Diaro del terremoto
Le vittime hanno raggiunto quota 90 mila. È il drammatico bilancio, ancora non definitivo, del terremoto del Sichuan, nel sudovest della Cina. Erano da un attimo passate le 2 e 28 dello scorso 12 maggio. La catena di solidarietà è partita spontaneamente. Molti i cattolici e i protestanti cinesi che hanno offerto sostegno economico, donazioni di sangue e preghiere per le vittime e i sopravvissuti al terremoto. Numerosi giovani volontari cristiani si sono recati nei luoghi del terremoto per iniziare le operazioni di soccorso e distribuire medicine, cibo, acqua, coperte e tende. Due di loro,Ambrose e Louis di Pechino, sono stati in Sichuan per otto giorni, percorrendo la distanza di 2130 chilometri, impiegando 31 ore in treno. Coordinano progetti di adozione a distanza, l’invio di tende, la ricostruzione delle chiese e di un asilo: quest’ultimo in collaborazione con il Brasile. Ci hanno mandato per posta elettronica il loro diario in redazione. È uno sguardo personale e diretto dentro la grande sofferenza di un popolo. A Chengdu. In questi giorni, a Chengdu, la capitale della provincia del Sichuan, piove di continuo, mentre continuano le scosse di assestamento. Meno male che non sono più così intense! Nei primi giorni del nostro arrivo le scosse erano molto più forti, ma eravamo così stanchi che dormivamo come sassi e non abbiamo sentito nulla. Louis ed io ci dobbiamo ancora abituare al cibo di Chengdu. È molto piccante, e dopo un po’ ci brucia la gola. Inoltre di giorno fa molto caldo, ma ap- pena piove arriva il vento e si sente freddo, così prima di uscire dobbiamo pensare quale vestiti è opportuno indossare. A Mianzhu. Ieri abbiamo deciso di andare a Mianzhu, poco più a nord. I sacerdoti e i nostri amici cattolici di Chengdu ci hanno aiutato per organizzare il viaggio. Arriviamo lì con altri due volontari che lavorano alla Caritas cinese. Oltre ai due volontari, si è unita a noi anche una studentessa universitaria, così ora siamo in cinque. Prima di partire, abbiamo comprato dieci scatole di olio per cucinare, tre cassette di mele, angurie, biscotti e pane. Tutta la macchina è stracolma di cibo! Per fare 80 chilometri, impieghiamo due ore e arriviamo a Mianzhu. Sono più di dieci le aree completamente distrutte dal terremoto e solo qui ci sono stati circa 12 mila morti. Il crollo. La chiesa cattolica di Mianzhu, costruita nel 1926, è completamente distrutta. Al momento del crollo nell’edificio c’erano quattro persone. Uno di loro è morto, gli altri tre sono feriti in modo grave, salvati dal parroco che è intervenuto subito. Adesso uno di loro è a Shanghai per cure intensive. Quando la chiesa è crollata, il parroco ed alcuni parrocchiani si trovavano fuori città. Appena terminata la scossa di terremoto, sono tornati in macchina e cercavano da lontano di vedere la chiesa, ma non c’era più! Tutti sono scoppiati a piangere. Era il loro punto di riferimento, dove vivevano, si radunavano ed ora è completamente crollata. È stato come tagliare un pezzo di cuore. Siamo molto toccati dal loro racconto. Tende. Nell’oratorio adiacente alla chiesa c’era anche una scuola materna e una foresteria. Quel giorno erano presenti più di 200 bambini. Grazie a Dio, la costruzione era bassa, così tutti i bambini e le maestre sono riusciti a scappare via. Solo un anziano nonno che andava a prendere il nipote e aspettava sotto un muro è morto. Nell’oratorio distrutto abitavano varie famiglie che adesso non sanno dove andare. Sulla piazza di fronte alla chiesa hanno piazzato sei tende, per ora vivono lì, con il parroco, don Wang. I sacerdoti di Chengdu lo hanno invitato a trasferirsi da loro, ma lui ha deciso di restare con i suoi parrocchiani in questo momento così difficile. Ieri un gruppo di buddhisti ha regalato del riso a don Wang. Davanti al disastro si dimenticano i giudizi ed i conflitti e tutti si aiutano. Si vive una grande fratellanza e comunione. Per la ricostruzione della chiesa stiamo provando a recuperare tutti i legni crollati per provare a riutilizzarli. Il nuovo edificio che nascerà conterrà il vecchio. Ci vorranno tre anni di attesa, nel frattempo è vietato celebrare la messa perché il governo, per ora, non vuole nessuna attività che raduni insieme più persone… Per miracolo, il tabernacolo ed un crocifisso, entrambi di legno, sono rimasti intatti. Verso Tumengzhen. Tutte le strade sono interrotte, l’unica percorribile è quella verso Tumengzhen. Anche don Wang non sa come è la situazione nei paesi circostanti, e come stanno i nostri amici cristiani. Partiamo e lungo la strada non troviamo neanche una casa abitabile, tutta la gente che incontriamo è nelle tende. Alcune sono fatte soltanto di carta plastificata, sostenute da canne di bambù. Le case o sono crollate o fatiscenti. Ad ogni famiglia che abbiamo visitato abbiamo lasciato olio e frutta. La nostra amica studentessa, invece, è andata dai bambini, portandogli dei biscotti. Non sapevamo a chi dare i soldi che avevamo, dopo aver discusso un po’, abbiamo deciso di darli ad un anziano che sembra essere il capo della comunità cattolica locale. Tanti ci ringraziano, ma noi diciamo che bisogna ringraziare Dio e tutti quelli che ci hanno aiutato e sostenuto per arrivare fin da loro. Tra gli amici cattolici di Tumengzhen non c’è nessun ferito, ma di altri paesi limitrofi finora non si hanno notizie a causa dei collegamenti interrotti. La centrale elettrica. A Mianyang siamo passati dalla centrale elettrica Dongfang, la più grande della Cina con più di 10 mila dipendenti. È oggi un cumulo di macerie. Ancora non sono stati recuperati tutti i corpi, per questo motivo i militari non fanno entrare nessuno all’interno dello stabilimento, tranne i dipendenti. Il marito della nostra guida a Mianyang lavora in questa azienda e siamo così riusciti ad avere un permesso speciale per entrare. Nella centrale siamo investiti dal tanfo irrespirabile della putrefazione dei cadaveri e di tanti corpi non ancora recuperati. A terra tanti zaini e vestiti. Di tutto l’impianto, grande come un campo di calcio, non restano che pietre e rovine. La nostra guida ci racconta che durante il terremoto il marito è riuscito a scappare fuori, ma tanti colleghi sono rimasti seppelliti. Subito li hanno cercati disperatamente tra le rovine. Lui stesso ne ha trovati otto, ma solo quattro sono riusciti a sopravvivere. Al buio. Poi abbiamo cenato con gli amici cattolici con solo cetrioli in salsa piccante e minestra di riso. Da quasi un mese, non hanno visto altro. Eppure si vedeva la felicità e la gioia sui loro visi perché siamo andati a visitarli, per consolarli e condividere la loro sofferenza. Non hanno niente, anche i vestiti che indossano gli sono stati donati, eppure sono pieni di speranza. Ritorno a Chengdu. Sulla strada di ritorno a Chengdu, il motore della nostra macchina improvvisamente si ferma. Ci mettiamo mezz’ora per farlo ripartire. Appena entrati in città comincia a piovere fortissimo. La strada è rimasta danneggiata dal terremoto e procediamo pianissimo. Quando arriviamo al nostro alloggio è quasi mezzanotte. La giornata è stata intensa, siamo stanchi morti, ma capiamo che c’è un legame tra l’amore e il dolore e che quanto abbiamo fatto è così poco di fronte all’amore di Dio.