Diritto d’asilo sotto attacco, report Migrantes
L’atrio dell’antica e prestigiosa università Gregoriana di Roma è uno spazio cosmopolita, pieno di studenti che provengono da ogni parte del mondo, rappresentazione eloquente dell’universalità espressa dallo stesso nome della chiesa “cattolica”. Occorrerebbe partire da questa prospettiva di una sperimentata fraternità planetaria per elaborare regole comuni ed efficaci a gestire il fenomeno delle migrazioni e invece ad ogni presentazione di un rapporto della Fondazione Migrantes occorre fare i conti con le contraddizioni delle normative in materia sia italiane che europee, dettate da un clima culturale permeato da una narrazione opposta a quella che si sforza di portare avanti ogni giorno papa Francesco.
«Dimmi una cosa sola che dice il papa che sia in contrasto con il Vangelo» è la sfida che il cardinale di Siena Paolo Lojudice pone a diversi suoi interlocutori interni allo stesso ambito ecclesiale, come ha detto in maniera colloquiale al termine della presentazione, mercoledì 11 novembre, dell’ottavo Report su “Il diritto d’asilo” promosso dalla Fondazione che non è un centro studi seppure autorevole, ma espressione diretta della Conferenza episcopale. E quindi merita una lettura attenta per la sua valenza di contributo al dibattito pubblico, in un campo strettamente laico, dove il riferimento costitutivo è quello della Costituzione e la dichiarazione universale dei diritti umani.
Sono due donne laiche le curatrici del rapporto: l’antropologa Cristina Molfetta, con una notevole esperienza in campo internazionale, e Chiara Marchetti, sociologa del Ciac (Centro immigrazione, asilo e cooperazione internazionale) di Parma, una delle realtà d’avanguardia in materia. Ma proprio per capire il senso di questo lavoro interdisciplinare bisogna prestare attenzione al contributo della storica Anna Carfora sulla teologia del Mediterraneo che prosegue l’approfondimento contenuto nel report 2023 del gesuita maltese Renè Micallef. L’approccio della Carfora, che ha curato con altri l’opera omnia di don Lorenzo Milani, non è quello prevedibile dell’enunciazione di valori e principi astratti, staccati dalla vita reale e perciò usati a piacimento dei poteri di turno, ma è quello di una teologia che ha come compito quello di lasciarsi interpellare dalla realtà, allo stesso modo dei profeti che «comunicano agli israeliti il punto di vista di Dio mai in generale ma sempre nel concreto delle situazioni storiche» interpellando i capi di Israele (cioè oggi i decisori politici) «sulle scelte politiche, etiche, religiose che stanno compiendo».
In questo senso la teologia del Mediterraneo si può proporre come «critica della realtà in grado di smascherare i disegni dei poteri contribuendo a “rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili” contribuendo a «mettere a disposizione di coloro che non hanno mezzi culturali per demistificare la realtà, gli strumenti per farlo».
Il contributo della Carfora quindi, appoggiandosi sulle analisi del mensile dei padri comboniani prende direttamente di mira il cosiddetto Piano Mattei contestandone il richiamo retorico tanto potente quanto ingannatore di ciò che appare, citando Simone Ogno di Nigrizia, «un ennesimo sforzo coloniale nel continente africano non dissimile da quelli in capo a Francia, Germania, Russia, Cina e Stati Uniti»
In questo esercizio di “teologia della fionda” è tutto il sistema di esternalizzazione delle frontiere, si pensi al Memorandum italo libico del 2011 e a quelli successivi con altri Paesi, ad essere criticato radicalmente come un enorme complesso dell’industria della migrazione fondato su una narrazione mistificatoria. Un’analisi che va letta attentamente per capire le prese di posizione, di scuola meridionale e quindi mediterranea, che vanno dall’ex vescovo di Caserta Raffaele Nogaro a quello di Palermo Corrado Lorefice fino al neocardinale di Napoli, don Mimmo Battaglia.
L’intero Report, quindi, ricchissimo di dati resi accessibili grazie ad un’efficace sintesi resa disponibile dall’ottimo ufficio stampa di Migrantes, è una documentata critica alla tendenza in atto di una progressiva negazione del diritto d’asilo confermata dalla decisione di molti Paesi europei, tra cui l’Italia, di sospendere Lo dimostra tra l’altro la sospensione dell’esame delle procedure d’asilo dei siriani all’indomani dello strano ribaltamento del regime di Assad che apre ad ogni ipotesi sul futuro di quel Paese martoriato dal gioco incrociato delle potenze internazionali.
Nel volume di 420 pagine( edito da Tau) sono riportati dati statistici e accurate infografiche dei richiedenti asilo su scala mondiale, europea e italiana, assieme a puntali analisi sulle normative in vigore. Fondamentale per il consueto rigore di Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di Solidarietà (ICS) l’esame delle riforme normative collegate al Patto migrazioni e asilo approvato dal Parlamento europeo nell’aprile 2024 considerato un grave arretramento nel riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone straniere. Dopo le ultime riforme normative, il volto del sistema viene descritto come “frammentato, grossolano, iniquo” dal contributo di Caterina Bove, avvocata del foro di Trieste e socia dell’Asgi, il volto del sistema d’accoglienza dopo le ultime riforme normative.
Non può mancare nel Report, un’attenta disamina, ad opera del giurista Livio Neri, di tutte le anomalie del famoso protocollo in materia migratoria tra Italia e Albania.
Il sistema d’accoglienza risulta ostacolato e indebolito anche con riferimento ai minori non accompagnati che rischiano di cadere nelle trame criminali, come esposto nello studio di Elena Rozzi, di Intersos, nonostante la presenza importante dei tutori volontari, a dimostrazione della presenza di un tessuto sociale italiano capace di esprimere una grande umanità ( si veda il sito della rete tutorinrete.org)
Una storia tutta da approfondire è quella delle “suore di frontiera”, religiose di diverse ordini che sono la punta più avanzata della chiesa presente nei luoghi di frattura e contraddizione nel nostro Paese, come dimostra nel suo studio l’antropologa Barbara Pinelli, co-fondatrice di Escapes, laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate. Esistono , quindi, storie lontane da ogni riduzionismo agiografico o consolatorio che possono costituire la trama di serie tv a non finire se solo si riuscisse ad intercettare una frazione dei contributi pubblici al cinema.
Perché di fatto, nonostante l’enorme lavoro della Fondazione Migrantes e di altre realtà, a prevalere è la narrazione emergenziale e inquietante che legittima tutte quelle distorsioni che configurano, come afferma il direttore di Migrantes, don Pier Paolo Felicolo, dei veri e propri «crimini di “lesa umanità”» che si producono quando non si conoscono le storie e i volti delle persone.
Il Report è ricco di tanti contributi da approfondire tra cui anche, a cura di Chiara Marchetti, le esperienze concrete che vedono la partecipazione e il protagonismo degli stessi rifugiati nell’accoglienza. Esemplare poi il progetto “Rifugio diffuso- Accoglienza in famiglia”, attivo da 15 anni a Torino come da scheda curata da Davide Donatiello dell’Università di Torino.
Ma d’altra parte, come fanno notare Molfetta e Marchetti, curatrici del Report, un caso eclatante ed esemplare da imitare nel campo dell’accoglienza dei rifugiati è quello delle persone costrette ad espatriare dall’Ucraina dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022. L’arrivo in Italia di 170 mila ucraini non ha messo affatto in crisi il sistema di asilo e accoglienza, a conferma, purtroppo, di una dissociazione esistente nel nostro Paese e in Europa, «solidali con gli ucraini e discriminanti verso tutti gli altri, in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali».
Sarà sempre più necessario condividere politiche intelligenti ed efficaci, perché incentrate sul rispetto della dignità umana, davanti ad uno scenario mondiale dove 130 milioni di persone nel 2024, secondo le stime più credibili, sono colpite da “sradicamento forzato globale” (rifugiati, richiedenti asilo, sfollati interni). Gran parte restano all’interno dei propri Paesi o negli stati confinanti. Solo una minima parte decide di avventurarsi in lunghi viaggi per trovare rifugio. Ad esempio, ad inizio di quest’anno erano presenti in Italia «414 mila cittadini non comunitari con permesso di soggiorno per motivi di protezione e asilo», cioè «lo 0,7% di tutta la popolazione». Numeri che rendono evidente il costo preponderante in vite umane di quell’industria della migrazione sostenuta dalle narrazioni della paura.
Molto materiale, quindi, per dibattiti e approfondimenti da portare apertamente nel dibattito pubblico, a cominciare dalle comunità ecclesiali. «Siamo pochi e poco coordinati», ha riconosciuto il vescovo Lojudice, per anni parroco nel quartiere romano di Tor Bella Monaca, ma in grado di portare un contributo notevole nella società in termini di analisi e proposte che nascono da una radicata presenza nella realtà.