Difendere la patria senza armi
Comincia a dare i primi frutti la proposta di realizzare una difesa civile alternativa alla difesa militare. La campagna è iniziata simbolicamente il 25 aprile del 2014 proprio per dare attuazione al «ripudio della guerra «sancito nella Costituzione (articolo 11) assieme alla definizione della difesa della patria come «sacro dovere del cittadino» (articolo 52) . L’ iniziativa è il frutto dell’impegno comune messo in atto da sei realtà nazionali: Tavolo interventi civili di pace, Conferenza nazionale enti di servizio civile, Forum nazionale servizio civile, Rete Sbilanciamoci! Rete della pace e Rete italiana per il disarmo.
Si tratta di capovolgere il modello attuale che vede l’assegnazione di ingenti risorse per la difesa militare a fronte della riduzione dei fondi destinati ad contrastare minacce quali l’aumento dell’insicurezza sociale e il dissesto del territorio. Basti pensare alla carenza di turbine o dei mezzi spazzaneve durante le cosiddette “emergenze maltempo” o la piaga della disoccupazione giovanile che emerge dai dati Eurostat.
Nel concetto di “difesa”, infatti, si vuole ricomprendere la tutela dei diritti sociali, in particolare del diritto al lavoro, posto a fondamento della nostra Costituzione al fine di salvaguardare e rafforzare il livello di sicurezza sociale.
Come afferma la rivista “Azione nonviolenta” fondata da Aldo Capitini, padre del Movimento Nonviolento «è necessario sottrarre allo strumento militare il monopolio della difesa e delle risorse, per ribadire un’altra idea e pratica della difesa. Bisogna cambiarne paradigma. Si tratta della difesa della sicurezza dei cittadini e, contemporaneamente, della gestione delle controversie internazionali con strumenti e mezzi non militari».
La proposta di legge, presentata il 10 dicembre 2015, prevede l’istituzione del Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al quale afferiscono i Corpi Civili di pace.
Con un bando scaduto a febbraio 2017 è stato già avviata una sperimentazione (inserita nella legge n. 147 del 2013) relativamente a 106 giovani volontari disposti a partire per svolgere «azioni di pace non governative nelle aree di conflitto e a rischio di conflitto e nelle aree di emergenza ambientale» .
L’idea di istituire dei Corpi Civili di pace risale alla proposta avanzata nel 1995 dall’eurodeputato altoatesino Alexander Langer quale base imprescindibile per una futura difesa comune europea. L’impiego di tali corpi tuttavia, non va considerato come un’ipotesi conseguente all’intervento militare. I loro compiti infatti vanno dalla prevenzione del conflitto armato fino al tentativo di impedirne l’esplosione.
Secondo la visione di Langer, i “Corpi civili di pace” avrebbero dovuto svolgere funzioni cruciali come: portare messaggi da una comunità all’altra, compiere operazioni di monitoraggio, facilitare il dialogo al fine di far diminuire la densità della disputa, provare a rimuovere l’incomprensione, negoziare con le autorità locali, facilitare il ritorno dei rifugiati, cercare di evitare, con il dialogo, la distruzione delle case, il saccheggio e la persecuzione delle persone, sfruttare al massimo le capacità di coloro che nella comunità non sono implicati nel conflitto (gli anziani, le donne, i bambini), subentrando alle autorità e ai servizi locali ma solo su richiesta e in via temporanea.
La necessità di affiancare alla difesa militare una difesa civile non armata, è stata ribadita sabato 1 aprile 2017 durante il congresso nazionale del Movimento Nonviolento da parte dei parlamentari Giulio Marcon (SI), Giorgio Zanin (PD) e Roberto Cotti (M5S).
Va ricordato infine come la creazione di un corpo di pace fu concepita da Gandhi in relazione al metodo della “nonviolenza”: una lotta politica che consiste nel rifiuto di ogni atto di violenza, in primis contro i rappresentanti e i sostenitori del potere cui ci si oppone, ma anche disobbedendo a determinati ordini militari o ad altre norme, attraverso forme di disobbedienza, boicottaggio e non collaborazione.