Diario dalla Siria/49
«Proprio alle 16 del 22 gennaio, mentre si apriva Ginevra 2, i tanto attesi negoziati per la pace, una bomba è caduta negli uffici adiacenti alla chiesa caldea di san Giuseppe ad Aleppo. Grazie a Dio nessuno è stato colpito e i danni sono stati solo materiali. Il parroco stava aprendo il centro d’accoglienza quando il razzo è caduto lasciando incolume lui, alcuni bambini vicini e le persone in attesa degli aiuti umanitari.
«La preghiera continua a restare la nostra arma: preghiamo per i funzionari del governo e per quelli che hanno provocato il conflitto nel nostro Paese e chiediamo la pace, una soluzione anche se lo scoraggiamento è grande.
«A livello umanitario la situazione è davvero drammatica. La gente soffre in silenzio, dimenticata, e anche se un corridoio umanitario consente agli aiuti governativi di arrivare, questo non basta. C’è sete di normalità. All’inizio dell’anno le scuole sono state riaperte e i bambini sono tornati sui banchi, in quelle stesse aule che per più di un anno hanno ospitato gli sfollati.
«Manca l’elettricità e quindi niente funziona. Non si riesce a lavare molto. Fa freddo e il riscaldamento è insufficiente. Il governo eroga solo un’ora di corrente elettrica e in tanti ci si è attrezzati con piccoli generatori, ma la benzina è cara e non si trova con facilità.
«Pur circondati dai ribelli, l’esercito ha aperto una strada almeno per gli aiuti e per la gente che ritorna ai propri villaggi, nonostante la distruzione. Le case sono spesso macerie, ma si preferiscono le proprie pietre all’incertezza del futuro e ad una condizione di sfollati che non sembra veder fine. Non c’è lavoro e quindi non ci sono stipendi. Ho visto un medico rivolgersi al centro Caritas per un aiuto. Tanti ospedali sono stati distrutti e chi soffre per la dialisi o per il tumore non può più ricevere cure adeguate e questa è una normalità a cui non ci si rassegna con facilità. L’emorragia dei cristiani non cessa: partono alla ricerca di una possibilità diversa e questo impoverisce tutta la regione. I cristiani sanno creare ponti, mettersi in dialogo con tutte le etnie ed è inimmaginabile una Siria senza la loro presenza.
«E intanto in Svizzera si discute e non si capisce quali interlocutori siedano al tavolo delle trattative: l’opposizione rappresenta la vera opposizione? Chi sta lavorando seriamente alla pace e per il popolo siriano? La teoria del complotto non abbandona i pensieri dei siriani, rafforzata dalle contrastanti notizie sui media: dipende tutto da Assad o anche chi vi si oppone ha ben altri interessi? Domande su domande mentre la vita cerca la normalità».
Lerisate in sottofondo alla nostra telefonata ne sono una prova.