Diario dalla Siria /4

Si sfidano i cecchini per andare a trovare gli amici e dare alla vita un'impronta di normalità mentre gli attentati e i passaggi degli aerei generano nuova morte e distruzione
Un siriano osserva la sua casa distrutta ad Aleppo

«Scendendo oggi nella città vecchia per pulire la casa, ben equipaggiate di maglioni per ripararci dal freddo, ci accordiamo prima di cominciare il lavoro, per dargli insieme un senso: «Offriamo tutto per la pace, per l’unità». Nel pomeriggio suona il campanello, scendiamo ad aprire: sono due giovani venute a portarci un po’ di dolci (quei buoni dolci arabi che ben conosciamo!) ed aiutarci per un’oretta, prima di rincasare dal lavoro in uno dei quartieri vicino alla strada dell’aeroporto più presi di mira dagli attacchi. Ci raccontano: «Ci siamo svegliate con l’animo terribilmente triste e abbiamo visto da un sms che anche per Suhair era la stessa cosa. Poi siamo venute da voi e appena arrivate davanti alla porta ogni senso di tristezza è passato, ci siamo sentite rinate!».

Da stamattina dalla periferia della capitale i colpi di cannone e di mortaio e il passaggio degli aerei si fanno di nuovo ricorrenti ma non continui. La città vive nella continua paura di attentati ma la gente non vuole arrendersi, esce per il lavoro e per gli studi, per andare a pregare.  Anche oggi c’è stato un attentato, non molto distante, nel quartiere di Maha. «Perché queste assurdità?” La risposta non è scontata, ogni volta bisogna pescarla dentro, in fondo al cuore, alla mente, dove risuona ben chiaro quel grido indicibile di Gesù sulla croce: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». E a volte, si riesce solo a ripetere: «Nelle Tue mani, Padre, riaffido il mio spirito».

Gio

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