Dilatare il cuore
Con l'approssimarsi del terzo anniversario di Chiara Lubich, e in vista della presentazione del libro di Florence Gillet "Ho trovato l'amore" il 26 febbraio a Roma, vi proponiamo un brano tratto dal libro
L’autrice del libro Ho trovato l’amore dell’editrice Città nuova, Florence Gillet, è una studiosa e per alcuni anni anni ha fatto parte della segreteria di Chiara Lubich. Nel libro, di prossima presentazione a Roma alla Sala convegni Figlie della carità di san Vincenzo – ore 16.00-, l’autrice ci guida con delle riflessioni su brani del pensiero della fondatrice. Una curiosità, il libro è uscito prima per i tipi dell’omonima casa francese col titolo Prier 15 jours avec Chiara Lubich.
«Abbiamo bisogno di dilatare il cuore sulla misura del Cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l’unico necessario. Fatto questo, tutto è fatto. Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d’affetto per il fratello incontrato un minuto prima. Tanto, è lo stesso Gesù che amiamo in tutti. Ma se rimane il rimasuglio vuol dire che il fratello precedente è stato amato per noi o per lui… non per Gesù. E qui è il guaio.
La nostra opera più importante è mantenere la castità di Dio e cioè: mantenere l’amore in cuore come Gesù ama. Quindi per essere puri non bisogna privare il cuore e reprimervi l’amore. Bisogna dilatarlo sul Cuore di Gesù ed amare tutti» (Chiara Lubich, La dottrina spirituale, Città nuova 2002, p.135).
… Poche parole sono ambigue quanto la parola “amore”. Chiara ci fa da guida per approfondirne il significato, ma soprattutto ci insegna «l’arte di amare», perché l’amore, come ogni arte, non s’improvvisa, ma ha bisogno di essere imparato. La simpatia o l’antipatia che proviamo nei riguardi di chi ci sta intorno, i difetti fisici o caratteriali che ci infastidiscono, il calcolo dei pro e dei contro nei rapporti con gli altri, il ricordo delle impressioni buone o cattive sono condizionamenti tirannici che possono lasciarci per tutta la vita “analfabeti dell’amore”. Se non impariamo ad amare, rischiamo di essere “esteti” dell’amore, di amare chi è lontano e dimenticare i nostri prossimi, di amare qualcuno o qualcosa “contro” qualcun altro o qualcos’altro.
Chiara ha posto in evidenza quelle che potremmo chiamare le “lettere” di questo alfabeto evangelico: amare tutti, senza escludere nessuno, come Gesù che ha dato la sua vita per ciascuno di noi (cf. Mt 20, 28; Mc 10, 45); amare per primi, prendere l’iniziativa, come lui che ci ha amato quando eravamo ancora peccatori (cf. Rm 5, 8); amare i nemici (cf. Lc 6, 35), quelli che ci fanno torto o che sentiamo come una minaccia; farci uno, mettendoci al servizio degli altri senza esitare a rimboccarci le maniche (cf. Mt 20, 28; 1 Cor 9, 22).
Volendoci guidare all’amore vero, Chiara trova una formula che punta molto in alto e riassume queste espressioni: «Amare come Dio ama». Dio è soltanto dono, puro amore; e dimentica sé per amore, non ritorna su di sé, non vuole “possedersi” e non vuole “possedere” le sue creature. Amare “come” Dio significa anche amare gli altri “per Lui”, per Gesù, per obbedire alla sua parola. Così facendo, non saremo più condizionati dalla risposta dell’altro, saremo liberi dalla paura di ricevere indifferenza, incomprensione o anche derisione. Il nostro amore deve muoversi come una semiretta che sa da dove parte (cioè dal nostro cuore) e si dirige verso l’infinito. Sì, tutto, sempre, ogni cosa va amata per Dio.
Questo amore che parte dal nostro cuore e va all’infinito, che si rivolge a Gesù nel fratello, prende impulso da quel passo del Vangelo di Matteo sul giudizio finale che ebbe tanta risonanza in Chiara e nelle sue prime compagne: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Queste parole bastano per farci capire che spesso non abbiamo presente chi amiamo quando amiamo, né chi non amiamo quando non amiamo. Amare Gesù nell’altro: ecco un altro punto dell’arte di amare.
È significativo che agli inizi del Movimento Chiara abbia dapprima sentito la spinta a mettersi con le sue compagne al servizio dei poveri di Trento, e poi, nel corso degli anni, abbia compreso che Gesù era presente in ogni uomo e che l’amore andava indirizzato a tutti. L’espressione «il sacramento del fratello», che risale ai Padri della Chiesa, vuole indicare che, amando il fratello, entriamo in modo misterioso in comunione con Gesù presente in lui; Chiara ci insegna che questa comunione non si attua solo aiutando i poveri e servendoli attraverso la diaconia, ma anche mettendosi al servizio di ogni uomo.
È l’ottica nella quale si muove Chiara quando, nel 1991, dà vita all’Economia di Comunione, un’iniziativa nella quale le aziende che aderiscono danno una parte dei loro utili a favore dei poveri. Il concetto di “povero” sviluppato dal suo carisma va alla radice di ogni povertà: la povertà dei rapporti. Come prima cosa devo far sentire l’amore a colui che desidero aiutare, in modo che egli, arricchito da un rapporto nuovo, sperimenti la propria dignità; al contempo, io non sono soltanto d’aiuto al povero, ma mi arricchisco del rapporto stabilito con lui e gli sono a mia volta debitore.
Se il prossimo è Gesù, Chiara può dire: «Amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d’affetto per il fratello incontrato un minuto prima». Amare «senza tener nel cuore rimasugli d’affetto» non significa diventare insensibili e rinunciare a qualunque sentimento, bensì è un invito a donarci pienamente al fratello che ci passa accanto nel momento presente, con tutto il cuore, facendoci uno con lui, come Dio si è fatto uno con noi. Non dobbiamo esitare a manifestargli la nostra tenerezza, perché è Gesù che ama in noi, attraverso il nostro cuore. Non dobbiamo esitare a dirgli, con uno sguardo o un gesto: «Sei prezioso ai miei occhi» (cf. Is 43, 4), in modo che egli si senta amato. Non reprimiamo l’affetto del cuore: quando il rispetto umano potrebbe frenarci, l’amore per Gesù ci darà il giusto equilibrio.
Amando un prossimo alla volta, esercitandoci con pazienza e con tutte le qualità dell’amore, entreremo in comunione con l’umanità intera e daremo davvero la nostra vita a Dio, che la farà arrivare là dove ce n’è bisogno. È la comunione dei santi.
È anche una via di contemplazione perché, continua Chiara, «come basta un’ostia santa dei miliardi di ostie sulla terra per cibarsi di Dio, basta un fratello – quello che la volontà di Dio ci pone accanto – per comunicarci con l’umanità che è Gesù mistico».
(tratto dal libro Ho trovato l’amore. Un itinerario di preghiera con Chiara Lubich, di Florence Gillet, Città nuova 2010)