Il diritto capovolto dalla scienza
Le continue, quanto repentine, scoperte scientifiche e la corsa inarrestabile delle innovazioni tecnologiche, rendono sempre di più incerto (quanto lento e vetusto) il diritto ed i sistemi processuali ad esso correlati, anche a fronte della confusione culturale globale spesso scaturita dai plurimi modelli etici, religiosi e ideologici (e non solo in materia di obbligatorietà o meno dei vaccini).
Oggi, quale è il valore giuridico della scienza e della tecnologia? E se questo valore giuridico davvero esiste, quanto e come (e soprattutto perché) è soggetto a continue trasformazioni e mutamenti politico-sociali ?
Per provare a dare una possibile risposta, credo che sia opportuno riflettere, anzitutto, su quale sia il reale rapporto tra il diritto e la tecnica, tra la politica e la scienza, per cercare di comprendere quanto gli aspetti tecnologici e scientifici della vita dell’uomo influiscono (e condizionano) le decisioni politiche (e normative) di una società civile: basti pensare (ad esempio nell’ambito del processo penale ma anche in quello civile) a come la verità scientifica, sempre di più, venga chiamata a coprire i vuoti incolmabili della verità giuridico-processuale.
Ma quanto ho appena scritto avviene, in maniera sempre più preponderante, anche nell’ambito delle istituzioni e della politica: la verità scientifica, nell’era Covid-19, ha fatto da stampella e, talvolta, da protesi insostituibile, alla verità politico-istituzionale e le decisioni scientifiche, in più occasioni, si sono sostituite integralmente alle decisioni politiche della collettività.
Verrebbe da dire che diverse sentenze dei tribunali, anziché esordire con la classica espressione “in nome del popolo italiano”, dovrebbero iniziare con la frase “ in nome delle scoperte scientifiche più recenti ed accreditate”, visto e considerato che i relativi giudici hanno emesso quelle decisioni sulla base (soprattutto) di dette conoscenze scientifiche.
Ma che ne è di quei percorsi e procedimenti decisionali (ed argomentativi) che dovrebbero portare ad una verità, sia in ambito scientifico che quello giuridico (e politico)? Ci si chiede se, proprio la scienza così come le nuove tecnologie, in realtà non abbiano modificato gli stessi strumenti attraverso i quali la politica ed il diritto si esprimono (o dovrebbero esprimersi) nella e per la società.
Si comprende allora quanto siano di fondamentale importanza i diversi ambiti normativi (nel senso più generale, pensando alle leggi di una società) e quelli tecnico-regolamentari (nel senso più specifico, pensando alle norme tecniche, ai regolamenti di una determinata realtà scientifica o tecnologica) ed i relativi processi (o percorsi) decisionali-argomentativi che stanno alla base di queste norme e di questi regolamenti.
Una società democratica e liberale non può (e non deve) rinunciare a trovare un equilibrio tra diritto e tecnica, tra scienza e politica, cercando di bilanciare (e di vigilare) i diversi percorsi decisionali che portano all’incontro di queste diverse realtà umane; viceversa, si corre il rischio (non così improbabile, come le vicende della vita e della natura umana ci stanno dimostrando) di alimentare l’ingovernabilità (e quindi la completa anarchia) dell’evoluzione tecnologica, nonché l’incertezza e la continua mutabilità della scienza.
La scienza salverà l’umanità? Le innovazioni tecnologiche (pensiamo all’intelligenza artificiale), potranno potenziare sempre di più le facoltà (ed i poteri) dell’uomo? Scienza e tecnica potranno incidere positivamente sulla salute della natura e dell’ambiente in cui viviamo? Forse sì, ma senza un diritto e, più in generale, in assenza di una politica sociale volta a tutelare la dignità umana e l’integrità dell’ambiente, vigilando sui percorsi decisionali ed argomentativi che stanno alla base delle valutazioni e delle regolamentazioni a contenuto tecnico-scientifico, faccio fatica ad intravedere questa salvezza dell’umanità e del creato.
Ricordava Francesco Carnelutti ( 1879-1965, noto avvocato, giurista e accademico) che non solo l’arte ma anche il diritto, sono discipline umane che hanno in comune la continua ricerca dell’armonia del mondo, soprattutto quando attraverso lo strumento del diritto, l’uomo cerca di far fronte al caos, ai disordini, ai contrasti, alle discussioni, ai litigi, ristabilendo l’ordine e l’armonia (e la bellezza) della realtà.
Credo fermamente che l’uomo non debba mai perdere di vista questi percorsi di continua ricerca dell’armonia del mondo e delle relazioni umane, anche (se non soprattutto!) negli ambiti della ricerca scientifica e delle innovazioni tecnologiche; ciò vale tanto per quelli che dovrebbero essere i perimetri ed i contenuti dei percorsi argomentativo-decisionali che portano a validare una scoperta scientifica o a certificare una innovazione tecnologica, quanto per le regole che disciplinano l’expertise dei soggetti che si trovano in detti procedimenti, ciò al fine di garantire sia la trasparenza (oltre che il merito) nella scelta degli esperti e delle relative competenze scientifico-tecnologiche.
E’ sufficiente vincolare la discrezionalità del legislatore (oppure quella di un giudice) in forza della cd ragionevolezza scientifico-tecnologica? Ed in caso di mancata copertura scientifica (o tecnologica), come si devono comportare il diritto, le istituzioni e, in particolare, il decisore politico? Al contrario, innanzi ad incontestate evidenze scientifiche, la collettività è legittimata a reagire di fronte alla palese irragionevolezza di determinate norme?
Come ben osserva Natalino Irti (N. Irti, E. Severino, Dialogo su diritto e tecnica, Roma-Bari, 2001), la scienza “si configura come una potenza indefinita e astratta, incapace di indicare uno scopo o un bisogno (…), essa non è in grado di rispondere alle domande del diritto: al triplice interrogativo del legislatore, del cittadino e del giudice. Che cosa prescrivere? Come comportarsi? In base a quel criterio decidere, cioè separare la ragione e il torto?”.
Una delle sfide più attuali ed urgenti, è rappresentata dalla necessità di un costante ed approfondito dialogo tra la dimensione politico-sociale ed economica, l’area giuridico-normativa e le conoscenze della scienza e della tecnologia, un confronto regolamentato da procedure ben definite e nelle quali devono essere coinvolti autorevoli (e senza conflitto di interessi) esperti delle diverse aree disciplinari in questione (anche per quel che riguarda la composizione dei cd comitati tecnico-scientifici…).
In tal modo, la collettività civile e democratica, guidata da una politica consapevole e lungimirante, potrà evitare il rischio di un capovolgimento del diritto e delle norme (e quindi della giustizia sociale) provocato dall’incertezza della scienza e dall’ingovernabilità delle innovazioni tecnologiche; basti pensare allo strapotere dell’intelligenza artificiale e alle diverse realtà universali nelle quali l’AI sta stravolgendo le regole minime del buon senso e dell’ordine della convivenza sociale pregiudicando, in certi casi, la stessa dignità dell’uomo.