Divorzio breve
«Al tg ho sentito che in Italia sta arrivando il divorzio breve. Ne hanno parlato come di una conquista di civiltà. Io ho qualche dubbio: capisco che quando non va, è meglio lasciarsi, ma non è comunque bene pensarci un po’ su?».
Il 23 febbraio scorso la Commissione Giustizia della Camera ha approvato un testo in cui il tempo di attesa richiesto per ottenere il divorzio è di un anno dopo la separazione, invece degli attuali tre, o due anni in presenza di figli minorenni. La proposta passerà all’approvazione del Parlamento.
Chi sostiene la necessità di questa modifica sottolinea che le dinamiche familiari sono cambiate: c’è un calo di matrimoni e un aumento delle richieste di separazione, sia tra coppie giovani che tra coniugi più maturi, e per questo l’eccessivo tempo richiesto finora è sprecato tra sentenze e liti, con costi elevati, economici e relazionali, per tutti i membri coinvolti.
Conoscendo un po’ la Via Crucis di famiglie in crisi e separate, posso dire che c’è invece bisogno di tempo e professionalità da dedicare all’accompagnamento delle singole situazioni, prima di arrendersi all’irreparabile. Sarebbero necessarie iniziative di promozione della stabilità di coppia come bene sociale.
Non solo le classiche politiche familiari in campo economico, abitativo, lavorativo e scolastico, da sempre latitanti nella nostra legislazione, ma misure preventive, di preparazione al matrimonio, o di cura per le relazioni fragili.
Finora questa sfida è stata raccolta dal mondo ecclesiale, che nella sua testimonianza “profetica” ha offerto a tutti un segno di speranza. Ci sono significativi percorsi di formazione ad una vita familiare consapevole e fiduciosa, e di risanamento di lacerazioni coniugali anche gravi. Pur consapevoli dell’attuale affanno dello stato sociale in Italia, perché non considerare come un investimento lo sviluppo di queste potenzialità nel più vasto campo civile, a servizio delle coppie e delle famiglie?