Di nuovo violenza per il consumo di carne bovina
Un abitante del villaggio di Dadri, nello stato dell’Uttar Pradesh, dove vivono circa duemila cinquecento famiglie per la stragrande maggioranza di religione indù, è stato linciato a morte e suo figlio, appena ventenne, ridotto in fin di vita da una folla che li ha attaccati accusandoli di aver consumato carne di mucca e di averne conservata una certa quantità all’interno dell’abitazione. Mohammad Akhlaq ed il figlio Danish appartengono alla piccolo comunità musulmana della zona che arriva a stento alle 40 famiglie.
L’episodio ha suscitato vaste reazioni nel Paese, soprattutto, all’interno delle comunità minoritarie e rischia di creare nuove tensioni sociali al punto che lo stesso presidente della repubblica, Pranab Mukherjee, ha ritenuto opportuno intervenire nella vicenda con parole chiare ed inequivocabili.
Parlando all’interno del Rashtrapati Bhavan, il palazzo presidenziale, in occasione della presentazione di un libro sulla sua figura di politico, Mukherjee, facendo chiaro riferimento alla situazione attuale del Paese a causa dei fatti di Dadri, ha sottolineato come, sebbene l’India abbia compiuto negli ultimi decenni passi da gigante in molti settori, resti tuttavia molto da fare. Ha invitato i suoi connazionali a non fermarsi sulla via del progresso sotto tutti i punti di vista.
A tre anni dalla sua elezione alla presidenza della repubblica indiana, che resta una carica rappresentativa, Mukherjee ha analizzato come l’elettorato abbia deciso nelle ultime elezioni di porre fine ad una amministrazione regolata da una coalizione, consegnando il Paese al governo di un solo partito. Il riferimento alla politica di Modi e del Bharatya Janata Party è stato inequivocabile con il sottinteso chiaro di evitare di creare situazioni di tensione sociale che possano rallentare lo sviluppo ed il progresso dell’India.
Da quando il BJP ha conquistato il Parlamento indiano con una valanga di voti una delle priorità del nuovo governo è stata quella di proibire l’uccisione di bovini – considerati sacri dalla tradizione indù, particolarmente dai brahmini e dalle caste più alte – e, dunque, la macellazione di carni ed il loro consumo. Vista l’impossibilità di far approvare una legge a livello nazionale, il BJP ha iniziato una politica regionale riuscendo a far approvare questi provvedimenti in alcune zone del Paese.
L’episodio verificatosi nel villaggi di Dadri, all’interno dello stato dell’Uttar Pradesh, il più popoloso del colosso asiatico ed il fulcro di quella che viene definita la cintura indù che comprende anche altri stati confinanti al centro nord dell’India, rischia di creare nuovamente tensioni sociali da tempo assopite, in particolare quelle fra indù e musulmani. La campagna di cui sono stati vittime i due musulmani è stata definita da vari giornalisti, accademici ed osservatori come un vero ‘disegno fascista’ contro il quale è necessario reagire con una campagna che sensibilizzi l’intera opinione pubblica.
Alcuni professori della prestigiosa JNU, università tradizionalmente laica di New Delhi, intitolata a Nehru, hanno affermato dopo una visita sul luogo degli incidenti, che si tratta non di un caso sporadico, ma di una strategia a livello nazionale che mira a proibire il consumo di prodotti bovini nell’intero Paese. Sta emergendo, secondo questi osservatori, una chiara strategia per provocare con metodi sofisticati delle tensioni fra gruppi sociali e religiosi e per creare un senso di paura nelle minoranze religiose. All’interno della zona sono emerse le attività di gruppi sorti di recente e che ufficialmente non portano i nomi delle organizzazioni tradizionalmente definite fondamentaliste, come la RSS, che, di fatto, ispira con la sua ideologia dell’Hindutva – l’India deve essere il Paese degli indù – l’attuale governo guidato da Modi. I gruppi che si sono formati recentemente hanno, tuttavia, nomi che non lasciano dubbi sulla loro natura e scelta politica. Basta pensare al Ram Sena, l’esercito di Rama.
Sulla spinosa questione è intervenuto in questi giorni anche Ram Puniyani, presidente del Centro per gli studi sociali e del secolarismo che ha sede a Mumbai. Quello che più preoccupa Puniyani è il silenzio del Primo Ministro Narendra Modi che, nonostante l’episodio possa portare ad una escalation della violenza, ha fino ad ora mantenuto il silenzio sull’accaduto. L’attivista sociale ha riportato in primo piano il discorso di Modi in occasione della vittoria nelle elezioni di due anni fa, quando il neo Primo Ministro aveva affermato: “Rana Pratap [1540-1597, sovrano di Mewar, attuale Stato del Rajasthan – ndr] ha dedicato la sua vita al gau raksa (protezione della vacca). Egli ha combattuto guerre e sacrificato giovani uomini per proteggere la mucca”.
Gli episodi di questi giorni non sono unici nel loro genere. Nel 2002 nel villaggio di Dulina nel distretto di Jhajjar (nello Stato di Haryana), una folla di oltre 1000 persone aveva linciato cinque dalit che stavano scuoiando una mucca morta per venderne la pelle. In quell’occassione Acharya Giriraj Kishore, leader attivista del Vhp [Vishva Hindu Parishad, gruppo militante indù], aveva dichiarato in conferenza stampa che “la vita di una vacca è più preziosa di quella di un essere umano”. Pochi mesi fa la polizia di Malegaon nel Maharashtra, lo stato dove si trova la metropoli di Mumbai, ha arrestato tre musulmani con l’accusa di avere scorte di mucca. In seguito alla violenza di Dadri, un camion è stato incendiato a Aurangabad perché sospettato di trasportare bovini.
Dal punto di vista economico, i bovini sono una parte fondamentale dell’economia agricola. I tori e le mucche anziane vengono usati come cibo da una larga parte della società. Non solo la comunità di adivasi (gli appartenenti ai gruppi tribali del centro nord dell’India e del Nord-Est), ma anche gran parte dei dalit, dei musulmani e dei cristiani ne fanno largo uso. Non mancano di farlo anche indù di vari gruppi castali e, non di rado, anche alcuni delle caste più elevate consumano carne bovina. Al di là delle questioni alimentari e del vegetarianismo, la situazione che questi incidenti potrebbero creare resta una seria minaccia per il futuro dell’India, che rischia seriamente di ripiombare nella aggrovigliata matassa dell’intemperanza religiosa, soprattutto fra musulmani e indù.