Dio e i giovani nell’agnostica Lettonia
Da cosa si misura la forza di un popolo? Nell’omelia della messa celebrata a Tallinn a conclusione della sua visita nei Paesi baltici, papa Francesco ha voluto rispondere a questa domanda che costantemente la storia ripropone. Armarsi per mostrare i muscoli, ha spiegato, “non è cercare la volontà di Dio”, ma “nasconde in se un rifiuto dell’etica e, con essa, di Dio».
I giovani fuggono dalla Chiesa perché «li indignano gli scandali sessuali ed economici di fronte ai quali non vedono una condanna netta» e rifiutano la sua incapacità di «interpretare adeguatamente la vita e la sensibilità dei giovani per mancanza di preparazione» o ancora si allontanano «semplicemente per il ruolo passivo che assegniamo loro» ha detto ancora papa Francesco a Tallinn, nell’incontro ecumenico con i giovani, proponendo una disanima spietata basata sul questionario presinodale recentemente diffuso anche in Estonia, come in tutti i Paesi del mondo.
«Tante volte – ha spiegato ai ragazzi radunati alla Kaarli Lutheran Church – le comunità cristiane si chiudono senza accorgersi». Mentre i giovani, ha detto, rifiutano l’immagine della Chiesa come “giudice inflessibile” così come si allontanano, se possono, «da un genitore timoroso e iperprotettivo che genera dipendenza».
“Questo è vero, eh!”, ha commentato il papa che si trova invece a suo agio con ragazzi come quelli che lo hanno accolto con le loro storie: una giovane che ha ritrovato la fede dopo aver perso il papà alcolizzato che con i suoi comportamenti rendeva odiosa per lei l’idea della paternità e quindi quella di Dio, e un ragazzo che ha studiato teologia ma nei libri e trattati non ha trovato né Dio né nulla che fosse significativo per la sua vita.
«Nella consultazione prima del Sinodo, che celebreremo a breve e in cui rifletteremo sui giovani, molti di voi – ha risposto Francesco – chiedono che qualcuno vi accompagni e vi capisca senza giudicare e sappia ascoltarvi, come pure rispondere ai vostri interrogativi. Voglio dirvi che vogliamo piangere con voi se state piangendo, accompagnare con i nostri applausi e le nostre risate le vostre gioie. Aiutarvi ad aprire il cuore con fiducia al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze, guardando solo a ciò che realmente cerchiamo: la pace davanti al volto dell’unico Dio. E siccome la pace è artigianale, aver fiducia negli altri è pure qualcosa di artigianale, ed è fonte di felicità». Per Francesco, «quando una comunità cristiana è veramente cristiana non fa proselitismo, soltanto ascolta, riceve, accompagna e fa cammino, ma non impone mai nulla».
Francesco ha dunque invocato dai ragazzi dell’agnostica Estonia, un tempo cristianissima tanto da essere chiamata “la terra di Maria”, un aiuto per cambiare la Chiesa Cattolica. Può sembrare un paradosso, ma Francesco ne è convinto. Mentre infatti «le nostre Chiese cristiane e forse ogni processo religioso strutturato istituzionalmente, si portano dietro atteggiamenti nei quali è stato più facile per noi parlare, consigliare, proporre dalla nostra esperienza, piuttosto che ascoltare», questo per la Chiesa Cattolica è il momento di «lasciarsi interrogare e illuminare da ciò che voi vivete».
Difesa dell’ambiente e solidarietà sono infine i temi sociali che più stanno a cuore a Papa Francesco, per il quale «il benessere non è sempre sinonimo di vivere bene», come ha sottolineato nel suo primo discorso in Estonia, rispondendo al saluto della presidente Kersti Kaljulaid nel giardino del Palazzo Presidenziale di Tallin, dove il vento (che ha portato via lo zucchetto a Bergoglio) e un clima polare rendono del tutto originale, nella capitale più settentrionale che abbia mai visitato, il momento del benvenuto ufficiale nel terzo Paese Baltico toccato in questo viaggio, una nazione che condivide con la vicina Scandinavia un alto tasso di suicidi e con i Paesi ex sovietici una desertificazione spirituale: i cristiani delle diverse denominazioni non raggiungono il 10 per cento tutti insieme e la maggior parte dei cittadini è agnostica.
Può accadere infatti che con la pancia piena «la consapevolezza di appartenere e di lottare per gli altri, di essere radicati in un popolo, in una cultura, in una famiglia venga perduta a poco a poco privando, soprattutto i più giovani, di radici a partire dalle quali costruire il proprio presente e il proprio futuro, perché li si priva della capacità di sognare, di rischiare, di creare».