Il destino dell’Italia nel caso Rwm
La Rwm Italia non potrà ampliare il suo stabilimento produttivo sito in Sardegna, nei comuni di Domusnovas e Iglesias. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con la sentenza 2059 del 10 novembre 2021 che ha accolto il ricorso, per motivi ambientali, presentato da Italia Nostra, Unione Sindacale di Base per la Regione Sardegna, Assotziu Consumadoris Sardigna Onlus, e sostenuto da tante associazioni e comitati.
La Rwm è una società italiana specializzata nel settore della produzione bellica, uscita dal cono d’ombra, che solitamente si stende su tale attività, grazie alle polemiche sulle grosse forniture di bombe destinate all’aviazione militare dell’Arabia Saudita impegnata nel conflitto in corso in Yemen fin dal 2015.
Grazie ad un’ ostinata campagna di coscientizzazione dell’opinione pubblica portata avanti in Sardegna, il caso ha assunto un valore di carattere internazionale con ricadute sul livello nazionale tanto da portare il governo italiano a revocare le licenze a Rwm per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti , altro stato facente parte della coalizione militare a guida saudita.
Una decisione che non è stata indolore per i forti legami esistenti tra la nostra economia e i grandi investitori mediorientali tanto che a luglio 2021 una nota dell’Uama (ufficio preposto del ministero degli Esteri), restando in vigore la revoca per missili e bombe, ha reso di nuovo possibile la vendita di altri sistemi d’arma e attrezzature militari. Gli Emirati Arabi Uniti sono un “partner strategico” dell’Italia come ha ribadito il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e confermato dalla decisione di Abu Dhabi di far chiudere dal 2 luglio la base militare italiana presente nell’aeroporto di Al Minhad e “strategicamente” importante per supportare la nostra presenza in Iraq e Corno d’Africa. Il ruolo internazionale degli Emirati è evidente con l’Expo in corso fino a marzo 2022.
Non meno importante, anzi, è il rapporto con l’Arabia Saudita, grande alleato degli Usa, come ribadito più volte da Guido Crosetto, presidente della Aiad, (Federazione aziende Italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza). Fincantieri, controllata dallo Stato, si è impegnata, ad esempio, a fornire navi da guerra a Riad tramite la sua controllata statunitense.
Cosa è la Rwm Italia?
Come si può leggere, allora, la sentenza del massimo organo della magistratura amministrativa che ostacola i piani di espansione che la Rwm intende portare avanti nonostante il recente blocco di alcune licenze all’esportazione? Una risposta può arrivare dall’interessante relazione presentata il 29 luglio 2021 da Fabio Sgarzi, amministratore delegato di RWM Italia, alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati.
La società italiana, come è noto, «fa parte del Gruppo tedesco Rheinmetall AG con una forte presenza internazionale nei cinque continenti». Nel 2020 ha raggiunto «un fatturato complessivo di 5.8 miliardi di euro, di cui circa il 60% pari a 3.7 miliardi, nel settore della Difesa e il restante nel settore dell’automotive».
I vertici della sede centrale di Düsseldorf hanno deciso nel 2010 di investire in Italia nel settore auto negli stabilimenti di Livorno e Lanciano, e in quello della difesa a Roma, Ghedi (Brescia) e in Sardegna occupando complessivamente mille lavoratori. Il solo settore difesa ne impiega 23 mila a livello globale.
Lo stabilimento di Domusnovas è costituito da «un centinaio di fabbricati che ospitano le diverse linee di produzione, i depositi, gli uffici e un campo prove dedicato al test di materiali esplodenti fino a un massimo di 10 kg» in un’area complessiva di 80 ettari collocata all’interno di una vasta proprietà di 200 ettari. Uno stabilimento moderno, unico nel suo genere come sottolinea Sgarzi, «con una capacità di stoccaggio di 655 tonnellate di materiale esplodente» e protetto da protocolli di sicurezza a livello NATO e perciò interdetto agli estranei. Un video promozionale trasmesso durante l’audizione alla Camera permette di avere un’idea della fabbrica top secret specializzata, in particolare, in una vasta gamma di corpi bomba d’aereo «quali la serie General Purpose Mk80 (dalla M81 da 250lb alla Mk84 da 2.000 lb) e bombe di penetrazione come la BLU109». Qui per vedere il video trasmesso durante l’audizione alla Camera.
Quale strategia per l’Italia con i droni kamikaze?
Gli investimenti effettuati dalla Rheinmetall sono indirizzati a fare della Rwm un soggetto strategicamente decisivo per l’Italia, «uno dei pochi Paesi al mondo che possiede le capacità nazionali di produrre sistemi d’arma e piattaforme, oltre che munizioni». Nel 2020 ad esempio, in piena emergenza pandemica, «tutte le tipologie di corpi bomba prodotti dalla RWM Italia e in uso presso l’Aeronautica Militare sono stati integrati con la piattaforma di nuova generazione F-35 Joint Strike Fighter». Leonardo, ex Finmeccanica, è un partner importante per cui la Rwm produce «le teste in guerra per il siluro pesante Black Shark, le cariche per le munizioni guidate Vulcano e con cui stiamo ora collaborando per lo sviluppo della nuova testa in guerra del missile Teseo II per la Marina Militare Italiana».
La determinazione della multinazionale tedesca ad investire in Italia si manifesta anche con l’accordo in corso «con la società israeliana UVision per il co-sviluppo e la co-produzione in Italia, per l’intero mercato europeo, di varie tipologie di Loitering Munitions». Si tratta di «minuzioni circuitanti», meglio conosciute come «droni kamikaze o munizioni erranti», molto efficaci in combattimento come dimostrato dalle vittoriose forze armate azere nella guerra contro l’esercito armeno nel secondo conflitto in Nagorno Karabakh consumatosi nel settembre 2020. I video di tale conflitto, dove l’Azerbajan ha potuto disporre di tali armi fornite da Turchia e Israele, sono usati comunente a livello commerciale dato che, come ribadisce Sgarzi, «questo prodotto di nuova generazione è oggi uno dei più richiesti dalle Forze Armate di tutti i Paesi, per via dell’elevato potenziale tattico».
Gli intenti espansivi della Rheinmetall in Italia sono confermati, tra l’altro, dalle notizie recenti sul suo interesse nell’acquisizione della Oto Melara, azienda specializzata in cannoni terrestri, ora sotto controllo della Leonardo, in accordo con la Krauss-Maffei Wegmann (Kmw), altra società tedesca del settore.
Liberi dalla guerra a partire dal Sulcis
L’attivismo, perciò, dei movimenti ambientalisti e quelli per la pace costituisce un ostacolo a quelle linee di politica industriale ormai consolidate in Italia tanto da attirare investimenti sul settore delle armi pesanti destinate in gran parte per il mercato internazionale come precisato dall’amministratore delegato di Rwm: «Per operare e crescere, è essenziale, per noi come per qualunque impresa, avere una prospettiva certa, per quanto possibile, che si concretizzi in progetti di sviluppo e contratti di forniture pluriennali. Ma questa continuità, nel settore Difesa a differenza degli altri settori, può essere assicurata solo dallo Stato tramite commesse nazionali o il consenso e il sostegno all’esportazione».
Parole chiare che chiedono alla politica italiana di scegliere tra questa strada e quella indicata dalle reti sociali che promuovono a partire dalla Sardegna un’economia libera dalla guerra e dai suoi ricatti occupazionali tanto da promuovere la rete di imprese war free che si presenterà il 20 novembre all’università di Cagliari.
Ci sono in gioco i soldi europei destinati alla «giusta transizione ecologica» del Sulcis. Un utopia concreta da realizzare.
Nota bene : le frasi virgolettate sono tratte dal testo dell’audizione del dr Sgarzi leggibile in versione integrale grazie al sito di Analisi difesa