Dieci anni dei “Teatri del sacro”
La sacralità, la tradizione religiosa, le inquietudini dell’anima e dello spirito: negli ultimi tempi questi temi sono ritornati con prepotenza al centro della scena contemporanea e una parte del merito va certamente al Festival “I Teatri del Sacro”, che dal 2009 ha scelto di affrontare questi argomenti attraverso l’arte del teatro.
Dato il particolare momento storico che sta attraversando il nostro Paese, queste istanze sono anche uno strumento necessario per affermare l’inviolabilità della dignità umana e l’imperativo morale di prendersi carico delle fasce di società più fragili ed ecco quindi la scelta, per l’edizione del Decennale del Festival, di concentrare la proposta artistica su “Le Opere di Misericordia”, precetti concreti che saranno il filo conduttore della decima edizione in programma nella cittadina marchigiana.
Insegnare agli ignoranti, accogliere i pellegrini, visitare i carcerati, dar da bere e da mangiare agli assetati e agli affamati, vestire gli ignudi… sono alcuni dei dettami contenuti nelle Opere di Misericordia su cui hanno lavorato le compagnie selezionate, e che ancora oggi mantengono intatta la loro forza spirituale e caritatevole, dando al Festival una connotazione solidale estremamente marcata che ben rappresenta le caratteristiche sociali ed artistiche del progetto.
Questi i titoli e le sinossi degli spettacoli in scena.
Sporco negro di Kronoteatro. Lo spettacolo in forma di cabaret gioca sugli stereotipi sui neri: i negri non vogliono lavorare, i negri non si lavano eccetera, i vari quadri sono inframmezzati da filmati d’epoca che fanno leva proprio su questi luoghi comuni con crudele superficialità. In scena un attore italiano e due attori africani richiedenti asilo che da un anno lavorano con la compagnia. Prima nazionale.
U Figghiu di Nastro di Mobius. Una famiglia con un figlio disabile mentale che crede di essere Gesù: la difficoltà di gestire la malattia mentale in famiglia, lo stigma del paese che è solidale solo a parole, ipocrisia e resilienza sono gli ingredienti di un allestimento potente e spiazzante. Prima nazionale.
82 pietre di Nutrimenti Terrestri. Due carabinieri trovano una donna nuda con accanto delle pietre, la portano in centrale ma la donna rifiuta di parlare. Il giovane appuntato cerca di risolvere il mistero di questa donna, il comandante della stazione invece… Un giallo dal finale totalmente inaspettato che diventa una denuncia contro la violenza sulle donne. Prima nazionale.
70 volte 7 di Collettivo Controcanto. Due famiglie le cui storie corrono parallele fino a una serata che diventa una tragedia. Si può perdonare chi ti ha tolto un fratello? Una compagnia giovanissima in una prova di straordinaria intensità che fa emergere tutte le contraddizioni della società e dell’animo umano. Prima nazionale.
Acquasantissima di Ura Teatro. Lo spettacolo è il frutto di un lungo lavoro sul linguaggio sacro usato dagli affiliati della ‘ndrangheta, un monologo sconcertante di Fabrizio Pugliese che svela il rapporto ambiguo fra devozione e criminalità senza retorica ma solo attraverso la scarna e sanguinaria legge del crimine. Prima nazionale.
Simeone e Samir di Casavuota. Un dialogo tra due uomini, un cristiano e un musulmano, situato ai tempi dell’incontro tra Francesco e il Sultano, ottocento anni fa esatti, incontro attualizzato con forza anche dall’altro Francesco, papa Bergoglio, che pochi mesi fa ha spiazzato molti con l’incontro e il documento di Abu Dhabi. Un dialogo possibile tra fedi, tra un medico cristiano apostata, furbetto, inquieto e un brigante islamico tutto cuore e devozione, un dialogo che diventa conoscenza: prima si scontrano, poi dibattono, poi ricordano, infine arrivano a cantare e addirittura danzare assieme, prima di un finale inaspettato. Prima nazionale.
Stabat Mater. Creazione per sei voci e un Duomo di Faber Teater e Antonella Talamonti. Da 35 anni Antonella Talamonti segue la Settimana di Pasqua ascoltando e registrando Cantori tradizionali e Confraternite in strade e piazze del centro-sud Italia. Riti che permettono di affrontare il lutto, accogliere, sostenere e superare il dolore. Stabat Mater ripropone l’esperienza del rito lo fa attraverso il canto e il movimento in una performance unica e di altissimo valore spirituale.
Solitudo di Associazione Culturale Sillabe. Lo spazio della cella come immagine simbolo del nostro spazio interiore, spazio di raccoglimento dove è possibile l’incontro con se stessi, dove devo entrare per essere poi, portatore di Luce. L’asse di legno, puro e semplice, è il simbolo di unione con tutti e diventa elemento scenico mobile e metaforico della nostra spiritualità.
Piccoli funerali di Maurizio Rippa/369gradi. Lo spettacolo porta in scena piccoli funerali, attraverso una partitura drammaturgica e musicale che alterna un piccolo rito funebre ad un brano dedicato a chi se ne è andato. Una dedica che è un atto d’amore, un regalo e un saluto, che trova forza nella musica. Ogni brano è un gesto che riporta ad una memoria personale e collettiva al tempo stesso.
Il Vangelo secondo Antonio di Scena Verticale. Don Antonio, parroco di una piccola comunità impegnato nell’accoglienza dei migranti, si ammala di Alzheimer. Il sacerdote, entrato nella nebbia, inizierà a perdere tutti i riferimenti della sua vita ma allaccerà un rapporto nuovo e singolare con Cristo. Il racconto della malattia, condito dell’involontaria comicità che si porta dietro, è il pretesto per riflettere sulla fede e sul senso religioso che ognuno di noi, volente nolente, ha dentro di sé.