Diario dalla Siria /2

Un’altra pagina scritta da amici del Movimento dei Focolari che dopo due mesi di permanenza in Libano sono riusciti a rientrare in territorio siriano. «La politica internazionale sembra lontana mille miglia dalla sofferenza della gente, come non esistesse. I siriani sono stremati»
aleppo siria

«Ventidue mesi costellati da dolori indicibili e innumerevoli, che lasciano il segno. Così ritroviamo la nostra Siria e il nostro popolo. Passiamo la frontiera libanese, dopo un viaggio agevole lungo le strade di montagna, da poco praticabili per la neve caduta abbondante nei giorni passati e che ritroviamo anche lungo l’ampia strada che scende in direzione di Damasco. Si respira nell’aria un senso di profonda inquietudine, nonostante il cielo azzurro sembri volerci accogliere in modo rassicurante e il fare della polizia di frontiera sia, come sempre, cordiale.

«I controlli ai posti di blocco sono accurati, ne incontriamo più di uno tra la frontiera e la periferia della capitale prima di arrivare nel quartiere dove abita una famiglia, che ci accoglierà nei prossimi giorni, finché il piccolo alloggio messoci generosamente a disposizione dalla Chiesa locale non sarà pronto. Non siamo ancora arrivati e già i cellulari cominciano a suonare o ricevere sms, sono i nostri amici che da Aleppo, da Hama, da Damasco vogliono darci il “bentornati”. La gioia è profonda, per tutti, una gioia contenuta, che sa di trepidazione per un futuro che nessuno sa preventivare. Dalla periferia i rumori dei colpi di mortaio e di cannone sono rari. "Sicuramente perché siete arrivate voi!", ci dicono come a farci sentire, se mai avessimo bisogno di conferma, quanto siano felici del nostro arrivo.

«Le notizie alla tv sono poco incoraggianti, parlando con uno degli amici si capisce meglio l’ampiezza del gioco che si sta vivendo sulla pelle della gente. Un gioco preparato da anni, che intende stravolgere l’assetto del Medioriente e di fronte al quale ci si sente piccoli e impotenti. La politica internazionale e regionale pare lontana mille miglia dalla sofferenza della gente, come se non venisse presa in considerazione. E la gente è stanca. Da Aleppo ci raccontano in poche frasi al telefono (che miracolosamente funziona!), delle continue privazioni, del freddo pungente, dell’acqua e dell’elettricità che mancano, del pane raro o a prezzo esorbitante, dei ricatti e rapimenti a scopo di lucro in una città che era il centro industriale e commerciale del Paese. Parlano della morte sempre alle porte e dell’aiuto provvidente di Dio. Sono stremati. Vorremmo essere da loro, subito, ma l’insicurezza delle strade, al momento, non lo consente. Dio è con loro e li protegge, ne siamo sicure. Ogni telefonata è un’occasione per rinnovare a tutti i costi la fede nell’amore di Dio anche se tutto intorno vorrebbe farcene dubitare».

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