Denatalità: come aiutare i giovani a scegliere di fare figli
«Io e mia moglie ci siamo conosciuti in quarta ginnasio e in quinta ginnasio eravamo già una coppia. Ci siamo sposati che eravamo giovani, avevamo le stesse esperienze e avevamo deciso che non avremmo avuto figli. In fondo a cosa ci serviva avere figli? Avevamo abbastanza interessi per guardare il mondo, scambiarci idee, la cosa che ci piaceva di più era andare in giro, frequentare altri… Dopo cinque anni ci parve che questa vita fosse vuota. Fummo noi stessi a dire: che senso ha che noi due siamo insieme senza avere figli?». Alla fine, insieme alla moglie Diana Vincenzi, Giuliano Amato ha avuto due figli. Nella loro stanzetta attaccarono alle pareti foto di bambini di tutti i colori, affinché i nuovi arrivati capissero da subito che apparteniamo tutti alla stessa famiglia umana, al di là del colore della pelle.
Già presidente del Consiglio e della Corte Costituzionale, Giuliano Amato ha parlato della sua esperienza familiare in occasione del convegno “Denatalità e cultura della generatività. Contro l’inverno demografico”. Promosso dal Cortile dei Gentili, di cui Amato è presidente del comitato scientifico, e dall’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, il convegno (moderato da Daniele Autieri) è stato l’occasione per fare il punto sull’emergenza natalità nel nostro Paese.
Quello della denatalità, ha commentato l’ambasciatore Francesco Di Nitto facendo gli onori di casa nello storico Palazzo Borromeo, «è un tema molto importante. Forse è “il” tema. Parliamo del nostro futuro: senza le generazioni future non c’è, e finalmente questo tema sta entrando nell’agenda culturale, sociale e politica del nostro Paese e dell’Europa, che affronta un inverno demografico profondissimo». Eppure i figli, come sottolineato dal cardinale Gianfranco Ravasi, fondatore del Cortile dei Gentili, sono una benedizione per la famiglia e la società. Nell’Antico Testamento “figlio” è il termine più ricorrente (circa 5 mila volte) dopo quello di Dio. «La radice del nome è suggestiva e vuol dire costruire, perché – ha commentato Ravasi – le pareti della casa sono i figli, che tengono quasi idealmente l’architettura della propria residenza».
A differenza del passato, oggi in Italia «si fanno più figli nelle zone più ricche del Paese e si sfalda l’idea per cui il lavoro femminile fuori casa renda difficile procreare: non è così. I dati – afferma Emma Fattorini, docente di Storia contemporanea presso “La Sapienza” di Roma e componente della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili – sono sconcertanti, l’ultima nota dell’Istat avverte che il tasso di nascita in Italia è oggi il più basso dal 1861 e che gli italiani saranno 11 milioni in meno nel 2070. Cifra che secondo l’Onu sarebbe, del resto, troppo ottimistica, perché basata sull’ipotesi che il tasso di natalità per donna resti l’1,5». Un livello che, in realtà, verrebbe raggiunto solo in Trentino Alto Adige. L’Italia purtroppo, ha detto Fattorini, è tra i sei Paesi al mondo che hanno il tasso di fecondità più basso in assoluto.
Il nostro Paese infatti, ha spiegato il demografo Alessandro Rosina, «è sceso sotto il 59 milioni di abitanti. Dal 2014 l’Italia è entrata in una fase di continua diminuzione, perché abbiamo definitivamente perso la capacità endogena di crescere come popolazione, quindi andremo solo a diminuire». Per Rosina siamo ad un punto critico della storia dell’umanità. La continuità della popolazione è data dal rinnovo generazionale: il mondo cambia attraverso le nuove generazioni che arrivano e portano la loro diversità. Rispetto all’unità d’Italia, quando la media era di cinque figli per donna, oggi tutti i Paesi avanzati sono sotto la media di due figli per donna, che sarebbe quella che garantirebbe un equilibrio demografico purtroppo lontano.
Eppure il desiderio di avere figli, secondo il Rapporto dell’Istituto Toniolo, è vivo e presente nella maggioranza dei giovani. Purtroppo la scelta di averne viene spesso rinviata, sospesa, fino ad arrivare ad una implicita rinuncia. Il tema fondamentale diventa allora come aiutare questi giovani a fare figli, a compiere una scelta ritenuta irreversibile, ma centrale per il futuro della società.
Servono indubbiamente servizi, sicurezze economiche per entrambi i genitori, possibilità di conciliare famiglia e lavoro, una cultura che aiuti a fare i figli e non la ritenga una scelta mortificante per la donna. Per Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia alla Federico II di Napoli, servono idonee condizioni socioeconomiche e stili di vita favorevoli alla procreazione.
A livello mondiale, solo l’Africa continua a registrare un aumento della natalità: anche in Cina, infatti, le nascite sono in diminuzione ed è difficile invertire il trend perché se si può dire ad una coppia, com’è successo in passato, di non fare figli, è molto più difficile convincerla ad averne.
Ma un mondo di vecchi, si è chiesto provocatoriamente Giuliano Amato, che possibilità di sopravvivenza avrà? Il problema della natalità non ha colore politico, per cui la discussione deve essere la più ampia possibile. Servono politiche a favore delle famiglie, ma anche dove ci sono, i risultati non sempre raggiungono gli obiettivi prefissati. Per Amato sono necessarie scelte importanti come l’erogazione di servizi come gli asili nido, i congedi parentali anche per i padri, una vera parificazione dei compiti familiari nella coppia.
La politica deve rendere appetibile la scelta di fare figli e dare le risposte più adeguate a far sì che la coppia possa davvero gestire insieme il bambino. Per far questo, però, l’uomo dovrebbe assumersi le proprie responsabilità con maggiore decisione. «Il maschio che una volta era orgoglioso di uscire dalla caverna, affrontare il rischio per procacciare il cibo per la famiglia e rientrare nella caverna – ha commentato Amato -, ora è diventato questa creatura debole, che esita davanti alle assunzioni di responsabilità e si tira indietro». Questo è il grande tema che hanno davanti le nostre società e investe le incertezze del mondo in cui ci troviamo. In termini di educazione, per Amato, è il tema più importante che abbiamo davanti, perché la fuga dalle responsabilità è il primo veicolo che porta verso i surrogati, verso l’astrarsi dal mondo con l’alcol e la droga.
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