Dignità e sfruttamento del lavoro
La Coop è notoriamente uno dei principali marchi della grande distribuzione in Italia. Si distingue, in un mercato fortemente competitivo, per la sua origine mutualistica che risale alle prime cooperative di consumo sorte a Torino nel 1854. La fondazione vera e propria di Coop Italia risale al 1967 come consorzio nazionale d’acquisto tra le cooperative di consumatori.
Un grande soggetto, alternativo alle società private, in grado di esercitare una forte capacità contrattuale verso i fornitori, non solo per quanto riguarda l’accessibilità del prezzo ma per la qualità dei prodotti.
Da tale impostazione proviene l’impegno fortemente dichiarato dalla stesa Coop contro il lavoro nero e lo sfruttamento all’interno della filiera che parte dai luoghi di produzione. Abbiamo, perciò, intervistato Claudio Vanni di Unicoop Firenze, una delle sette grandi cooperative di consumatori del sistema Coop, con oltre un milione di soci e una forte distribuzione sul territorio toscano. Vanni è intervenuto all’ultima edizione di Loppiano Lab confrontandosi in un serrato dibattito sulle sfide della dignità del lavoro dentro un mercato altamente competitivo tra operatori internazionali che tendono a fare cartello e imporre linee di condotta difficili da scalfire.
Su cosa si basa la vostra campagna contro il lavoro nero?
Partiamo da un dato preoccupante, secondo l’ispettorato nazionale del lavoro si stima che il lavoro illegale in agricoltura tocchi punte del 50%, una percentuale fra le più alte in Europa. Le leggi ci sono ma sono necessarie misure più incisive di controllo e di contrasto alla criminalità in agricoltura e nelle industrie di trasformazione.
E su questo fronte che coop dal 1998 si è impegnata monitorando i fornitori attraverso il controllo dell’intera filiera nel rispetto dello standard SA8000 chiedendo la sottoscrizione di un codice etico e svolgendo adeguati controlli che auditore qualificati e indipendenti.
Come intervenite concretamente all’interno delle filiere?
Fra le filiere particolarmente a rischio come ad esempio quella del pomodoro coop ha coinvolto non solo gli 80 fornitori ortofrutticoli del prodotto a marchio coop (per 7200 aziende agricole) ma tutti gli 832 fornitori locali e nazionali di ortofrutta (per oltre 70.000 aziende agricole.
I controlli arrivano a coinvolgere le singole aziende agricole, in caso di non conformità coop chiede un immediato piano di miglioramento o in relazione alla gravità decide di escludere i fornitori. Sono state 11 le imprese escluse da coop per il mancato rispetto delle norme etiche. In questo periodo abbiamo sette ispettori che controllano il rispetto del codice etico nei campi di pomodori di Puglia e Campania.
Riuscite a fare a meno di certe pratiche presenti nel settore come l’asta al doppio ribasso per le derrate agricole ?
Rispetto al tema delle aste il nostro impegno è finalizzato a tenere un equilibrio fra prezzo di acquisto e diritti delle persone, il nostro accordo di filiera garantisce agli agricoltori del sud un prezzo superiore di oltre il 10% rispetto al prezzo dell’accordo interprofessionale. Quindi niente doppie aste al ribasso.
Passando ad un altro tema che è tuttavia collegato ai criteri dell’impresa cooperativa, cosa pensate della chiusura domenicale dei centri commerciali? In passato avete già avuto una polemica con l’ex sindaco Renzi. Non vi sentite portatori di una cultura arretrata al tempo d’oggi?
Noi crediamo di no, crediamo che il mercato non sia l’unico regolatore della vita delle persone che prima di essere consumatori sono cittadini che hanno interessi e bisogni diversi dal solo consumo. Partiamo da un’idea di società in cui si possa tenere in equilibrio le nuove esigenze di servizio e la vita delle persone in primo luogo di quelle che lavorano ma anche di quelle che fanno la spesa. Ci muove la convinzione che sia utile offrire alternative alla Domenica in un centro commerciale, che la vita delle persone, delle famiglie abbia bisogno di tempi dedicati alla cultura, allo sport, al tempo libero in generale.
La linea che avete adottato nel regime di concorrenza introdotto con il decreto salva Italia di Monti, sembra quello di mantenere l’apertura in termini ragionevoli senza ricorrere le iniziative delle catene francesi. Quanto rende tale posizione?
Abbiamo deciso di aprire 44 supermercati dei 104 che abbiamo e abbiamo deciso di aprirli solo la mattina. Abbiamo deciso anche di chiudere 10 delle 12 festività laiche e religiose. Sono festività che segnano la nostra identità. L’identità di una nazione che ritrova la sua coesione, il proprio senso di comunità. Ad un anno dall’attuazione possiamo dire di essere soddisfatti dei risultati raggiunti e del gradimento espresso dai nostri soci e dai dipendenti della cooperativa.