Dietro ai sondaggi

Il sostegno popolare al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama vacilla di fronte alla riforma della sanità. Ma il quadro è più complicato di quanto si potrebbe credere.
Votare non basta. Il patto eletto-elettore nella crisi democratica

L’aveva promesso in campagna elettorale; sapeva che non sarebbe stata una promessa facile da mantenere; e adesso il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si trova davanti a quella che si prospetta come la più grande sfida del suo mandato – almeno sul fronte interno: la riforma della sanità. Nel mettere a punto un piano per garantire l’assistenza medica ai 46 milioni di americani privi di assicurazione sanitaria privata, fornendone una statale – con un costo stimato di 1500 miliardi di dollari in dieci anni – Obama si è scontrato con quello che oltreoceano è sempre stato un tabù: mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Parte dei costi della riforma, infatti, dovrebbero essere coperti da un aumento delle tasse alle fasce più ricche della popolazione: e in un Paese dove tenere lo Stato fuori dal proprio conto in banca è considerato espressione di libertà, l’opposizione aperta del partito repubblicano è stata accompagnata da quella più velata del partito democratico. Anche i sondaggi hanno evidenziato un calo nel sostegno popolare ad Obama su questo tema, per la prima volta sceso sotto il 50 per cento. Ecco dunque deputati e senatori repubblicani scatenati nel chiedere al Presidente di fare marcia indietro – rimanendo peraltro inascoltati – e i giornali disquisire su come in America sembri impossibile arrivare a mettere mano alla questione, vuoi per mentalità, vuoi per gli enormi interessi economici coinvolti – si stima che i costi della sanità privata si aggirino attorno ai 900 miliardi di dollari.

 

Eppure questa sembra essere solo una parte del quadro. Un sondaggio online lanciato dal San Francisco Chronicle chiedeva ai lettori se fossero d’accordo con la proposta del Presidente di aumentare le tasse alle famiglie con reddito superiore a 350mila dollari, per finanziare la riforma della sanità. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, il 55 per cento dei lettori ha risposto affermativamente “perché se lo possono permettere”. Soltanto il 30 per cento ha optato per “No, spremere i ricchi non è una soluzione”. Anche il tanto citato sondaggio del Washington Post/ABC, che evidenzia come alla domanda “È favorevole al modo in cui il Presidente Obama sta gestendo l’assistenza sanitaria?” solo il 49 per cento degli intervistati abbia risposto affermativamente contro un 44 per cento di contrari, se letto per intero rivela una sorpresa: alla stessa domanda rivolta in modo diverso – cioè citando uno per uno i provvedimenti proposti dal Presidente – il 54 per cento degli intervistati si è detto favorevole, e solo il 43 per cento contrario.

 

Incongruenze? Indecisioni? Piccoli segni di un cambiamento che inizia a farsi strada? Non sta a noi entrare nella testa degli americani; ma certamente una proposta di riforma coraggiosa e di enorme portata chiama in causa tutti i cittadini, stimolando la riflessione e sollevando dubbi. E se in generale sull’argomento c’è ancora parecchio scetticismo, i singoli punti del piano Obama sembrano non essere troppo lontani dal sentire comune. Se ne riparlerà a settembre, quando il Congresso sarà chiamato a pronunciarsi sul tema.

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