Dialogo interreligioso e annuncio
Paolo VI
Si intensificarono anche gli incontri e gli scambi di visite e di esperienza, già iniziati prima del Concilio, tra monaci cristiani e monaci buddhisti. Dall’Occidente si comincia ad andare in Oriente, in ambiente indù e buddhista e dall’Oriente
Grazie anche a questi numerosi contatti con le diverse religioni, Paolo VI, nel 1975, nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, parla della stima e del rispetto della Chiesa per le religioni non cristiane, in quanto “espressione viva dell’anima di vasti gruppi umani. Esse – continua il Papa – portano in sé l’eco di millenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine di cuore. Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi. Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare. Sono tutte cosparse di innumerevoli ‘germi del Verbo’”; nello stesso tempo il Papa ricorda come “né il rispetto e la stima verso queste religioni, né la complessità dei problemi sollevati sono per
Giovanni Paolo II
Il nuovo Papa,
Accanto alle cosiddette grandi religioni storiche,
Ma il grande evento che rimarrà come icona dell’apertura di
Il cambio del nome al “Segretariato per i Non Cristiani”, che avverrà poco dopo, nel 1988, non è senza significato: si chiamerà “Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso”. Il dialogo è ormai una parola entrata a far parte del patrimonio della vita della Chiesa.
Sul sito vaticano del Dialogo Interreligioso si dice che esso “è impostato su un sistema di duplice comunicazione. Esso implica il parlare e l’ascoltare, il dare ed il ricevere, per il mutuo sviluppo e arricchimento. Si tratta di un dialogo che è testimonianza della propria fede ma, nello stesso tempo, un’apertura verso quella degli altri. Non è un tradimento della missione della Chiesa, e neppure un nuovo metodo di conversione alla Cristianità”.
I documenti del Magistero
Dialogo e Missione riafferma i principi del Concilio sulla positività delle religioni, che stanno alla base della possibilità del dialogo. Vi si legge: “In Dio noi contempliamo un amore preveniente senza confini di spazio e di tempo. L’universo e la storia sono ricolmi dei suoi doni. Ogni realtà e ogni evento sono avvolti dal suo amore…
Nella Redemptoris missio il Papa va più avanti ancora, scrivendo che lo Spirito Santo “opera oltre i confini visibili del Corpo mistico” (n. 16). I confini ultimi della Chiesa sono infatti quelli dove Cristo si fa presente: “ogni uomo senza eccezione alcuna è stato redento da Cristo, e con l’uomo, con ciascun uomo senza eccezione, Cristo è in qualche modo unito, anche quando quell’uomo non è di ciò consapevole. Cristo per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo – ad ogni uomo e a tutti gli uomini – luce e forza per rispondere alla suprema sua vocazione” (n. 14).
In Dialogo e Annuncio una ulteriore novità, anche rispetto al Concilio: nelle religioni si riconosce non soltanto la presenza di valori positivi e elementi di verità e di grazia, ma anche la presenza attiva del Regno di Dio, che va al di là dei confini della Chiesa: “la realtà incoativa [ = nel suo inizio] di questo Regno si può trovare anche oltre i confini della Chiesa” (n. 35).
Questo stesso documento, ai nn. 8-10, richiama e precisa i tre termini:
– evangelizzazione: riguarda la missione della Chiesa nel suo insieme, ossia – e qui si richiama l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI – “portare la buona novella in tutti gli strati dell’umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa”;
– dialogo: “l’insieme dei rapporti interreligiosi, positivi e costruttivi, con persone e comunità di altre fedi per una mutua conoscenza e un reciproco arricchimento” – citazione del documento Dialogo e missione;
– annuncio: “è la comunicazione del messaggio evangelico… È un invito a un impegno di fede in Gesù Cristo, un invito a entrare mediante il battesimo nella comunità dei credenti che è
Dialogo e annuncio sono due espressioni della stessa missione evangelizzatrice della Chiesa. Del dialogo in particolare si riconosce che esso “fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa”, e che “non nasce da tattica o da interesse, ma è un’attività che ha proprie motivazioni, esigenze, dignità: è richiesto dal profondo rispetto per tutto ciò che nell’uomo ha operato lo Spirito, che soffia dove vuole” (RM, 55).
Esso non è una semplice preparazione al compito di proclamare o annunciare Gesù Cristo e di invitare le persone a divenire membri della Chiesa attraverso il battesimo. Esso ha lo scopo di far sì che le persone di diverse religioni possano vivere in armonia e pace, si comprendano meglio fra loro, lavorino insieme a favore dell’umanità e si uniscano gli uni gli altri per rispondere alla chiamata di Dio, nella ricerca della Verità.
Come vivere il dialogo?
Perché questa reciprocità porti frutto occorre apertura all’altro, senza pregiudizi, e insieme identità propria; che ognuno mantenga salda l’adesione alla verità delle rispettive convinzioni. Padre Zago diceva: “Più ci si apre e più le proprie radici devono essere profonde e larghe, come l’albero più alto e con una più grande chioma ha bisogno di radici più profonde e più estese”[2].
La consapevolezza della propria identità, come ha spiegato
Già il Concilio Vaticano II ricordava che lo scambio del dialogo “avviene allo scopo di aiutarci vicendevolmente nella ricerca” e “gli uni rivelano agli altri la verità che hanno scoperto o che ritengono di aver scoperto” (DH, 2). E il documento Dialogo e missione: “i cristiani incontrano i seguaci di altre tradizioni religiose per camminare insieme verso la verità” (n. 13). La verità ci trascende costantemente. Più che possederla, siamo da essa posseduti e sempre ci dischiude nuove profondità.
Dal dialogo sincero, afferma Dialogo e annuncio, scaturisce una maggiore luce proprio per la comprensione della nostra stessa fede: “La pienezza della verità ricevuta in Gesù Cristo non dà ai singoli cristiani la garanzia di aver assimilato pienamente tale verità. In ultima analisi, la verità non è qualcosa che possediamo, ma una persona da cui dobbiamo lasciarci possedere. Si tratta di un processo senza fine” (n. 49). Incontrare l’altro per renderlo più se stesso e per diventare più se stessi.
Mons. Rossano, segretario del Pontificio consiglio, arrivava a scrivere che forse “l’economia cristiana non sarà conosciuta e sviluppata in tutte le sue virtualità fino a quando non sarà stata pensata, interpretata, vissuta nelle categorie religiose di tutti i popoli. Parallelamente si può ritenere che, a contatto di essa, le tradizioni religiose dei popoli avranno la possibilità di sollevare ed esprimere il meglio di quello che portano in seno”[4].
A sua volta l’apporto della nostra Chiesa può essere sempre più determinante per salvaguardare gli stessi valori delle altre religioni.
Perché questo sbocciare pieno della Verità? Perché nell’unità tra le persone si fa presente
Come attuare l’annuncio?
Proprio perché il dialogo è reciprocità di dono e di accoglienza esso implica l’annuncio, nel quale “il processo dinamico della missione evangelizzatrice della Chiesa raggiunge il suo culmine e la sua pienezza” (DA, 82).
Come attuare l’annuncio? Cerco di dirlo attraverso l’esperienza dell’incontro con il reverendo Nissho Takeuchi della Nichiren-shu, una delle molteplici correnti del buddismo giapponese.
L’abbiamo incontrato in tutti i simposi organizzati dal Movimento dei Focolari, lo abbiamo aiutato nel suo lavoro, i membri del
Quando siamo stati in Giappone per il simposio buddhista-cristiano, siamo andati a trovarlo nel tempio moderno che ha costruito a Osaka, là dove un tempo sorgevano le industrie belliche; un luogo nel quale i ripetuti bombardamenti durante
Ci accoglie con molto calore e molti inchini. Ci introduce nel tempio acceso da colori vivaci tra cui predomina il rosso e l’oro dei legni laccati. Con l’assistenza di due sue discepole prega solennemente accompagnato dal suono del gong e dei sistri. Avverto tutta la sacralità e il peso di una tradizione millenaria, nata ben prima dell’avvento di Cristo. Anche più tardi, nella permanenza in Giappone, mi trovo davanti a monaci di grande levatura morale. E da buon Missionario Oblato di Maria Immacolata mi domando: In questi ambienti, come in quelli indù o musulmani, è possibile annunciare il Vangelo? In Giappone i cristiani non sono neppure mezzo milione, in una popolazione di 127 milioni. Possiamo dire che
Lascio cadere gli interrogativi e, dopo un intenso pomeriggio di dialogo, Nissho Takeuchi ci conduce in un albergo d’alta classe nel cuore della città, dove ogni mese introduce nella tecnica di rapporti umani autentici centinaia di dirigenti di azienda e uomini di affari provenienti da tutto il Giappone. Prima di cena una passeggiata nell’antico giardino tradizionale della meditazione, con steli, rocce, laghetto, bonsai… La cena, imbandita in una sala tutta per noi, a base di pesce crudo, secondo la più pura arte culinaria giapponese, è impreziosita dal clima creato dalla musica di sottofondo, dalla disposizione delle orchidee, dagli stessi camerieri e cameriere in alta uniforme…
Arriva il momento propizio nel quale domandargli: “Perché non ci racconta della sua vocazione monastica?”. Il reverendo Takeuchi sembra colto di sorpresa, forse nessuno glielo ha
L’unità, costruita nei precedenti incontri, porta i suoi frutti.
Abbiamo terminato da tempo di mangiare, ma nessuno si muove. I camerieri hanno fatto tacere la musica e, assieme ai segretari, stanno lì immobili ad ascoltare. Su molti volti vedo scendere le lacrime. È normale, per noi che raccontiamo le nostre storie, citare costantemente parole e fatti di Gesù. Mai, come in quell’ambiente buddista, mi rendo conto di quanto le nostre vite cristiane siano impregnate di Vangelo. Ed il Vangelo fluisce limpido da ogni nostro racconto. Dall’altra parte non c’è nessuna barriera, nessuna resistenza, nessun pregiudizio. Le parole di Gesù vengono bevute con naturalezza e penetrano. Si sperimenta quella presenza di Dio tra noi di cui
Abbiamo evangelizzato? Sì. Non ce l’eravamo prefisso. Eravamo stati semplicemente a restituire la visita ad un amico. Ci eravamo interessati a lui, al suo tempio, al suo lavoro, al suo mondo. Ora egli aveva voluto sapere di noi. E gli abbiamo raccontato di noi, della nostra vita di cristiani, che non può non essere evangelica. Così il Vangelo è passato ed è stato accolto: un Vangelo annunciato con la vita.
“Farsi uno”
Il nostro dialogo nasce proprio dal “farsi uno” dell’amore, dall’ascolto sincero, dal saper posporre quanto si possiede per accogliere veramente l’altro, “capirlo”, ossia prenderlo dentro di noi, fatti “vuoti” dall’atteggiamento dell’amore. Solo così nell’altro possono emergere e sprigionarsi i semi del Verbo e i raggi dello Spirito in lui presenti e operanti, come già ricordava il Concilio Vaticano II: soltanto l’amore fa entrare in un rapporto gratuito con gli uomini e le donne del nostro tempo, così da giungere a “conoscere bene le tradizioni culturali e religiose degli altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che in loro si nascondono… Come Cristo stesso penetrò nel cuore degli uomini per portarli traverso un contatto veramente umano alla luce divina, così i suoi discepoli, animati dallo Spirito di Cristo, debbono conoscere gli uomini in mezzo ai quali vivono ed improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo, dimostrando tutte le ricchezze che Dio nella sua munificenza ha dato ai popoli, ed insieme tentando di illuminare queste ricchezze alla
Se infatti l’ascolto è stato attento, l’interesse al mondo dell’altro sincero, l’aiuto concreto, se davvero si sono instaurati rapporti di stima, di amicizia, anche l’altro vorrà interessarsi a noi e, a sua volta, “si farà uno” con noi. Potremo allora parlare a nostra volta, comunicare la nostra esperienza di fede, ciò che ci motiva. Il dono di noi sarà il dono di ciò che abbiamo di più nostro: il Vangelo vissuto. L’evangelizzazione risulterà non una ostentazione o una imposizione, ma una condivisione.
[1] Cf. F. Ciardi, La giornata di Assisi 1986 riletta nell’esperienza di Marcello Zago, in Nuova Umanità, XXX, 196-197/2011, pp. xx-xx
[2] Marcello Zago, uomo del dialogo. Un’antologia, a cura di F. Ciardi, Ancora, Milano 2007.
[3] Jakarta, 10 ottobre
[4] P. Rossano, Il problema teologico delle religioni, Ed. Paoline, Catania 1975, pp. 44-46.
[5] 5 febbraio1986, in Insegnamenti di