Dio dopo Jonas
Racconta che quello fu uno dei momenti più dolorosi della sua vita. Quando una giovane segretaria, che aiutava a rintracciare i parenti dispersi durante la Seconda guerra mondiale, gli disse: “È lei Hans Jonas? Ero con sua madre nel ghetto di Lodz, ma nel ’42 è stata trasportata ad Auschwitz”. Poi, la donna scoppiò in lacrime. Fu così che il filosofo ebreo tedesco apprese della morte di sua madre. Questo episodio Jonas l’ha confidato alla studiosa Salamandre nel corso di lunghe conversazioni avvenute pochi anni prima della morte, ed ora raccolte in un libro appena uscito per la stampa tedesca in occasione delle celebrazioni aperte a Berlino per il centenario della sua nascita. In quelle pagine egli ripercorre sul filo dei ricordi, con lo sguardo pacato e profetico del saggio, la sua lunga e intensa esistenza: gli anni della gioventù, l’incontro con il sionismo, gli studi di filosofia con professori del calibro di Heidegger, Bultmann e Husserl, l’amicizia con Hannah Arendt, la fuga in Palestina, l’incontro durante un ballo a una festa araba con Lore che diventerà poi sua moglie (e che ha ora ottantotto anni), la guerra nelle file dell’esercito inglese e della prestigiosa Brigata ebraica con la quale fu anche in Italia, l’America, il ritorno nella Germania devastata dalla guerra, l’impegno etico e culturale, gli ultimi anni trascorsi a New York. Per quelli del mestiere Hans Jonas rimarrà importante per i suoi poderosi studi su quel particolarissimo fenomeno religioso e culturale, così complesso e variegato, che è la gnosi. Materia nella quale egli divenne uno dei massimi esperti mondiali. Dopo il suo trasferimento negli Stati Uniti, egli venne in contatto con le problematiche legate alla filosofia della natura e della tecnica, così vivaci in quella terra. Fu così che iniziò a sviluppare una grande sensibilità per le enormi questioni poste dai problemi ecologici e dalle nuove tecniche mediche e biologiche, in particolare quelle dell’ingegneria genetica. Della quale, dimostrando il suo acume e il suo spirito di preveggenza, Jonas fu uno dei primi ad occuparsi dal punto di vista filosofico ed etico, dedicandovi appassionati studi e un’intensa attività di conferenziere. Nelle sue riflessioni domina il carattere “sacro” che egli attribuisce ad ogni forma di vita, unito all’imprescindibile senso di mistero che sempre l’accompagna. Attingendo in tutto questo al ricco retaggio della religione ebraica, verso la quale egli si rivolse con uno sguardo allo stesso tempo critico e rispettoso. Il grande valore che egli attribuisce all’innato sentimento di preoccupazione che nutriamo per la vita nostra e per quella degli altri, lo porterà poi ad elaborare il concetto di responsabilità, tema dominante del suo pensiero, che ha trovato nell’opera Il principio responsabilità la sua espressione sistematica. Responsabilità che Jonas concepisce come impegno morale e civile di ognuno nei confronti di tutti gli esseri. Ma anche delle cose e del pianeta. Per affrontare le sfide inquietanti di una civiltà tecnologica che, sebbene rigogliosa e affascinante, se slegata da una visione morale, può essere minacciata dall’autodistruzione. I timori che egli rivolge verso gli esperimenti di clonazione sono bene espressi in queste sue dure parole: “L’azzardo della vita viene così defraudato della sua attraente e anche angosciante apertura. Si permette al passato di precorrere il futuro tramite una sua conoscenza non autentica e lo si fa nella sfera più intima: nella sfera della domanda: chi sono? Questa domanda deve provenire dal segreto e può trovare risposta soltanto se la ricerca resta accompagnata dal segreto (“) Defraudare volutamente di questa libertà un essere umano che deve ancora nascere è, perciò, un crimine imperdonabile che non si deve commettere neppure un’unica volta”. Ma Jonas, oltre al suo impegno etico, rimarrà per sempre celebre per un libretto che scrisse nel 1987, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Nel quale egli affronta l’infame tragedia di Auschwitz non dalla prospettiva storica, sociologica o etica, ma da quella strettamente legata al discorso religioso. Alle domande scottanti che il credente ebreo, sconcertato da tale esplosione di orrore, deve rivolgere al suo Creatore. Come può Dio, il Dio dell’alleanza, aver permesso la tortura, l’umiliazione e la morte di milioni di ebrei? Come si può parlare della bontà di Dio dopo gli orrori di Auschwitz? Auschwitz, secondo Jonas, costringe a ripensare alla radice il concetto stesso di Dio. In una pagina scrive: “L’onnipotenza divina può coesistere con la bontà assoluta di Dio solo al prezzo di una totale non-comprensibilità di Dio, cioè dell’accezione di Dio come mistero assoluto. (“) Concedendo all’uomo la libertà, Dio ha rinunciato alla sua potenza”. Come tentativo di risposta a queste domande, per il filosofo ebreo, Dio, creando il mondo, ha scelto di limitare la propria onnipotenza per dar spazio alla libertà umana: ha dato all’uomo una regione in cui muoversi ed ha deciso di non irrompere in questo spazio. Il Dio di Jonas non è indifferente alle vicende umane, ma non le può causare o dirigere; ha rinunciato alla propria onnipotenza per fare di noi i veri responsabili degli avvenimenti della storia. Questo piccolo libro, al di là delle conclusioni a cui giunge, offre due interessanti prospettive. La prima è che ogni vicenda, anche la più tragica, può essere guardata alla luce della religione, del rapporto diretto, schietto e vitale con l’Eterno. Che il credente interpella con domande anche angoscianti e imbarazzanti, delle quali la risposta sembra sfuggire e perdersi nel vento; ma che non sono mai inutili. La seconda è che l’uomo deve sentirsi responsabile di ciò che compie, senza appigliarsi troppo spesso a un destino cieco e imperscrutabile che può servire a nascondere le sue responsabilità. Il pensiero di Jonas, che ha già offerto proficui spunti alla teologia contemporanea anche al di fuori del mondo ebraico, può aprire anche ulteriori spiragli. Nelle riflessioni del filosofo, nelle sue acute e penetranti osservazioni, l’onnipotenza divina è pur sempre vista nell’ottica di una concezione di Dio legata al suo potere. Ma se la vera essenza di Dio è l’amore, anche la sua onnipotenza dovrà per forza essere un’onnipotenza che si riversa nella sfera dell’amore. Un’onnipotenza che sta tutta compresa nell’amare, della quale probabilmente c’è ancora tanto da scoprire. Ma qualcosa lo si può già intravedere nel concetto di Dio che continua ad evolversi, anche dopo il notevole contributo di Jonas. HANS JONAS (1903-1993). Di origini ebraiche, studiò nelle università di Friburgo, Berlino, Heidelberg e Marburgo, seguendo le lezioni di Husserl, Heidegger e Bultmann e legandosi in amicizia con altri studenti ebrei come Hannah Arendt e Günter Anders. Fuggito dalla Germania nazista prima in Inghilterra e poi in Palestina, partecipò alla Seconda guerra mondiale nelle file dell’esercito inglese e nella celebre Brigata ebraica, per poi emigrare in Canada e quindi negli Usa, dove rimase sino alla morte.