Il disobbediente Mayr Nusser oggi
La beatificazione di Joseph Mayr Nusser, avvenuta a Bolzano il 18 marzo 2017 permette di gettare uno sguardo su uno dei nodi irrisolti della nostra storia : il silenzio e l’obbedienza davanti alle guerre e ai crimini dei due conflitti mondiali da parte della grandissima maggioranza dei cristiani di ogni confessione. Ciò è avvenuto anche quando il potere è stato esercitato dai regimi totalitari come quelli della costellazione nazifascista.
Chi si è ribellato ha potuto sperimentare una grande solitudine, prima ancora del martirio vero e proprio.
Mayr Nusser, nato nel 1910, sposato e padre di un bambino, aveva 33 anni quando nel 1944, il 4 ottobre, giorno di san Francesco, rifiutò di prestare obbedienza al Fuhrer con queste parole: «Non posso giurare a Hitler, sono cristiano, la mia fede e la mia coscienza non me lo consentono».
Un gesto che nasce da lontano, quando da giovane segretario di azione cattolica aveva studiato, con i suoi amici, i testi di formazione nazisti e si era deciso contrastare l’«idolo terribile che viene dal Nord». Ciò che sembrava evidente al giovane altoatesino, che lavorava come contabile in una ditta privata, non lo era affatto per larga parte della classe intellettuale del tempo.
Ma come scriveva nel 1938 lo stesso Josef «l’uomo di oggi può essere convinto non da conferenze o prediche , ma solo dalla vita dei cristiani; questo è l’unico libro nel quale si vuole leggere e al quale si crede oppure no».
Nel 1939 si rifiutò di scegliere, come sud tirolese, in base all’accordo dei due governi totalitari, se restare nell’Impero mussoliniano o aderire al Reich hitleriano. Un’opzione difficile che lo espose al pericolo fino a quando, nel 1944, ricevette la cartolina di precetto da parte delle temibili SS. La coscrizione imponeva di pronunciare il giuramento solenne: «Giuro a te, Adolf Hitler, führer e cancelliere del Reich, fedeltà e coraggio. Prometto solennemente a te a ai superiori fedeltà e obbedienza fino alla morte. Che Dio mi assista». Un atto di culto inaccettabile da parte di Josep verso un potere che definiva “demoniaco”. Condannato e inviato verso il campo di concentramento di Dachau morirà di stenti durante il viaggio nel treno piombato nel febbraio del 1945.
Una vicenda a noi molto vicina che ci racconta la scelta radicale che nasce da un forte rapporto di amore con Hildegard, sposa di Jopep e madre del piccolo Albert che ha assistito, a 74 anni, alla cerimonia di beatificazione del suo papà.
Una storia simile a quella di Franz Jagerstatter e la sua Franziska. Non un dotto e sapiente ma un contadino di Radegund, un paesino dell’Alta Austria, anch’egli disobbediente a Hitler e perciò messo a morte, che scriveva così alla moglie e madre delle sue tre figlie: «la mia esperienza personale mi ha insegnato quanto sia penosa la vita di un cristiano tiepido: è vegetare più che vivere».
Il loro esempio non è perciò da relegare al passato ma ci interroga sugli scenari dei conflitti attuali e alla necessità di non poter prestare obbedienza a scelte inaccettabili che alimentano la guerra. Come nel caso della fornitura di armi a Paesi che praticano la violazione di diritti umani e i bombardamenti sulla popolazione civile.
In questo senso ciò che diceva Josep Mayr Nusser in un discorso pubblico del 1936 rivela tutta la sconcertante attualità:
«mentre le fiamme accerchiano la casa, molti cattolici, spesso buoni e ferventi, impegnano tutto il loro zelo alla cura delle rose in giardino».
Fonti importanti rese accessibili dal lavoro di Francesco Comina, biografo e grande conoscitore di Mayr Nusser, molto attento a descrivere la consapevolezza di questo giovane tirolese, attento lettore di Romano Guardini e Tommaso Moro, che, sempre nel 1936, non aveva laicamente timore di indicare pubblicamente l’inadeguatezza di «queste guide addormentate della Chiesa (ne esistono troppe anche qui) chiuse nell’angusto orizzonte delle loro preoccupazioni quotidiane e associazionistiche, non vedono le enormi decisioni che si stanno preparando nel mondo».