Destra, vittoria schiacciante in Lombardia e Lazio

Nelle due importanti Regioni, le urne svuotate da una forte astensione consegnano una forte maggioranza alla coalizione di governo guidata da Fratelli d’Italia
Destra vince le regionali Foto Mauro Scrobogna/LaPresse

Una vittoria annunciata quella della coalizione trainata da Fratelli d’Italia, primo partito nelle due Regioni italiane più importanti per diversi motivi. Nella locomotiva produttiva del Nord il centro destra governa ininterrottamente da decenni grazie al fattore Berlusconi che ha aperto la strada alla crescita della Lega e ora al partito della Meloni.

Non ha inciso sul risultato neanche la scissione di Letizia Moratti, ex assessore regionale alla Sanità diventata la candidata alla presidenza di Renzi e Calenda che ha raccolto il 9,9% dei consensi. Il già presidente di Regione Attilio Fontana, esponente della Lega di Salvini, ha raccolto il 54,7% dei voti conquistando una solida maggioranza in consiglio ( 48 eletti contro 23 del centro sinistra che schierava l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino e i 9 della Moratti). La Lega ha preso il 16,5% dei voti e quindi resiste anche se sorpassata da FdI che si attesta al 25,2%.

Anche mettendo assieme il 33,3% di Majorino con i voti del cosiddetto Terzo Polo, l’opposizione non avrebbe superato Fontana.

Disquisizioni di numeri del tutto teoriche perché la componente di Calenda e Renzi non potrà mai allearsi con l’area dei 5Stelle così come non si amalgama l’acqua con l’olio. Il partito di Conte è forte nel Sud e poco radicato nei territori. Alleato con il Pd in Lombardia ha raggiunto il 3,9% in Lombardia, mentre per la lista di Azione/IV ha votato il 4,2% ( il di più è arrivato dalla lista personle di Moratti che ha raggiunto il 5,3%).

Ci si aspettava, invece, un risultato a 2 cifre dei 5 Stelle nel Lazio con la candidata Donatella Bianchi, volto abbastanza noto della Rai, che esprimeva anche una lista progressista da Sinistra italiana che ha raccolto l’1,2% dei voti. La lista dei 5 Stelle è rimasta ferma all’8,5%. Si poteva immaginare un sorpasso del Pd in crisi ma la lista dem ha raccolto, da sola, il 20,2% dei consensi guidando una coalizione dove Calenda Renzi hanno raggiunto il 4,9% dei voti, seguiti dal 3% della lista del candidato presidente Alessio D’Amato e dal 2,7% dei Verdi. Demos con l’1,2% ha superato l’1% dei +Europa e Radicali.

Percentuali che impallidiscono davanti al consenso della coalizione di destra che ha sostenuto l’ex presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, nel raggiungere il 53, 9% dei voti, con punte che si avvicinano al 70% nelle province di Latina, Rieti e Viterbo.

Fratelli d’Italia, che ha raccolto il 33,6% dei voti, è un partito con una forte impronta romana e si annuncia una forte saldatura tra il governo nazionale e quello regionale dove si prevedono grandi opere legate all’imminente Giubileo del 2025 e all’auspicato Expo 2030.

Lega e Forza Italia si attestano sopra l’8% dimostrando una certa resilienza, soprattutto pensando al partito di Berlusconi che ha perso tanti esponenti che hanno trovato casa in FdI. Sul 2% si attesta la lista civica del presidente, 1,6% è andato all’Udc e 1,1% a Noi Moderati -Sgarbi.

Un solido e storico militante della destra romana come Fabio Rampelli, ora vice presidente della Camera, ha lamentato l’assenza di una vera competizione contro un avversario troppo debole e frammentato. Si ricorderà infatti la tensione fino all’ultimo nella vittoria di Francesco Storace (esponente di punta dell’Msi) contro Piero Badaloni nelle elezioni regionali del 2000.

Dal canto suo, Rocca ha potuto vantare una storia personale di impegno solidale che contrasta con la narrazione comune sulla destra, manifestando un profilo autonomo da valutare, poi, nei fatti che potrà compiere grazie ad una solida maggioranza in consiglio regionale.

Le percentuali di voto fanno però riferimento ad una base elettorale estremamente ridotta sia in Lombardia che nel Lazio, con un crollo del 30% dei partecipanti alle urne rispetto alla precedente competizione regionale.

Legioni di esperti si stanno cimentando nell’analisi di un rifiuto delle urne che va dal disincanto verso l’efficacia di rappresentanza del voto fino ai segnali di una lenta ma inesorabile eutanasia della democrazia. Decadenza accompagna da un immaginario collettivo stordito dalla realtà parallela del festival di Sanremo che si è svolto nel periodo in cui, un tempo, si riempivano le piazze per gli ultimi comizi elettorali.

La voglia di leggerezza ed evasione che emerge da tali fenomeni sono forse una risposta alle pressioni angoscianti di una realtà segnata dalla pandemia e dallo spettro della guerra che provocano una rimozione di massa fino alla svalutazione del voto come esercizio di cittadinanza.

Nei fatti, i risultati elettorali delle Regioni che hanno al loro centro Roma e Milano, confermano la stabilità del governo di Giorgia Meloni che, tra l’altro, non ha ancora toccato i capitoli decisivi delle leve di comando nei ruoli chiavi delle grandi società partecipate dallo Stato e sulla televisione pubblica.

Al momento l’unica instabilità sembra arrivare dalle uscite personali dell’anziano leader di Forza Italia rimasto legato al rapporto di stima e fiducia verso il presidente russo Putin. Uscite bilanciate dalle pronte dichiarazioni di fedeltà atlantista del ministro degli Esteri Tajani.

L’analisi della sconfitta annunciata sarà il tema dominante che accompagnerà il dibattito sulla scelta del nuovo segretario del Pd. Una fase delicata per un partito in cerca di identità ed esposto al rischio di una spaccatura.

Dati ufficiali elezioni regionali sul sito del Ministero degli Interni qui il link

 

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