Diario dalla Siria /57

Un sacerdote siciliano in visita a Damasco ha trovato una comunità cristiana non arresa o sconfitta, nonostante i bombardamenti e le distruzioni. Come ai primi tempi della Chiesa, il Vangelo diventa l’arma per resistere e costruire pace
Libano. Veglia di preghiera per la Siria

Don Corrado insegna Teologia morale a Catania. Tra i banchi dell’Istituto teologico ha incontrato una studentessa giordana che ha fatto della Siria la sua patria. Quest’incontro ha creato un ponte tra la parrocchia di don Corrado a Modica e Damasco.

La studentessa arrivata nella capitale siriana ha sviluppato i rapporti con i giovani e gli adulti della comunità siciliana attraverso skype, lettere, incontri mentre le messe, le veglie di preghiera, una raccolta fondi hanno cementato questo sentirsi un’unica chiesa. La prima settimana di febbraio, proprio quella più cruenta per Damasco per i tanti bombardamenti, don Corrado ha vissuto con le varie comunità cristiane presenti in città. Ha incontrato famiglie che avevano perso i figli, giovani, religiosi e religiose, membri della chiesa melchita. Riportiamo stralci della lettera scritta ai «fratelli siriani» appena tornato in Italia: una testimonianza intensa e piena di fiducia nel futuro di questa chiesa martoriata.

«Dopo i giorni trascorsi a Damasco sento di rendere grazie al Signore per la testimonianza della vostra fede che si è fatta fraterna e gioiosa accoglienza.

Ripensando a quei giorni di grazia mi vengono in mente le parole del libro degli Atti: «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere… Ogni giorno tutti insieme spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore» (At 2, 42).  

In un paese come la Siria dove oggi tutto potrebbe dire conflitto, separazione, distruzione, tristezza e assenza di Dio, la vostra presenza è un germe di comunione e di gioia; è segno della compagnia di Dio che continua a costruire la città degli uomini nel bene e nella pace.

Sì così ho percepito e vissuto la vostra forza d’animo, la vostra generosità, la vostra condivisione, la vostra gioia, la vostra instancabile creatività. Mentre sentivo il rumore delle bombe che seminano distruzione, paura e morte, percepivo forte e gagliarda, costruttiva e speranzosa, vittoriosa contro il male, quella vostra gioia che si è fatta canto, preghiera, convivialità, amicizia, visita, allegra presenza per le vie della pur sempre bella Damasco.

Siete lievito del Regno che fruttifica silenziosamente. Anch’io nelle comunità cristiane di Damasco ho trovato un riparo di carità, forza ed energia di fede e di speranza. I volti di ognuno, – che bei volti i vostri! – le strade percorse, le case e le chiese visitate, sono rimaste impresse nel mio cuore e nella mia mente. Nelle persone abbracciate e nelle mani strette ho incontrato una Chiesa viva, che non resiste solamente, nonostante le enormi difficoltà, ma che testimonia con audacia il Signore crocifisso e risorto. Ho incontrato le membra preziose dell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa. Ho trovato i miei fratelli. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. «Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui», scriveva Paolo ai Corinzi.

Non siete soli. È con voi il Risorto che continua ad avere una predilezione per Damasco dove incessantemente, come una volta fece con Paolo di Tarso, chiama nuovi, coraggiosi discepoli».

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