Diario dalla Siria/10

Si piangono morti da ambedue le fazioni in guerra. Nella città universitaria di Damasco, un camion con 500 chili di esplosivo è stato fermato all'ingresso: si è evitata una strage. La città di Salamiye che si è rifiutata di accogliere l'esercito di liberazione viene bombardata dal villaggio vicino, consegnato ai liberatori
Siria conflitto

«Nella guerra c’è chi si arricchisce e chi la paga alla grande, ancora oggi in chiesa durante la preghiera per i defunti si ricordano i militari caduti appartenenti alla parrocchia che, come quelli dell’Esercito libero, vengono chiamati “martiri”. Alle porte delle chiese si trovano tanti necrologi con foto dei defunti. Una mi colpisce: padre e madre con due figli già grandi. Chiedo chi sono. Sono stati massacrati circa tre settimane fa sulla strada verso Tartous. Ricordo la loro storia, impressionante. Il padre e i figli sono stati sgozzati e poi fatti a pezzi, la madre freddata con un colpo alla testa. Chi mi aveva riferito quel fatto l’aveva presentato tacitamente come un segnale di un attacco ai cristiani secondo un allucinante rituale. Mi dicono però ora che non si tratta di odio confessionale ma di un attacco al regime: il padre era infatti un ingegnere molto qualificato della ricerca scientifica, che si occupava anche della produzione di armi. Un’amica mi racconta che vicino a casa sua c’è un centro della polizia dove arriva ogni giorno almeno un camion di prigionieri che vengono poi inviati nei penitenziari fuori città. Penso subito al loro trattamento, come sarà? Oggi poi una notizia-choc, riferitami da due giovani amici entrambi studenti universitari. Un camion venuto a caricare le immondizie è stato fermato mentre entrava nella città universitaria. I guardiani sono stati insospettiti dal fatto che un altro camion era appena uscito a lavoro concluso. Al suo interno c’erano 500 kg di esplosivo, sufficiente per fare una strage dalle proporzioni inaudite. Penso subito alla Madonna, Madre di tutti, che forse ha messo la mano per evitare un'altra tragedia.

«Anche a Salamiye c’è stato oggi un attentato che doveva colpire l’ospedale del governo. Non è riuscito pienamente ma ci sono state almeno 30 vittime. La tv ne fa vedere le immagini. La storia di Salamiye, sull’asse stradale tra Hama ed Aleppo, è singolare ma non unica. È un villaggio sunnita che non ha voluto accogliere l’Esercito libero, per questo si trova a subirne gli attacchi che arrivano da un altro villaggio, pure sunnita, che ha aperto invece le porte allo stesso esercito. I giovani naturalmente ci fanno le spese per primi, soprattutto se sono in età di servizio militare o ancora arruolati. Un giovane professore da quattro mesi non può tornare nel suo villaggio, a maggioranza musulmana, perché rischierebbe di essere rapito, essendo ancora arruolato. Lo stesso capita però ai suoi colleghi sunniti, basta essere dell’esercito regolare per trovarsi in pericolo. Uno dei due studenti incontrati riceve la notizia del ferimento gravissimo di un ex-collega del servizio militare: “Doveva essere rilasciato come me già un anno fa ma l’hanno tenuto perché ce n’era bisogno”, commenta. Un altro nella sua lista di morti e feriti: giovani amici delle due parti, dell’esercito regolare e di quello libero».

Gio

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