Diritti umani, libertà religiosa e dialogo fra credenti
La Turchia per la sua storia, per la posizione geografica, per il ruolo nella regione, ha una grande responsabilità, e quindi «le sue scelte e il suo esempio possiedono una speciale valenza e possono essere di notevole aiuto nel favorire un incontro di civiltà e nell’individuare vie praticabili di pace e di autentico progresso». Così papa Francesco ha voluto concludere il suo primo discorso ufficiale in terra turca: un commento che ha apprezzato il ruolo storico del Paese, ma che evidentemente desidera spronare il popolo turco a realizzare il suo vero compito di ponte e di dialogo fra i due continenti e fra persone e popoli di etnie, culture e religioni diverse. La prima giornata di papa Francesco in Turchia è stata caratterizzata da due appuntamenti istituzionali importanti: l’incontro con il presidente Erdogan nel favoloso palazzo presidenziale di recentissima costruzione che ha inaugurato la nuova era presidenziale e in molti ha confermato l’ambizione di Erdogan a essere il ‘sultano turco’ del XXI secolo, ed il discorso alla Diyanet, il Dipartimento per gli affari religiosi.
Davanti al neo-presidente, Francesco è entrato subito in merito ai punti che molti si attendevano e lo ha fatto con chiarezza senza lasciar ombra a dubbi o malintesi. Bergoglio già nel corso del suo incontro coi giornalisti in volo verso Ankara aveva riconosciuto l’impegno del Paese ad accogliere le decine di migliaia di profughi che si sono riversati dalle zone di conflitto, che toccano i suoi confini. All’apprezzamento per Ankara ha aggiunto un invito a tutta la comunità internazionale per un contributo ad “aiutarla nel prendersi cura” di queste persone. È un obbligo morale, ha precisato Francesco. Tuttavia, davanti al presidente ha subito proseguito, sottolineando la necessità dell’impegno alla pace “fondata sul rispetto dei fondamentali diritti e doveri legati alla dignità dell’uomo”. E’ necessario superare “pregiudizi e i falsi timori” per lasciare spazio “alla stima, all’incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di tutti”, ha affermato papa Bergoglio che ha, poi, affrontato con chiarezza il nodo cruciale dei diritti dei diversi gruppi religiosi. «E’ fondamentale – ha detto – che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione –, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l’intesa. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace».
Il papa ha indicato con chiarezza anche la necessità del dialogo interreligioso e interculturale «così da bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo, che umilia gravemente la dignità di tutti gli uomini e strumentalizza la religione». «Occorre – ha insistito – contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale».
Altrettanto importante l’intervento presso il Diyanet, un organo tipico dello stato turco che per decenni ha monitorato tutta la vita del Paese in nome di un laicismo voluto dal kemalismo e, spesso in passato, assicurato dall’esercito. Anche in questa sede, dove ha potuto rivolgersi a leaders politici e religiosi, sia musulmani che cristiani, è tornato il tema del dialogo interreligioso, che costituisce ormai uno degli elementi tradizionali dei viaggi di papa Francesco.
«Le buone relazioni e il dialogo tra leader religiosi rivestono infatti una grande importanza. Essi rappresentano un chiaro messaggio indirizzato alle rispettive comunità, per esprimere che il mutuo rispetto e l’amicizia sono possibili, nonostante le differenze. Tale amicizia, oltre ad essere un valore in sé, acquista speciale significato e ulteriore importanza in un tempi di crisi come il nostro, crisi che in alcune aree del mondo diventano veri drammi per intere popolazioni». Dopo aver ricordato cosa è accaduto nei mesi scorsi e continua ad accadere nei confronti di cristiani e yazidi, il papa ha insistito che «in qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani”. E’ la vita umana, infatti, vero dono di Dio, ad essere messa in pericolo».
Ed ancora una volta, il dialogo è emerso come protagonista dell’indirizzo di Francesco. «Noi, Musulmani e Cristiani, siamo depositari di inestimabili tesori spirituali, tra i quali riconosciamo elementi di comunanza, pur vissuti secondo le proprie tradizioni: l’adorazione di Dio misericordioso, il riferimento al patriarca Abramo, la preghiera, l’elemosina, il digiuno… elementi che, vissuti in maniera sincera, possono trasformare la vita e dare una base sicura alla dignità e alla fratellanza degli uomini. Riconoscere e sviluppare questa comunanza spirituale – attraverso il dialogo interreligioso – ci aiuta anche a promuovere e difendere nella società i valori morali, la pace e la libertà».
Oggi il papa passerà a Istanbul dove lo attende l’aspetto religioso ed ecclesiale della visita, sia per l’incontro con il Patriarca Bartolomeo che per quello con la piccola comunità cattolica e, infine, con alcuni dei profughi rifugia tori in Turchia da zone di guerra circostanti.
La giornata istituzionale di Francesco in un Paese ormai importante per gli equilibri non solo della regione, ma del mondo e, in particolare, all’interno della sfera islamica, ha confermato la lettura geopolitica che questo papa sta offrendo al mondo. Sempre più Francesco cerca di dare un contributo all’incontro di civiltà sullo sfondo di quelli che Giovanni XXIII chiamava profeti di sventura e che oggi vedrebbero, anche negli ultimi tragici sviluppi, il mondo destinato ad uno scontro frontale fra civiltà e religioni. Bergoglio dimostra un grande ottimismo fondato sulla fede e sulla coscienza che la storia è guidata da una mano che trascende gli uomini, pur rispettandone la libertà di scelta. All’ottimismo il papa coniuga anche pragmatismo e chiarezza di metodo per garantire che quanto avviene non sia mai a scapito dell’uomo e dei popoli. Il dialogo, nella prospettiva del papa argentino, resta la cifra-chiave per la soluzione dei problemi politici, delle tensioni fra nazioni e blocchi. Un dialogo che oggi deve essere interculturale ed interreligioso perché se di blocchi si può parlare non si tratta tanto di fisionomie politiche, ma piuttosto culturali e religiose. Dialogo, tuttavia, mai a scapito di chiarezza. Papa Francesco non perde occasione per insistere sulla necessità di garantire la libertà di coscienza, di professione della propria fede, o anche non fede religiosa, oltre che il rispetto per tutti i diritti dell’uomo e della donna a qualsiasi latitudine vivano.