Il Dio nascosto nel cinema
Il cinema è una finestra sul mondo contemporaneo dove Dio si è nascosto? È la domanda della profonda indagine di Mario Dal Bello nel libro Il Dio nascosto nel cinema. Percorsi dal Novecento ad oggi per i tipi Dei Merangoli che ripercorre a volo d’uccello l’illustre storia del cinema, dagli esordi ai giorni nostri descrivendo con essenzialità e saggezza il cuore di ogni storia, di ogni ricerca di autori e registi di un Dio smarrito nelle vicende della quotidianità. «Com’è solo l’uomo. Tu sei dovunque ma dovunque non ti trova». Le dense parole del poeta Mario Luzi ben riflettono lo stato d’animo di una gran parte dell’umanità, soprattutto Occidentale, nei riguardi di un Dio disperso, «missing in action», scomparso, assente nelle azioni della loro vita e da ogni orizzonte di senso. E se Dio fosse «presente come assente»? E se fosse il silenzio il suo modo di comunicare? Unico modo di «per avere la possibilità di un ascolto vero, umano» ‒ commenta il regista Eugenio Cappuccio nell’appendice del libro.
Barlumi di Dio
Eppure è possibile trovare barlumi di Dio anche nel cinema contemporaneo in dettagli, all’apparenza insignificanti, (come un fiore di campo in primo piano nella cruenta battaglia di Guadalcanal), ne La sottile linea rossa (1998) di Terence Malik, che in realtà esprimono ogni minima alterazione dell’animo umano nella lotta tra bellezza e violenza. O nel duro e commovente Tre manifesti a Ebbing (2018) diretto da Martin McDonagh «dove le domande sul perché della sofferenza innocente si intrecciano dunque a quelle sull’amore, visto come porta per affrontarla». Si trova la logica di Dio nella scena finale di Gran Torino (2009) di Clint Eastwood interprete dell’operaio in pensione Walt, vedovo, malato, che non esita a “dare la vita” per salvare un giovane amico e il quartiere da una banda criminale. Le sue braccia aperte sembrano accogliere e sublimare ogni divisione provocata da ogni chiusura provocata dall’odio e dalla separazione di relazioni violente perpetuate da cuori anestetizzati dalla logica del possesso.
Si incrocia lo sguardo di Dio in Into the Wild – Nelle terre selvagge (2007) di Sean Penn nel bellissimo dialogo tra Sam, ex alcolista, a cui hanno ucciso moglie e figlio e Chris, il protagonista, alla ricerca del succo della vita. «Se uno perdona, ama, e se ama la luce di Dio è vicina» è la frase che sintetizza la visione di un Dio laico, nascosto nella sua creazione e nel cuore di ogni uomo. E schiudibile solo con l’apertura verso l’altro. Come un fiore che sboccia solo con la luce e il calore del sole.
Riscoperta rapporti interpersonali
Nella riscoperta dei rapporti interpersonali, autentici, non egoistici, chiusi, passa la questione più importante. Di che Dio stiamo parlando? E se la notte della fede epocale e collettiva esprimesse la necessità di un mutamento della percezione di Dio, della sua rappresentazione, della sua concezione? E se l’eclissi di Dio fosse solo l’annuncio di una prossima alba dove si possa pensare e vivere e capire Dio solo dalla sua essenza di esperienza relazionale interpersonale. Non è forse Dio nascosto nella relazione e se Dio ‒ è la conclusione dell’autore ‒ si fosse nascosto nei rapporti interpersonali?
La ricerca attraversa nei vari generi, dal drammatico alla commedia, il cinema delle origini e contemporaneo fino ai giorni nostri, ma per essere autentica trasborda dallo schermo, dal limite dello sguardo su una parete digitale e scorre, entra nella vita, dove solo l’esperienza fattuale può dimostrare la presenza o l’assenza di Dio non frutto di astratte speculazioni solo intellettuali. Questo bel libro avvia un processo, dove non si trovano tutte le risposte né si scoprono tutti gli itinerari. Cerca brandelli di luce anche nel dolore, nella presenza‒assenza di Dio, nella libertà umana. E lo fa ripercorrendo il Dio biblico, il Dio ignoto, la notte di Dio, il Dio nuovo, il Dio debole e sconfitto, un Dio che si fa nulla perché l’altro sia e la storia diventi veramente umana.