Diario dalla Siria/8
È venerdì e la città vecchia è ancora deserta e lo sarà ancora per diverso tempo. Le ragazze in particolare in questi giorni non osano più muoversi da sole o prendere il taxi, e pensare che la Siria è sempre stato un Paese nel quale la donna era non solo rispettata (avesse o no il velo) ma anche protetta. Ci si sentiva assolutamente sicure.
A quest’ora due anni fa Damasco era già animata dai turisti che ammiravano le sue ricchezze storiche e i prodotti scelti del souk. Sedersi nei bar e ristoranti della città vecchia ben ristrutturati e parlare con amici damasceni era piacevole e arricchente, il contatto con la gente sempre immediato e sincero. Anche i turisti più frettolosi e superficiali notavano che i venditori siriani non sono invadenti, offrono con garbo e simpatia i loro prodotti ma poi si ritirano senza troppo insistere, se la cosa non va al cliente.
Non posso non ricordare che due anni fa, press'a poco come oggi, mi trovavo nella via dritta, con un’amica venuta dall’Europa. A essere esatti era il 7 febbraio 2011. Rammento la scelta accurata di oggetti d’artigianato di ottima fattura in quel bel negozio da poco inaugurato vicino al Patriarcato armeno- ortodosso e poi, cosa insolita nella Siria di allora e che mi aveva stupito, appena uscite dal negozio, un capannello molto piccolo di persone intorno ad un uomo dalla lunga barba, sicuramente un uomo di religione, che parlava ad alta voce. Un salafita? Allora di queste persone nessuno ne parlava né qui né sui giornali occidentali.
Due settimane dopo, scoppiavano le prime rivolte a Daraa. Oggi il negozio c’è ancora, con gli scaffali quasi vuoti, la via dritta è percorsa solo da siriani dal volto triste e preoccupato, tanti negozi sono vuoti, alcuni chiusi. Poco lontano all’incrocio con la via che scende a Bab Touma un capannello di militari protetto da sacchi di sabbia sorveglia il passaggio di gente e veicoli, con fare rassicurante ma molto vigile. Proprio ieri sera hanno sventato un attentato nel quartiere.