Diario dalla Siria/ 61

L’accordo sul cessate il fuoco raggiunto a Monaco dal ministro degli esteri russo e dal segretario di stato americano, non ha però disarmato i combattenti. Le voci di chi vive nei quartieri sotto assedio di Aleppo  
Aleppo
Sono tornato ad Aleppo, dopo alcuni giorni ad Homs, dove mi sono incontrato con i pochi cristiani rimasti. Si continua a fuggire, a scappare dai bombardamenti e dalla desolazione. Il Canada sta facilitando le procedure e i tempi di ingresso e in tanti fanno le valigie con le poche cose rimaste per salvare almeno la vita e questo anche in tante altre città.
L’esodo dei cristiani è una grande perdita per tutto il Paese e per tutta l’area mediorientale. In tanti si stanno ammassando al confine con la Turchia e sperano di passare pur consapevoli dei blocchi, ma per vivere si prova di tutto.
Ad Aleppo mi aspetta la guerra nel suo pieno svolgersi. A nord della città si sentono i bombardamenti fortissimi e l’esercito siriano avanza e metro dopo metro e prova a riconquistare il suo territorio, tagliando le vie di accesso degli estremisti ai quartieri in centro. E in risposta all’avanzata piovono bombe sui nostri quartieri: è la nostra pioggia di fuoco quotidiana. Anche i bambini riconoscono dal suono i razzi e gli altri ordigni. I civili fuggono dai luoghi più violenti di scontro e muoiono, continuano a morire. Che Dio perdoni questi assassinii, che perdoni noi uomini che imbracciamo senza pietà queste armi.
A Damasco la situazione sembra più stabile, ma la vera minaccia sono gli attentati improvvisi che hanno preso di mira soprattutto i quartieri dove vivono in maggioranza sciiti. Ancora una volta sono sempre i civili a pagare il prezzo più alto. Assieme alla distruzione si insegue la normalità: scuole e negozi provano ad aprire pur tra le macerie o nelle strade ancora intatte. Ma niente in Siria è più normale da cinque anni.
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