D’Istanti non Distanti: in tour con Giovanni Baglioni

È uno dei nomi più promettenti della chitarra acustica contemporanea. Un talento e un virtuosismo che si stanno facendo conoscere in tutta la Penisola.
giovanni baglioni

Che la musica l’abbia nel sangue non ci sono troppi dubbi: in fondo l’uomo è il frutto di quel “Piccolo grande amore” che tanti anni prima aveva rapito suo padre Claudio e la mamma, Paola Massari. Ma per fare del talento un’arte propria ci sono voluti anni di impegno, di studio e fatica, per cogliere il positivo di una storia e generare allo stesso tempo un’identità musicale tutta personale, nuova.

 

Giovanni Baglioni è un ragazzo semplice, schivo, di quella timidezza tipica di chi sta camminando consapevole di avere del proprio da offrire all’altro, ma è cosciente che tutti un giorno gli faranno la stessa fatidica domanda, che riguarda l’influenza di un papà musicalmente così importante. «Sicuramente ci sono tutte e due le componenti, sudore sulle corde e predisposizione genetica. Non sono però un fenomeno da esibizione, anche perché da piccolo facevo altro, quella della musica è una scelta tardiva. Prima suonavo con gli amici, come facciamo tutti, ma la scelta di andare oltre, coltivando ciò che pareva un talento, è arrivata molto dopo». E di talento il ragazzo ha dimostrato di averne in questi anni, ritagliandosi una fetta di pubblico sempre crescente, che lo sta seguendo in tutti i teatri e le piazze italiane. Oltre al suo cognome.

 

 

Cominciamo proprio da papà. È contento di questa tua scelta?

 

«Certo che papà è contento. Lui è una persona sobria, non è facile di complimenti e io non sono sempre lì a chiedergli “come va”. Ma so che è contento, probabilmente mi darebbe qualche consiglio in più, ma rispetta il mio percorso».

 

 

D’Istanti non Distanti- legno e fiato tra onde quadre” è il titolo del tuo ultimo spettacolo musicale-teatrale, che ti vede protagonista accanto ai Vick Frida, affermata electropop band italiana. Un connubio certamente particolare…

 

«Lo racconto nel promo dello spettacolo: è stata la bellezza di un incontro, di quelli che fanno il nostro percorso; un incontro trasforma un passante in qualcuno, cambia i punti di vista e ci porta altrove. Così è per questo lavoro, una rappresentazione metaforica dei nostri percorsi. Io un chitarrista acustico, mentre i Vick Frida fanno un grande utilizzo dell’elettronica e dell’artificialità del suono: sono “istanti” che durante lo spettacolo cerchiamo di mostrare come possono fondersi pur partendo da prospettive “distanti”. Attraverso una sceneggiatura incentrata sui momenti di incontro, lo spettacolo presenta vari episodi musicali che propongono le due personalità, col proprio carattere, per condurre poi gradualmente verso un’integrazione completa».

 

 

I primi spettacoli, in Veneto, sono andati oltre le aspettative, confermando il virtuosismo di Baglioni che si fa forza narrativa ed evocativa, confermandolo fra i nomi più interessanti ed originali nel panorama della chitarra acustica solista contemporanea italiana.

 

 

Arrivi da “Un Tour differente”, che nel 2010 ha toccato i borghi più belli d’Italia, e che è anche il titolo del tuo primo disco. Ogni volta hai chiuso un concerto con una standing ovation…

 

«Con questo lavoro ho messo un piccolo piede verso il futuro, proponendo qualcosa di inedito, di mio, che ho provato a comunicare e che mi ha dato grandi soddisfazioni. Vivo tutto con grande meraviglia e sorpresa. La mia tecnica non è molto conosciuta dalle nostre parti, e dunque non è richiesta. Però il più delle volte ho incontrato nel pubblico uno stupore positivo, e quindi delle gratificazioni grandi, perché a prescindere dai numeri, che comunque sono stati importanti, vedere molte persone che sono “belle” al tuo suono ti fa capire che non stai lavorando solo per te stesso, ma stai comunicando qualcosa».

 

 

In effetti tu proponi la tecnica della chitarra acustica a percussione, a brani intervallati da una introduzione che talvolta aiuta la comprensione del pezzo o il tuo animo in quel momento. Ma in camera tua, quando componi, cosa succede?

 

«Nel momento in cui creo, se c’è qualche difficoltà, cerco di ricordarmi che è proprio grazie a queste se posso tirare fuori la forza giusta che ho dentro per metterla in un pezzo, in un tocco di corda, e così quel “qualcosa “di negativo diventa positivo. Se uno non ha questa forza si ferma tutto. Ci vuole sempre quello scalino sul quale è faticoso issarsi, ma che poi ti permette di essere un po’ più su. Succede così ogni volta che scrivo».

 

 

Poi, dalla solitudine, passi al confronto con i tuoi collaboratori…

 

«Il rapporto con gli altri in generale, è delicato. Sono figlio unico, e vivo in maniera normale e a volte desiderabile la condizione di relativa solitudine. Ma un essere umano non può fare a meno di un altro essere umano, e la musica mi fa capire che l’interazione con l’altro mi aiuta a sentire chi sono, e forse posso coltivare questo rapporto in maniera diversa».

 

 

Questo rapporto come si costruisce con il pubblico?

 

«Nel momento in cui doni la tua creazione al pubblico, questa è già una forma di interazione. Io preferisco ancora la parola, ma c’è un “qualcosa” che è tuo e che sta in quella parte più profonda di te, che viene fuori attraverso la creazione artistica. È una comunicazione che viaggia su altri binari, e porta fuori di te ciò che altrimenti rimarrebbe nascosto».

 

 

Da qui in avanti…

 

«Creare le condizioni affinché D’Istanti non Distanti, oltre a essere conosciuto, possa essere davvero un momento di serenità da sperimentare attraverso il bello che cerco di dare agli altri».

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