Dischi, la riscossa del vinile
La prima svolta epocale la diede niente meno che il grande Thomas Alva Edison. Era il 1877 quando inventò il grammofono, e da allora il mercato della musica non è più stato lo stesso. E nemmeno noi… Da allora è stato un susseguirsi pressoché continuo di mirabolanti invenzioni: dopo la Seconda guerra mondiale l’esplosione del rock’n’roll mandò in pensione i 78 giri a favore dei 45 e poi dei 33 giri, i mitici padelloni come venivano affettuosamente chiamati; nei Sessanta arrivarono i primi registratori a cassette, poi fu il turno dei cd e dei dvd, e a seguire, il boom digitale spianò la strada agli mp3, ovvero alla definitiva virtualizzazione del supporto discografico.
Ma ben poco c’è di definitivo su codesto pianeta, soprattutto in un regno dell’effimero com’è quello della musica di consumo. Eppure, quel che sta segnando le ultimissime stagioni ha un che di incredibile: proprio oggi, in un mercato annichilito dalla crisi, sbertucciato da mille piraterie, segnato da emorragie di bilanci che stan facendo piazza pulita degli ultimi negozietti come delle grandi catene di distribuzione, ebbene proprio oggi, sta tornando in auge il paleolitico disco in vinile. Basti pensare che solo nell’ultimo anno le vendite sono aumentate di più del 200 per cento, e molte nuove band (gli U2, tanto per dirne una) hanno ripreso a pretendere che i loro nuovi lavori siano stampati anche in vinile. Perché?
I motivi sono più d’uno. Innanzi tutto il fatto che il vecchio vinile è supporto assai più caldo degli attuali cd e dunque conserva quel sapore di manufatto in grado di avvicinarlo a un prodotto d’arte più che di mercato. In secondo luogo c’è ovviamente la componente nostalgica, decisiva per una generazione cresciuta coi vecchi padelloni (ed è, guarda caso, proprio a questa generazione che appartengono gli ultimi assidui compratori di dischi…). Infine, anche se potrà sembrare strano, è una questione di qualità: perché anche se assai più delicati e deteriorabili della plasticaccia dei cd e del nulla degli mp3, i vecchi dischi in vinile offrono una gamma di suoni assai più ampia, profonda, variegata, e soprattutto infinitamente più verace. In altre parole il vecchio vinile sembrerebbe dare non solo una tangibilità più verosimile alla più immateriale delle arti, ma anche conservarne e sprigionarne l’anima: giusto quella che il mercimonio del muzak sacrifica ogni giorno sugli altari delle playlist.