Diamo un volto alla speranza

Città Nuova non si rassegna a sfiducia, rassegnazione, rabbia e scoramento. Nel numero di marzo tante iniziative, testimonianze, progetti che continuano a puntare, caparbiamente, sulla speranza. Da Città Nuova n. 3/2023

Sfiducia, rassegnazione, rabbia, scoramento… Sono questi i sentimenti se non prevalenti, quantomeno diffusi fra le persone che conosciamo e che allignano forse anche dentro di noi che viviamo in questo mondo così complicato, dove la luce è spesso in fondo a tunnel molto molto lunghi. Non serve fare l’elenco delle cose che non vanno in ambito personale, familiare, lavorativo, sociale, economico, politico, a livello nazionale e internazionale. Ce ne sarebbe quanto basta per gettare la spugna e pensare «tanto è tutto inutile».

Avrebbero potuto pensare così i soccorritori che per lunghi, interminabili giorni hanno continuato a scavare con tutti i mezzi possibili – e, in assenza di mezzi, anche a mani nude – in Siria e Turchia dopo il devastante terremoto degli inizi di febbraio. Di fronte a quelle terribili immagini di morte, come fare ad avere la speranza di trovare ancora qualcuno vivo? Eppure è stato un continuo ripetersi del miracolo della vita che, quasi inspiegabilmente, vince la sfida con la morte. Quei bambini – soprattutto –, ritrovati sotto le macerie a distanza di giorni dal sisma, sono il più bel manifesto della speranza dei nostri tormentati tempi.

Hanno il volto della speranza tante delle iniziative, testimonianze, progetti che raccontiamo nelle pagine seguenti. Come la nascita di un ente no profit per produrre farmaci per le malattie rare, o l’impegno a fianco delle famiglie numerose; la capacità di fare da “salvagente” alle giovani generazioni come quella di dialogare fra persone di religioni diverse oltre ogni pregiudizio; la possibilità di creare occupazione attraverso scelte verdi e l’impegno decennale per l’integrazione. Dà speranza il saper superare un grande dolore personale e dar vita a un progetto di coccole per bambini; puntare a formare comunità educanti e città accoglienti. Come non trovare scintille di speranza nella storia di personaggi che hanno dato persino la vita per il proprio popolo?

Per chi crede, infine, la speranza può assumere il volto di Dio che cammina con noi fino a darci pace e gioia. Così confida Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari di cui il 14 marzo ricordiamo il quindicesimo anniversario della dipartita. Lo fa in una pagina del suo diario del ’67 (vedi pag. 50-51).  Un testo inedito che apre una serie di scritti mai pubblicati e che ospiteremo sulle pagine del nostro giornale a partire, appunto, da questo numero.

E tu, quale volto dai alla speranza?

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