Disco rosso, anzi nero
La verità, com’era facilmente prevedibile, è che non vende più nessuno. Né i mammasantissima delle multinazionali, ne i talentuosi emergenti delle etichette indipendenti. Chi ancora ci prova – a far dischi e a venderli – deve inventarsi ogni sorta d’escamotage. Prendete Dalla, che pure non è certamente un piccolo calibro: per il suo nuovissimo Il contrario di me ha ribassato il prezzo di circa 3 euro e ha deciso di farlo arrivare al pubblico come allegato di un settimanale. Col tempo sapremo se ne è valsa la pena, ma fin d’ora possiamo ben dire che le 40 mila edicole d’Italia sono e resteranno una vetrina aperta solo ai big. Ammesso che in futuro ne restino ancora. Qualche dato. Nell’ultimo semestre il mercato statunitense che da sempre traina quello mondiale s’è ristretto di un altro 20 per cento. In Italia il fatturato ha perso un ennesimo 12 per cento, ed il sempre implorato Sanremo non ha raggiunto che un misero 2 per cento del mercato. Intanto le vendite sul web, che tanto sembravano promettere, ancora non decollano. Del resto una recente indagine Nielsen ha rilevato che ben l’85 per cento degli intervistati ha dichiarato di scaricare sì musica da internet, ma illegalmente. I soli album che continuano a funzionare sul serio sono i classici di venti o trent’anni fa, venduti, guarda caso, alla metà del prezzo dei nuovi: ovvio, visto che la stessa indagine rivela che quel 10 per cento di italiani che acquista più di cinque dischi l’anno, è quasi tutto di over 40. Definirlo un mercato di nicchia è ormai un eufemismo. Contromosse? Poche e quasi tutte da verificare. Come la favoleggiata piattaforma QTrax che da ottobre metterà a disposizione sulla Rete 30 milioni di brani a prezzi modici; o vistose virate verso il mercato dei cellulari (tipo l’operazione Ringles), dei video-games, degli spot pubblicitari. Gli esperti dicono che forse l’industria discografica rivedrà la luce fra un lustro, con metodologie di vendita e strategie completamente rinnovate, e personale ridotto all’osso. Molto dipenderà anche dalle prossime mosse dei colossi internettiani, quelli che promettono di saltare dal produttore al consumatore senza passaggi intermedi: siti come My- Space e YouTube sono ormai un must per tutti i professionisti, ma ci vorrà ancora un bel po’ per scoprire se la promessa è davvero diventata una realtà, e per quanti. Nell’attesa fioccano i licenziamenti: dagli uffici stampa ai grossisti, dai dettaglianti alle agenzie concertistiche è tutto un florilegio di imprecazioni, di eorum culpa, e di invocazioni d’aiuto: ovviamente al governo, ché di chiari di luna notoriamente se ne intende… Maroon Five It wont be soon before long (A.&M.) Dopo il boom a sorpresa del precedente album d’esordio, il quintetto statunitense ci riprova con una manciata di nuove canzoni: non altrettanto ispirate, ma sufficientemente piacenti (e piacione) per ambire ai vertici delle classifiche. AA.VV. Milestones – un incontro in Jazz (Emi-Blue Note) Bell’idea quella di rileggere in chiave jazz il repertorio di Gino Paoli. A far da contrappunto al mitico, la crema del jazz italico: Enrico Rava, Flavio Boltro, Danilo Rea, Rosario Bonaccorso, Roberto Gatto e Renato Sellani. Una chicca per palati fini. Joan Armatradding Into the blues (Hypertension) Un titolo ch’è già tutto un programma per una caposcuola del cantautorato femminile. Qui ritrova la grinta e gli aromi dei suoi esordi, ed è in splendida forma.