Diabete: occorre prevenire
Di recente si è celebrata in tutto il mondo la giornata del “diabete”. Lo scopo è quello di bloccare la diffusione di questa malattia sociale, grave soprattutto per le complicazioni che un suo cattivo controllo comporta. La cecità e la cataratta, le complicazioni cardiovascolari e renali, la necessità di amputare gli arti inferiori, sono le conseguenze di un diabete non controllato con adeguata dieta e farmaci, quando necessari. Questa malattia in continua crescita nei paesi “ricchi” assorbe il 10 per cento della spesa sanitaria nazionale e, nonostante ciò, crea una scadente qualità della vita. Si ritiene che nel terzo millennio rappresenterà quello che è stato l’Aids nel 2000. I due milioni di diabetici italiani saranno cinque nel 2005, in altre parole una vera e propria epidemia, specialmente tra i bambini, parallelamente all’incremento dell’obesità. Un’importante causa di ciò è un consumismo alimentare basato sull’immissione nel mercato di cibi e merendine troppo grasse e troppo dolci. L’80 per cento dei lavoratori consumano almeno un pasto fuori casa, con cibi di scadente qualità ed importanti alterazioni della funzione digestiva. La società industriale fa prevalere le esigenze dei turni di lavoro a quelle dei ritmi che presiedono alla digestione ed all’assorbimento delle sostanze nutritive. La sete di guadagno ha creato una catena alimentare che mette in pericolo la salute pubblica, mentre lo Stato rimane praticamente inerme di fronte ad una pubblicità sfrenata che punta tutto e solo sul profitto. L’aforisma dell’antica scuola medica salernitana “Mangiare il minimo, muoversi il massimo”, citato nella tavola rotonda sull’argomento dal ministro Sirchia, sottolinea la necessità per gli italiani ed in generale per tutte le nazioni europee e nord-americane di pensare a modificare radicalmente il proprio stile di vita. Sei italiani su dieci non fanno moto, quando basterebbe camminare mezz’ora tre volte a settimana per ridurre l’incidenza del diabete e dell’ipertensione. Negli Usa e in Finlandia si è visto che ogni anno il 10 per cento dei soggetti con comportamenti a “rischio” diventano diabetici. Per contro il “rischio” diminuisce del 60 per cento anche con piccoli cambiamenti nelle abitudini d’ogni giorno che si riassumono nel camminare un po’ di più, magari rinunciando all’ascensore o scendendo dal bus una fermata prima del luogo di lavoro, e nel mangiare un po’ meno. Quindi ritorniamo un po’ ai consigli di Einaudi, che era un economista di gran valore, e rinunciamo ad un consumismo sfrenato, com’è predicato oggi. Se si facesse più informazione, più educazione sanitaria, avremmo un abbattimento del 50 per cento della cecità per retinopatia diabetica, minori sofferenze ed un notevole risparmio di spesa sanitaria. In conclusione un’economia di comunione, ecocompatibile, solidale, potrebbe risolvere questa, come molte altre epidemie che pesano sia sulle ricche società dei consumi, sia su quelle dei paesi poveri.