Diritto alla speranza, anche in carcere

Incontro del papa Francesco con una rappresentanza dei cappellani delle carceri italiane e delle associazioni di volontariato, assieme a polizia e personale dell’amministrazione penitenziaria. Francesco invita a diventare “costruttori di futuro” e di “ponti” tra il mondo dei reclusi e la società civile
DI MEO/ANSA/PAT

«Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere» (Eb 13,3). Speranza e compassione nelle parole di papa Francesco che, pochi giorni dopo l’annuncio del prossimo viaggio in Thailandia e in Giappone, è tornato a parlare delle carceri.

Ancora una volta, risuona il suo invito a mettere al centro la sacralità della persona e a individuare percorsi di recupero sociale e umano per i detenuti; a creare un ambiente in cui possa crescere la speranza in un domani diverso, riconciliato, cercando di risolvere anche il problema del sovraffollamento che alimenta la stanchezza e la sfiducia.

Diritto alla speranza, diritto di ricominciare: «l’ergastolo – dice il papa – non è la soluzione dei problemi – lo ripeto: l’ergastolo non è la soluzione dei problemi -, ma un problema da risolvere. Perché se si chiude in cella la speranza, non c’è futuro per la società. Mai privare del diritto di ricominciare!».

Un discorso che si articola attraverso tre parole: “grazie”, “avanti” e “coraggio”. Il suo “grazie” è indirizzato alla polizia penitenziaria e al personale amministrativo riuniti in piazza S. Pietro per un’udienza speciale. «Grazie per tutte le volte che vivete il vostro servizio non solo come una vigilanza necessaria, ma come un sostegno a chi è debole», dice il papa invitandoli a essere non solo custodi della sicurezza, ma presenza accanto a chi ha sbagliato aiutandolo a rialzarsi diventando, in tal modo, “tessitori di giustizia e di speranza”.

Quindi, l’appello ad essere “custodi” dell’altro, senza mai dimenticare tutto il bene che si può fare quotidianamente in modo silenzioso e nascosto, ma prezioso per l’individuo e per la società. «Siete persone che, poste di fronte a un’umanità ferita e spesso devastata, ne riconoscono, a nome dello Stato e della società, l’insopprimibile dignità», aggiunge. «Siete così chiamati a essere ponti tra il carcere e la società civile: col vostro servizio, esercitando una retta compassione, potete scavalcare le paure reciproche e il dramma dell’indifferenza». Papa Francesco li incoraggia anche ad essere sostegno l’uno per l’altro, per riuscire ad affrontare gravi problemi come quello del sovraffollamento delle carceri: «Quando le forze diminuiscono la sfiducia aumenta. È essenziale garantire condizioni di vita decorose, altrimenti le carceri diventano polveriere di rabbia, anziché luoghi di ricupero».

La seconda parola è rivolta ai cappellani, alle religiose, ai religiosi e ai volontari: “avanti”. Avanti, per portare la Parola del Vangelo dove più ce ne è bisogno; avanti con un cuore che ascolta; avanti «quando vi caricate dei pesi altrui e li portate nella preghiera» o «quando, a contatto con le povertà che incontrate, vedete le vostre stesse povertà». Avanti, perché la missione è offrire consolazione, non lasciare solo nessuno. La consegna è quella di essere seminatori pazienti della Parola, cercatori instancabili di ciò che è perduto, annunciatori della certezza che ognuno è prezioso agli occhi di Dio.

La terza parola è invece indirizzata ai detenuti: “coraggio”. Una parola che deriva da “cuore”. Coraggio perché «Dio è più grande del nostro cuore» (1Gv 3,20). Da Lui, infatti, viene la speranza nel perdono che da’ la forza per andare avanti: «Non lasciatevi mai imprigionare nella cella buia di un cuore senza speranza, non cedete alla rassegnazione. Dio è più grande di ogni problema e vi attende per amarvi».

C’è un futuro di speranza, sempre, afferma il papa, ed è compito di tutti tenere accesa questa  fiammella: «Sta ad ogni società alimentarla, fare in modo che la pena non comprometta il diritto alla speranza, che siano garantite prospettive di riconciliazione e di reinserimento. Mentre si rimedia agli sbagli del passato, non si può cancellare la speranza nel futuro».

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