Dialogo tra Matisse e Bonnard
L’amicizia è un dono prezioso. Per questo raro e non facile. Anche fra gli artisti. Eppure, Matisse e Bonnard, uomini indipendenti, liberi dalla mondanità, amanti della vita ritirata, dal 1925 alla morte di Bonnard nel 1947, intessono una corrispondenza fitta, che apre una veduta sui loro pensieri più riposti prima che sulla luce della loro pittura. Si possono così osservare due cammini paralleli: senza imitazioni reciproche, dicono – è questa la meraviglia – il loro immenso amore per l’arte. Rispondendosi a vicenda. Se Bonnard arriva all’universale tramite il particolare, Matisse raggiunge d’impeto l’universale che poi ci riporta al particolare. Innamorati della luce, la lasciano libera di creare lo spazio, le forme, il colore; eludendo di proposito la profondità o il miraggio cubista, nelle loro superfici piatte evocano un mondo bidimensionale che prende la mente e l’immaginazione per la sua immediatezza. Essi credono alla forza e alla verità della pittura, di per sé, e si disinteressano dell’approvazione o meno dei contemporanei. Trattano, soprattutto dopo che entrambi – per vie differenti – si trasferiscono nel sud della Francia, i medesimi temi: la natura, le cose quotidiane, il corpo femminile. Dal confronto con il modo diverso con cui trattano questi soggetti emerge un discorso che li rende l’uno complementare all’altro: il dialogo scritto nelle lettere passa poi, anzi continua, nelle loro opere. Nelle rassegna, emergono due corpi di donne. Per Matisse il corpo è una sintesi di linee con vampate di colore e nervosi accenni decorativi; Bonnard gli risponde con forme irrorate di sole, riflesse in uno specchio indistinto. Il primo precisa il soggetto con una linea spezzata, il secondo lo avvolge di un’aria dorata. Così, la donna per Matisse è decisa e forte, per Bonnard è una persona che gradualmente ti accoglie. Succede la medesima esperienza osservando le loro nature. C’è un Interno a Nizza di Matisse (1922): la finestra spalancata sul mare, un vaso di fiori sul tavolo. Colore e linea sono un musica essenziale, affascinante: vedere la tela è già esser dentro la stanza. Di cui poi scopriremo la peculiare bellezza degli oggetti. Ecco Il balcone a Vernonnet, di Bonnard (1920-33): le pennellate accostate, fitte di colori delicati che si richiamano l’uno sull’altro evocano una natura che si va scoprendo con lentezza: l’occhio penetra man mano a individuare meli fioriti, erbe, fiori, una figura umana. Un incanto introdotto adagio. Sono due stili diversi, ma non due mondi inconciliabili. Li unisce infatti l’amore per la pennellata in sé, per il senso tattile del colore inondato di luce che, in definitiva, non è che trasferisca la vita dell’esterno sulla tela o sulla carta. Matisse e Bonnard non sono illustratori. Ma, semplicemente, ricreatori della vita. Nei volti ritratti da entrambi, infatti, è essa, nel suo sentimento più immediato e profondo, che si rivela.