“Despacito”, tormentino di primavera
Una chitarrina acustica vagamente flamencata ad aprire le danze, un ritmo caldo e avvolgente che presto dischiude una melodia intrigante, ma simile a mille altre: solare e ballabile come ha da essere per prodotti di questo tipo. In mezzo, una parentesi rappeggiante, con quello spagnolo già così musicale di per sé.
Non so se Despacito di Luis Fonsi e Daddy Yankee riuscirà ad arrivare all’estate, ma certo tracima dall’etere e intasa le brezze di questa primavera. In mezzo mondo. Qui da noi è in classifica dei singoli da 15 settimane e non ha nessuna intenzione di mollare la presa, neppure di fronte a Sua Maestà Ed Sheeran e alla sua pluridecorata Shape of You. Non solo: è ovviamente al numero uno nelle classifiche di tutti i Paesi sudamericani, va forte in buona parte d’Europa e negli States, è intorno ai 200 milioni di streaming, è sul trono di iTunes, di Spotify e di Shazam. Il video ufficiale, reso più intrigante dalla presenza della connazionale Zuleyka Rivera, miss Universo 2006, ha già totalizzato mezzo miliardo di visualizzazioni sul web. Come dire un botto vero, di quelli da segnare una stagione, e probabilmente una carriera.
Il signor Fonsi è un quasi quarantenne dal faccino ancora giovanile e ovviamente piacente, e con questo brano – che in spagnolo significa “lentamente” – offre un omaggio alla sua terra: Porto Rico. Il testo è ovviamente un condensato di melassa amorosa tipicamente latino-americana: il lentamente in questione è riferito alla languorosa lentezza che i due consigliano per l’incipit classico di ogni approccio amoroso, il bacio: la cui passione ha da crescere, secondo loro, per l’appunto senza frenesie.
Luis Alfonso Rodriguez Lòper-Cepero, in arte Fonsi, è nato nel 1978 in quel di San Juan, la capitale portoricana; non è più un ragazzino dunque ed ha già parecchi album all’attivo, il primo dei quali risale a quasi vent’anni fa; il suo compare Raymond Luis Ayala Rodriguez è di un anno più vecchio e in patria è considerato il re del reggaeton: un genere musicale nato fra Panama e Portorico verso la fine degli anni Ottanta incrociando al reggae giamaicano con elementi rap e hip-hop. Su questa struttura stilistica i due innestano vari altri elementi sonori tipici dell’area caraibica, dal calypso di Trinidad alla buchata di Santo Domingo. Una formula semplice ed intrigante che sta conquistando l’Occidente, perché comunica immediatamente gioia di vivere, solarità rilassata, un’atmosfera che pare fatta apposta per scacciare le infinite inquietudini di questo presente.
Despacito è – e non vuol essere altro che – una canzonetta, carina ed evanescente come mille altre, costruita con sapienza artigianale certo, ma che ha nella sua leggerezza (o sostanziale inconsistenza per i detrattori di quest’ambito) la sua ragion d’essere. Niente di più e niente di meno: ma è un niente che continuerà a riempirci le orecchie ancora a lungo.