Diario dalla Siria/48

Padre Louis è il parroco di Qara. Dopo avere rischiato di essere ucciso da terroristi entrati in chiesa, con le famiglie dei parrocchiani e altre persone ha cercato rifugio in un altro villaggio, non senza peripezie. La sua parrocchia è stata saccheggiata e distrutta
Una chiesa siriana distrutta dalle bombe

Padre Louis è il parroco di Qara. Dopo avere rischiato di essere ucciso da terroristi entrati nella chiesa, con le famiglie dei parrocchiani e altre persone  della cittadina è riuscito a recarsi a piedi a Deir Atiyeh, il villaggio vicino. Lasciamo raccontare alla sua lettera quanto sta vivendo.

«Qara è il nostro villaggio in mezzo al “Qalamoun”, parte delle meravigliose montagne davanti al Libano. Qui, dal terzo secolo dopo Cristo, è presente una comunità cristiana con il monastero di san Giacomo martire e decapitato, un monastero rinato dalle rovine grazie al lavoro di alcune monache del posto.

Le minacce della guerra nel Paese hanno spesso interpellato la gente del villaggio, a maggioranza sunnita e contraria al governo di Assad, ma i saggi del paese sono riusciti ad evitare, fino ad ora, l’ingresso in questa  guerra devastante.

Ma la guerra sembra una sorte inevitabile. Nonostante tutto questo non ho ceduto alla paura e non ho lasciato la parrocchia affidata da Dio a me e sono rimasto con loro nel villaggio. Ma alla fine ho dovuto partire e spostarmi con alcuni cristiani a Deir Atiyeh (il villaggio vicino) per sostenerli e perché non si sentano da soli e nella paura.

Ma i miliziani sono arrivati in questo nuovo villaggio e ne controllano ora tutte le sue entrate. Ho sperimentato il senso della prigionia e la confusione: dove andare? Mentre cercavo di raggiungerlo mi sono trovato sulla linea di fuoco tra Esercito libero e governativi mentre le bombe cadevano dappertutto. Non si poteva uscire e non c'era nessun mezzo di trasporto. Sono rimasto per cinque giorni in una casa con due famiglie senza elettricità, acqua e cibo. Abbiamo solo pregato e chiesto la misericordia del Signore attendendo ad ogni minuto la morte.

Sì, è una prova dura, durissima. Questa è la croce in tutte le sue sfaccettature Abbiamo cercato di uscire ma non riuscivamo. Quando abbiamo deciso di partire, al mattino, ci siamo incamminati a piedi per uscire dal villaggio andando verso l’entrata, a tre chilometri da dove eravamo. Ho pregato e ho chiesto al Signore una traversata sicura, anche perché sapevamo che lungo la strada ci sono i cecchini e alla fine dovevamo approfittare anche il posto di blocco delle milizie siriane. Ne abbiamo visti tanti lungo il cammino, ma al posto di blocco non c’era nessuno.

Abbiamo proseguito il cammino per altri sei chilometri fino a raggiungere il primo villaggio nella zona.

È stata una traversata col Signore. Ho capito come tutto è vanità e come le cose servono a nulla e che solo il Signore è il nostro unico bene in questa vita e che tutto il resto non ci serve. Quanto ci manca la fede, il servizio e la donazione di noi stessi per gli altri! Quanto è bello donare noi stessi! Lo dico soprattutto a noi Pastori per non lasciare il gregge nelle mani dei lupi come purtroppo alcuni fanno».

Domenica scorsa padre Louis è ritornato col vescovo a Qara per vedere che cosa era rimasto della chiesa. L’hanno trovata saccheggiata ma ancora in piedi. Ci confidava che la forte esperienza vissuta con Dio nei giorni precedenti l’aveva preparato a questo ritorno, alleviando in certo modo il dolore di fronte alla distruzione, «perché anche la chiesa di Dio non è che Dio, il solo che non muore e che ci aspetta, nel presente che abbiamo tra le mani, perché collaboriamo con Lui  affinché l’alba della pace si avvicini».

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