Dialogo interreligioso, un’esigenza non più rinviabile

Una strada da fare insieme che richiede impegno, costanza, disponibilità a mettersi in discussione e capacità di mediare cercando ciò che unisce rispetto a ciò che divide. Questo il tema dell’appuntamento del sabato mattina di Loppianolab 2016
Loppianolab 2016

Il dialogo fra le religioni è un percorso né facile né breve, una strada da fare insieme che richiede impegno, costanza, disponibilità a mettersi in discussione e capacità di mediare cercando ciò che unisce rispetto a ciò che divide. Non si riduce a pochi incontri ma investe l’esperienza di vita dell’individuo in senso più ampio, punta a creare rapporti di fiducia, stima e fratellanza passando per una conoscenza reciproca che sia veritiera e libera dai pregiudizi, e per la condivisione di esperienze volte al bene comune. Il dialogo interreligioso è un’opera di “costruzione”, talvolta faticosa ma necessaria, uno strumento prezioso per promuovere l’integrazione fra persone di fedi diverse. Un’esigenza non più rinviabile, anche a fronte dell’intensificarsi del fenomeno delle migrazioni e dopo gli attentati terroristici nel cuore l’Europa, che hanno rafforzato il pregiudizio verso l’Islam. La buona notizia è che questo dialogo è già realtà in molte città d’Italia, un obiettivo a cui tendere e insieme un’esperienza concreta e vivificante. 

 

Su questi temi si è sviluppato stamani l’incontro dal titolo “Le ricchezze dell’Islam all’italiana”, uno dei laboratori presenti in questa VII edizione di Loppiano Lab, in corso fino a domani presso il centro internazionale di Loppiano (FI) e promosso da Città Nuova con l’Istituto Universitario Sophia e il Polo per l’Economia di Comunione “Lionello Bonfanti”. 

 

Uno spazio dedicato al dialogo islamo-cristiano che si è aperto con le testimonianze di giovani cristiani impegnati in percorsi di amicizia con i coetanei musulmani e per una politica più attenta al tema dell’integrazione. Poi l’esperienza di chi il dialogo lo ha sperimentato nei contesti di guerra, dove la condivisione investe esigenze di vita primarie, dal cibo al vestiario, e si traduce anche nel sostegno ai poveri e a chi rimane senza casa o lavoro, o in momenti di preghiera comune, ove possibile. Quindi la storia del Centro Internazionale Giorgio La Pira che da 35 anni, a Firenze, è al servizio degli studenti stranieri e che oggi si presenta come un laboratorio di educazione alla pace e un modello di convivenza.  

 

Testimonianze su cui si è sviluppata la riflessione di esperti nel dialogo di fede cristiana e musulmana. Fra questi, la teologa iraniana Shahrzad Houshmand, docente di studi islamici a Roma, che ha illustrato alcuni punti di contatto fra il Corano e il Vangelo: «Gesù nel Corano non è una figura marginale ma luminosa – ha spiegato –, è definito come spirito, verbo di Dio, e la parola spirito non è usata nel Corano se non per lui. Gesù nel Corano è colui che è benedetto ovunque sia». Di fronte alle diffuse resistenze al dialogo, la teologa ha invitato ad abbandonare la paura della “contaminazione”, di perdere la propria identità, perché chi si chiude sulle proprie posizioni perde la ricchezza della diversità. Inoltre – ha aggiunto – l’espressione “Allah akbar” non significa, come si crede, “Dio è grande”, ma ha valore superlativo e significa che “Dio è sempre più grande”, dunque inarrivabile per chiunque. Ma se nessuno può afferrare la verità – ha concluso –allora nessuno ne è pieno detentore, mentre insieme possiamo avvicinarci.

 

Parlando delle difficoltà dell’integrazione, l’imam di Firenze e Presidente delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII) Izzedin Elzir ha invitato a pensare a un modello italiano originale, fondato non sulla mera coesistenza ma sull’interazione, sulla condivisione e collaborazione. Circa il ruolo della comunicazione, Elzir ha affermato che «la libertà d’espressione non ha limiti ma richiede responsabilità», da parte dei giornalisti, degli editori e del pubblico: è quest’ultimo che decide quale giornale, titolo o trasmissione premiare. Le vignette di Charlie Hebdo su Maometto – ha osservato –non sono informazione ma un atto irrispettoso verso tutti i musulmani, come lo sono quelle sul terremoto di Amatrice per gli italiani.

 

Un invito a puntare sull’educazione dei giovani è venuto dal trentenne Brahim Baya, torinese di origini marocchine, portavoce dell’Associazione islamica delle Alpi, che ha raccontato l’esperienza dei giovani musulmani di Andria che nel periodo delle festività natalizie, per la coincidenza con una festa islamica, sono scesi in piazza con i ragazzi del movimento dei Focolari di Torino, distribuendo volantini con i punti di contatto fra cristianesimo e islam. Baya ha rimarcato il grande contributo al dialogo interreligioso offerto da papa Francesco, che «sta facendo un’opera mastodontica, perché evidenzia che il dialogo fra i vertici diventa sterile se poi non si traduce nel dialogo alla base».

 

Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova e autore di numerose pubblicazioni sul dialogo islamo-cristiano – fra cui il volume “L’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani”, pubblicato da Città Nuova –ha ricordato che per i cristiani l’essere in relazione con gli altri è fondante: proprio perché credono in un Dio uno e trino che è in sé relazione, i cristiani «hanno il dialogo nel Dna». Quindi Zanzucchi ha proposto una panoramica delle tante “dimensioni” del dialogo: quello fra leader religiosi, quello fra professionisti, il dialogo fra accademici, quello della vita fra persone di fedi diverse e anche quello fra persone dello stesso credo. Ambiti molteplici che offrono altrettanti percorsi di fratellanza.

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