Destra, ma meno del previsto

L’ex presidente Sebastián Piñera ottiene il 36,6%, Alejandro Guiller del centro sinistra arriva al 22,6%. La coalizione di sinistra Frente Amplio è la sorpresa di queste elezioni e potrebbe essere decisiva nel secondo turno. Ha votato meno della metá degli aventi diritto.
Beatriz Sanchez

Per la destra sembrava una cosa fatta e, addirittura, si parlava della possibilità di vincere al primo turno. Ma le cose, per il candidato favorito nelle elezioni che ieri si sono disputate in Cile, non sono andate come si sperava: l’ex presidente Sebastián Piñera si è affermato, ma solo col 36,6% dei voti (nel 2009, vinse ma con otto punti in più). Al secondo posto si colloca il candidato della maggioranza di governo, Alejandro Guiller, con un 22,6%, e disputerà il ballottaggio alla testa di Fuerza de Mayoría.

Ma la vera sorpresa di questa giornata è il risultato della giornalista Beatriz Sánchez, che sfiora il 21% alla testa di una coalizione di gruppi di sinistra, il Frente Amplio, che hanno preferito un cammino parallelo rispetto alla coalizione di centro sinistra che rappresenta Guiller. Sánchez è stata letteralmente snobbata dai sondaggi che hanno invece gonfiato (e non innocentemente) le proiezioni di Piñera a scapito del resto dei candidati.

Altri due candidati di minoranza, registrano uno un buon risultato, José Antonio Kast, membro di Evopoli, gruppo di destra che non si riteneva potesse superare il 7%, come ha invece fatto, ed al centro Carolina Goic, candidato della Democrazia Cristiana, parte della coalizione di centro sinistra al governo, ma che pure ha preferito un cammino autonomo. La Dc registra un magro 5,5%, molto meno di quanto sperato.

Bisognerà vedere cosa decideranno i vari gruppi in questo mese che ci separa dal secondo turno. È probabile che Beatriz Sánchez appoggerà la candidatura di Guiller, il che proietta immediatamente al di sopra del 42% la somma delle proprie forze. Sarebbe da attendersi l’appoggio di parte della Dc e di altri canditati minori che dovrebbero permettere di superare il 50% necessario. Piñera potrà ottenere l’appoggio della destra e, forse, di parte della Dc, ma non arriverebbe alla metà dei voti (+1) necessaria.

Fin qui l’aritmetica, ma si sa che in politica non necessariamente due più due fa quattro, a volte fa tre ed altre volte il risultato è cinque. Il centro sinistra è arrivato al traguardo elettorale diviso, avendo messo fine a quasi trenta anni di una coalizione che ha traghettato il Paese dalla fine della dittatura di Pinochet ad oggi, quasi senza interruzioni. Non è detto che sia facile che possa unirsi nel giro di un mese, come in Francia nel caso della sconfitta propinata da Macron a Marine Le Pen. Piñera è ben lontano da poter essere assimilato alla destra estrema, anzi nelle ultime settimane il suo neoliberismo ha dato segni di apertura a un discorso più centrista e di voler dare continuità ad alcune delle politiche sociali dell’attuale governo di Michelle Bachelet.

Intanto queste elezioni segnano una svolta. Si è applicato un sistema proporzionale che offre un quadro delle forze in campo più fedele alla realtà, rispetto al vecchio sistema maggioritario. In secondo luogo, proprio questa maggiore fedeltà alla realtà politica, indica che si è superato lo schema di tre terzi (centro, sinistra e destra) presentando un panorama più complesso. Il Frente Amplio irrompe a sinistra con uno spazio proprio, con forze legate alla società civile organizzata e spesso legate a settori giovanili, anche se con proposte di un utopismo massimalista poco consono alla realtà dei fatti. I partiti tradizionali del centro sinistra invece segnano il passo, appaiono divisi e, soprattutto, disorientati in merito a come superare lo scoglio delle disuguaglianze sociali che in Cile sono particolarmente pronunciate: il 20% più ricco del Paese si divide il 73% della ricchezza, mentre il 20% più povero accumula una ricchezza nulla o negativa (ossia: ha debiti). Il 50% dei salariati riceve uno stipendio che rappresenta il 30/40% di quanto ha bisogno per vivere una famiglia di quattro persone. Il 70% dei salariati arrivano al 50/60% di quanto necessario.

A questi settori, Piñera e la destra non riescono a dare una risposta che non sia quella della crescita economica e della prospettiva di maggiori opportunità in tale contesto. La storia economica del Cile dice invece proprio il contrario, la crescita economica di questi anni ha accentuato e non diminuito le disuguaglianze. Ed è proprio in questi settori meno abbienti che troviamo la maggior parte dei cittadini che non sono andati a votare questa domenica. Circa la metà dei 14 milioni di elettori abilitati è rimasta a casa e, in genere, si sente distante dalla politica e per niente rappresentato da partiti che non riescono a cogliere le loro problematiche: stipendi bassi, scarso accesso alla salute, all’istruzione e pensioni di fame.

Chiunque sia il vincitore del secondo turno troverà sul suo tavolo di presidente una agenda sociale tra le più ardue: il Cile è uno dei Paesi con più disuguaglianza della regione con una segmentazione sociale che spesso si trasforma in una dolorosa separazione. Comprendere come affrontare queste sfide farà la differenza tra un mero vincitore di queste elezioni ed uno statista.

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