Dialogando con Margaret Karram

Nata in Israele in una famiglia cattolica palestinese, dal 1° febbraio 2021 è presidente del Movimento dei Focolari. «Dobbiamo essere un'armonia di differenze. E prenderci tempo per la relazione con Dio, per poi essere più vicini alle persone, con un cuore capace di ascoltare l’altro». Da Città Nuova n. 2/2023
Margaret Karram

Essere la prima presidente dei Focolari non italiana e non europea rappresenta una sfida per lei?
La vera sfida è essere presidente di un Movimento così grande e complesso a cui aderiscono persone di tante culture, continenti, di tante Chiese cristiane e religioni; ci sono anche persone che non hanno un riferimento religioso. I membri sono bambini, adulti, famiglie, sacerdoti, religiosi. Insomma, la diversità è una caratteristica del nostro Movimento e questo rappresenta una sfida per chiunque. Una sfida, che però è anche la più grande ricchezza e bellezza.
Il fatto che l’Assemblea generale del Movimento dei Focolari nel 2021 abbia scelto me, originaria della Terra Santa, penso che dimostri davvero l’universalità del carisma dell’unità, che cioè è proprio per tutti. Quindi, certo che per me è una sfida, ma non perché non sono europea; direi anzi che è una straordinaria opportunità: ho davanti a me il mondo intero che posso e voglio amare essendo quella che sono, servendo la Chiesa e tutto il Movimento con le caratteristiche umane e personali, culturali e storiche che ho.

Negli ultimi decenni, il Movimento dei Focolari ha registrato un calo di nuove vocazioni…
Come accade in tutta la Chiesa, anche il Movimento vive il calo numerico delle vocazioni di vita consacrata. Ci interroghiamo, ma non ho dubbi che il carisma sia moderno, che possa attrarre i giovani e sia fatto per i nostri tempi. Oggi il mondo ha bisogno di un carisma che parli di unità e non di divisione.
Certo, la domanda è come attualizzare il carisma dell’unità e comunicarlo con il linguaggio adatto, soprattutto ai giovani. Il mondo è cambiato, per i giovani è importante il rapporto con noi adulti, ma solo se la nostra vita è frutto di un rapporto di unione con Dio, se è coerente col Vangelo. Questo li attrae perché hanno sete di divino. I giovani amano la radicalità! Non vogliono un Vangelo “annacquato”! Prendono ispirazione da chi “osa” vivere per Dio. E a poco a poco comprendono dove Lui li chiama. Se le vocazioni diminuiscono, dobbiamo chiederci come noi adulti viviamo la nostra vocazione. Il carisma non è cambiato nella sostanza, magari dovremo capire meglio in quale forma viverlo e presentarlo.

Margaret Karram con i giovani del Movimento dei Focolari

Qual è il ruolo delle varie vocazioni?
Nel Movimento ci sono tante vocazioni, oltre ai consacrati che vivono in comunità. Dio continua a chiamare in campo sociale, politico e civile. Vorrei sottolineare l’importanza dei focolarini sposati (che fanno parte a tutti gli effetti delle nostre comunità, i focolari, in cui vivono i consacrati). Penso che le persone sposate abbiano un ruolo importante oggi.
Da un lato mi rattrista la diminuzione delle vocazioni consacrate, ma dall’altro mi chiedo: cosa vuole dirci Dio con questo? Che ruolo possono avere oggi le persone sposate nella testimonianza di un carisma come il nostro? Come possiamo impegnarci in politica, nel sociale per vivere per Dio?
Forse in futuro saremo pochissimi consacrati, ma saremo insieme a tanti altri che faranno questa “rivoluzione” evangelica insieme a noi. E di questi “altri” dobbiamo saper cogliere il valore.

Negli ultimi mesi, lei ha lanciato due “parole d’ordine”: fermarsi e rallentare. Perché?
Parlando con tante persone del Movimento, ho colto che si era sempre di corsa. Organizziamo incontri, eventi, manifestazioni. Ho pensato: è questo che dovremmo fare? È questo che Dio ci chiede oggi? Continuare a correre pur facendo cose belle? Sentivo che dovevamo tornare alla radice, cioè al rapporto con Dio e poi stare vicini alle persone, con un cuore capace di ascoltare l’altro. Il ritmo della vita moderna non lascia tregua a volte, e ci dimentichiamo di guardarci, ascoltarci, volerci bene.
I rapporti tra noi hanno la precedenza e continuo a sperimentare che l’amore reciproco vero, a volte sofferto e disinteressato, è la base solida per costruire l’unità e portare la fraternità, anche nelle situazioni impossibili. Quanto tempo abbiamo a disposizione per visitare le persone a casa loro? Per invitarle nelle nostre case? Rallentare e fermarsi serve a darci un cuore senza confini, che possa amare di più, e costruire relazioni personali con ogni persona.

Lei propone anche di rafforzare la preghiera e i momenti di interiorità…
Chiara diceva che la preghiera è «il respiro dell’anima, l’ossigeno di tutta la nostra vita spirituale, l’espressione del nostro amore per Dio, il carburante di tutte le nostre attività». La preghiera è l’ossigeno della mia vita. Sono cresciuta così. I miei genitori mi hanno insegnato, quando ero piccola, a pregare, a mettere Dio al centro delle mie giornate. Poi, quando ho conosciuto la spiritualità dell’unità, ho sentito ancora più forte la certezza che posso amare il prossimo solo se sono radicata in Dio. La preghiera può essere anche una risposta alle sfide del mondo di oggi. Pensiamo alle guerre, alle tragedie ambientali, ai fenomeni di polarizzazione e scontro politico. Se partiamo dall’unione con Dio, avremo la forza di affrontare questi problemi. Solo così possiamo dare speranza al mondo.

Bartolomeo I con Margaret Karram (©️ CSC – Mathew Muscat Drago)

Nel 2021 sono venuti alla luce vecchi casi di abusi. Come si è sentita di fronte a queste accuse?
Onestamente, non avrei mai immaginato di vivere una situazione del genere. Sono entrata in contatto con dolori profondi che non avevo mai affrontato in vita mia. È stato un grande choc! È stato importante innanzitutto prendere coscienza di quello che era successo e del dolore inflitto alle vittime, poi chiedere perdono con tutto il cuore e cercare la strada affinché questi abusi non si ripetano mai più. In questo periodo abbiamo lavorato molto sull’aspetto della formazione di tutti i membri, affinché qualsiasi attività sia basata sulla protezione dei minori e delle persone in situazioni di vulnerabilità.
La formazione è fondamentale, soprattutto per chi ricopre una posizione di governo. Abbiamo già avviato corsi, scuole e iniziative specifiche. La persona, con la sua dignità, deve essere al centro dei nostri pensieri e le vittime con cui siamo in contatto ci aiutano in questo. Ne ho incontrate diverse. Ascoltare le loro testimonianze, le loro storie e quello che hanno da dire è stato importante: ho pianto e ho sofferto con loro! Mi hanno insegnato molto. Il percorso di purificazione e di apprendimento del Movimento passa attraverso l’ascolto delle vittime.

Cosa ne pensa delle polarizzazioni in politica e nella società?
Mi ricorda quello che il mio Paese sta vivendo da anni. Comprendo il dolore per questo momento di crisi, polarizzazione e divisione. C’è tanto disorientamento, ma penso che in questa spaccatura risieda la nostra vocazione di cristiani. Tempo fa ho letto un’intervista che papa Francesco ha rilasciato a The Jesuit Review dove afferma: «La polarizzazione non è cattolica. Un cattolico non può pensare aut-aut e ridurre tutto alla polarizzazione. L’essenza di ciò che è cattolico è et-et. Il cattolico unisce il bene e il non tanto bene. Il popolo di Dio è uno solo. Quando c’è polarizzazione, entra una mentalità divisiva che privilegia alcuni e lascia indietro altri. Il cattolico è sempre armonia delle differenze» .
Noi che cerchiamo di vivere nel quotidiano il carisma dell’unità, dobbiamo realizzare questa armonia delle differenze. Siamo diversi, abbiamo opinioni diverse. Ognuno segue la propria coscienza. Ma non possiamo dividerci. Se siamo membri di un’opera di Dio che mette al centro l’unità, dobbiamo avere un amore più grande, radicato in quello che chiamiamo “Gesù abbandonato”. Significa perdonare, accettare un pensiero diverso, vedere nell’altro un fratello e una sorella, anche se di opinioni diverse.

Margaret Karram e Jesús Morán con Michel-Bernard de Vregille (Comunità dell’Emmanuele) e Daniela Martucci (Nuovi Orizzonti)

Nei mesi scorsi, Città Nuova ha intervistato vari leader e fondatori di Movimenti e associazioni ecclesiali. Tutti hanno chiesto una collaborazione più attiva fra i Movimenti. Cosa ne pensa?
Sono d’accordo! È una collaborazione che con alcuni continua a crescere e con altri sta iniziando, ma è una realtà presente nella Chiesa fin dall’incontro di Giovanni Paolo II con i Movimenti e le Nuove Comunità nel 1998. In quell’occasione Chiara Lubich aveva promesso al papa che si sarebbe impegnata in prima persona per arrivare alla comunione piena fra i Movimenti. Negli anni seguenti ci sono stati tanti passi e atti concreti che hanno consolidato il cammino intrapreso e oggi, nel cammino sinodale della Chiesa, questa collaborazione è più che mai necessaria.
La sfida è trovare le modalità giuste, al passo coi bisogni dell’umanità. Le azioni che abbiamo portato avanti insieme – durante la pandemia, con i migranti, in occasione di catastrofi naturali, durante la guerra in Ucraina – ci dimostrano che solo in rete, solo insieme abbiamo la forza e l’apertura necessarie per contribuire a sanare i tanti volti del dolore delle persone. Sono convinta che è nella comunione dei due profili, petrino e carismatico, che la Chiesa può dare il meglio di sé all’umanità.

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1976 – quattordicenne, incontra il Movimento dei Focolari.
2013 – riceve il premio “Mount Zion Award” per l’impegno nel dialogo tra culture e religioni diverse.
2016 – riceve il premio internazionale “Riconoscimento Santa Rita”, per aver favorito il dialogo partendo dalla quotidianità della vita vissuta.
2021 – viene eletta presidente del Movimento dei Focolari.
2022 – viene ricevuta in udienza a Istanbul dal patriarca ecumenico Bartolomeo I.

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