Diario dalla Siria/ 47

I siriani sono persone generose, pronte a dare anche quel poco che hanno. Non si smentiscono neanche in questa guerra che miete vittime innocenti tra medici accorsi a soccorrere e insegnanti che provano a conquistare briciole di normalità
Attentati in Siria

I siriani sono persone generose, pronte a dare anche quel poco che hanno. Non si smentiscono neanche in questa guerra. Quante volte ci sentiamo ripetere, di fronte ad un aiuto offerto con semplicità e umiltà, come a fratelli veri: “Ma sei sicura che non ci sia qualcuno che ne ha più bisogno?” Me l’ha detto anche Liza, aggiungendo:  È la prima volta che la mia famiglia si trova ad accettare un aiuto, ma ho imparato con voi che dare un aiuto o riceverlo è la stessa cosa, è sempre un dono, perché si dà sempre, anche le proprie necessità”.

Anche ad Aleppo si continua a offrire aiuto e un sostegno diventato indispensabile soprattutto ora che il freddo pungente è arrivato e nei giardini non mancano persone senza tetto. Ma si continua anche a morire per i colpi di mortaio e a sentirsi miracolati per le volte in cui si è riusciti a scamparla. Come è successo ad Antoinette, che lavorava come insegnante. Doveva essere su quell’autobus che riporta ogni giorno a casa i bambini, ma il marito a settembre ha preferito che lasciasse questo lavoro, vista la pericolosità di certi quartieri e l’obbligo da parte della direzione di accompagnare ogni giorno gli alunni a casa. Una settimana fa la sua giovane collega stava facendo il solito giro, un cecchino l’ha freddata con un colpo alla testa davanti ai bambini. Sono i drammi di questa guerra, che lasciano le persone sgomente.

Anche a Damasco si vivono momenti drammatici, tra alti e bassi, ma con una persistente paura per i colpi di mortaio che sono caduti come pioggia su vari quartieri e che seminano morte. Si parla di almeno settecento colpi sulla periferia e sulla città nel solo mese di novembre.

Una caratteristica dolorosa in tutto il Paese sono i funerali, tanti, troppi, accompagnati a volte da spari per inneggiare a quello che si considera un martire. Come quel farmacista che ha voluto andare a Deir Atiyeh, uno dei posti più caldi sull’asse Homs-Damasco, dove sono entrati miliziani anche nell’ospedale pubblico e hanno freddato cinque medici e ferito infermieri e malati, controllando per giorni tutte le vie d’accesso alla cittadina. Ha voluto andare a dare una mano. É tornato in una bara, accompagnato da un corteo di amici che inneggiavano a lui come si inneggia allo sposo da queste parti. Questo è l'assurdo della guerra.

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