo in cui l’attore è prima di tutto un essere umano, condivide le coordinate concettuali: «Lo scopo è rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nelle piccola cronaca, anzi piccolissima cronaca, considerata dai più come materia consunta». Il critico Maurizio De Bonis osserva che nella fotografia del siciliano Tornatore si avverte una vicinanza umana verso i soggetti ripresi. «È come se inquadrando nel corso del tempo il mondo, attraverso il mirino della sua macchina fotografica, Tornatore riportasse, ogni volta, la sua vena creativa ad un grado primordiale di espressività caratterizzata da una sincera purezza dello sguardo, un ritorno indietro».
Tornatore immagina una Sicilia quasi alla “Gattopardo”, tra raccoglitori di agrumi, donne che sbucciano limoni e aristocratiche fanciulle. La testimonial Kate King che ricorda Claudia Cardinale, resa immortale da Luchino Visconti nella scena del ballo, riscontra in Giuseppe Tornatore estrema grazia e gentilezza. «Da Tornatore ho compreso – osserva Kate –, come una giovane donna aristocratica siciliana rivolga lo sguardo al suo primo amore».
Il Neorealismo di Giuseppe Tornatore, la semplicità del sentimento, la poetica della bellezza in ogni sua autentica espressione, le battaglie sociali, sono gli aspetti che hanno reso la cinematografia italiana famosa nel mondo. La sfilata o lo spot di un profumo divengono così, sotto la regia di Tornatore, un vero, semplice atto d’amore che Domenico Dolce e Stefano Gabbana rivolgono alla loro Sicilia.