«Dino Impagliazzo: uomo buono e giusto, con la passione per gli ultimi»
Sono migliaia le persone che hanno partecipato in qualche modo ai funerali di Dino Impagliazzo, membro del Movimento dei Focolari, commendatore della Repubblica, morto a 91 anni domenica scorsa e conosciuto come lo “chef dei poveri”. Oltre a chi martedì scorso ha potuto partecipare alla celebrazione nella bellissima basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, infatti, sono oltre duemila coloro che hanno seguito la diretta della messa o l’hanno rivista su YouTube.
A salutare Dino per l’ultima volta c’erano la moglie Fernanda e i figli Giovanni, Chiara, Paolo e Marco, e i nipoti. E c’erano tanti suoi amici: vescovi e cardinali, i suoi amati poveri, anziani e stranieri, gli amici dei Focolari, dell’associazione RomAmor, di Sant’Egidio e tanti altri.
«”Quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare o assetato e ti abbiamo dato da bere? Si chiedono i giusti nel Vangelo ed è una domanda risuonata nel cuore di Dino, a cui lui ha risposto con i fatti, con le sue mani e il suo cuore, trovando cibo, dando da mangiare ai poveri e tanta attenzione alla loro vita in tutti gli aspetti personali. Il Vangelo, se ascoltato, apre la nostra umanità al dolore degli altri», ha affermato nell’omelia monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo che svolge la sua attività pastorale nella Comunità di Sant’Egidio.
Accanto a lui, nella celebrazione presieduta dall’elemosiniere del papa, il cardinale Konrad Krajewski, c’era anche l’arcivescovo Vincenzo Paglia, gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II e presidente della Pontificia accademia per la vita.
Dino – ha sottolineato monsignor Spreafico, che lo conosceva da quarant’anni – ha «attraversato la soglia di questa vita proprio nel giorno del Signore, la domenica, Pasqua della settimana. In una domenica in cui si è letto il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e in cui si è celebrata la festa dei nonni e degli anziani. Il Vangelo ci fa pensare a Dino che tende le sue braccia mentre il Signore gli affida i pani e pesci da distribuire alle folle e lì avviene il miracolo».
Un miracolo che, già in vita, Dino e i suoi amici dell’associazione RomAmor, hanno più volte sperimentato vedendo arrivare, per i pasti per i poveri, pane, verdure, pasta, dolci, ma anche abiti e calzature…
Dino, ha affermato monsignor Spreafico, era un «uomo giusto, non perché si sentiva tale, anzi si schermiva quando qualcuno lo elogiava, ma perché ha vissuto da giusto. Aveva radici profonde nella fede, da questo è scaturito l’impegno nella carità, nella solidarietà verso tanti. La fede rende migliori, rende il mondo più umano, rende fratelli e sorelle anche nei tempi difficili. La preghiera, l’ascolto della parola di Dio, l’eucarestia che Dino riceveva ogni domenica anche nel tempo della malattia, e per un lungo periodo anche ogni giorno, cambiano la storia, le relazioni, la vita. Dino – ha sottolineato il vescovo – si è lasciato guidare nella sua vita dal Signore, con una fede operosa» che lo ha portato ad impegnarsi per i bisognosi a Roma e all’estero, con missioni nell’Europa Orientale, in Siria, in Mozambico.
Con la sua esistenza Dino, ha aggiunto Spreafico, «ci ricorda in maniera molto concreta che la fede si manifesta con l’amicizia. L’amore gratuito arricchisce la vita, crea legami che permangono nel tempo e diventano storia che passa attraverso le generazioni, come ci racconta la Bibbia quando parla della storia di Dio con il suo popolo, che vive di generazione in generazione». Dino stesso ha detto una volta in un’intervista che da soli non si può fare nulla: la strada è in chi ci sta accanto e se non ami il tuo prossimo, non ami neanche Dio: questa è l’essenza del cristianesimo.
«Dino – ha continuato Spreafico – ha vissuto questo e oggi crediamo senta la voce del Signore che gli dice: “Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me“. Gesù si identifica con i poveri, una vera via alla salvezza da quell’io prepotente che separa e rende estranei e a volte nemici. I poveri sono la via sicura per incontrare Gesù. Quel Gesù che Dino ha incontrato da giovane adulto nel Movimento dei Focolari, plasmato da Chiara Lubich a partire dalla seconda guerra mondiale, stando accanto agli sfollati e ai colpiti dalla guerra, a Trento, con le sue prime compagne».
Dino ha amato l’ideale dell’unità proposto alla Chiesa da Chiara e lo ha vissuto con l’originalità della sua passione per gli ultimi. «Ha sempre sostenuto – ha sottolineato Spreafico – e di questo sono testimone diretto, l’impegno dei figli nella Comunità di Sant’Egidio, accanto agli ultimi e nelle strade del mondo, soprattutto nel lavoro per la pace, e nella comunità Dino ha tantissimi amici. Dino ha seminato bene nella sua vita con dinamismo e passione. L’ultima sua opera, negli anni della vecchiaia, che spesso sono considerati inutili, è stata l’associazione RomAmor, che a Roma con tanti volontari si occupa delle persone in difficoltà, coloro che spesso sono considerati scartati. Penso che un lascito di Dino sia che quest’opera vada avanti».
Dino ha lottato nella malattia e non è mai stato da solo e questa è stata la sua forza. «Raccogliamo l’eredità di un uomo giusto e buono che ha saputo lasciare a noi una fede vissuta nell’amore per tutti in un mondo così diviso e pieno di egoismi, ma anche di desiderio di bene e di umanità, perché il suo ricordo susciti imitatori e compagni di viaggio e che il suo ricordo sia di benedizione».
Al figlio Marco, presidente della Comunità di Sant’Egidio, e alla sua famiglia sono arrivate anche le condoglianze del papa, che ha assicurato la sua vicinanza e la sua preghiera. «La morte di un genitore – ha scritto Francesco -, anche se rientra nel mistero di Dio, è sempre motivo di dolore. Rendiamo grazie al Signore per i benefici che ha concesso a Suo Padre nel corso della sua vita terrena. Egli le ha insegnato a camminare sulla via del Vangelo; il suo amore per i poveri (era definito ‘lo chef dei poveri’), la sua operosità quotidiana e la sua generosità costituiscono un’incoraggiante testimonianza ed un sicuro insegnamento di vita».
A Dino Impagliazzo hanno scritto anche i volontari dell’associazione che aveva fondato per aiutare i poveri della città, RomAmor. «Ciao Dino, ciao Presidente dei nostri cuori. Avremmo voluto che questo giorno non arrivasse mai! Perché tu per noi eri invincibile e non potevamo pensare che un giorno saremmo stati senza di te, senza la nostra guida. Invincibile però lo sarai per sempre, per noi e per tutte le persone che ti hanno conosciuto, come sappiamo allo stesso modo che non staremo mai senza di te perché tu non ci abbandonerai mai, continuerai a seguirci, a darci forza, a metterci sulla giusta strada e anche a rimproverarci da lassù… sì, non sappiamo come, ma siamo sicuri che riuscirai a fare anche quello!
I tuoi rimproveri da Papà e la tua spinta a migliorarci sempre sono state le armi perfette che ci hanno portato dove siamo, che hanno portato la nostra Romamor a crescere forte, nonostante le difficoltà e le nostre diversità. Anzi, sei stato capace di tirare fuori il meglio di ognuno di noi e di farci dimenticare i problemi che ognuno portava con sé, e trasformare i nostri pensieri in tempo ed energia da spendere per gli altri, come facevi tu… Eravamo la tua seconda famiglia e la tua vera famiglia ne era felice, nonostante il tempo pieno che donavi a noi. Ma sapeva quanto questo ti riempiva il cuore e ti hanno condiviso con noi in questi anni con felicità. Hai lavorato per le persone, ma soprattutto con persone di ogni credo, razza, religione non discriminando mai nessuno, creando quello spirito di unione e di comunità su cui tu eri il numero uno».
«“La cosa più bella nella vita è amare il prossimo”. Questo dicevi a tutti e questo è l’insegnamento più grande che ci lasci».
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