Democrazia ed Economia di Francesco, il mio viaggio a Trieste

Un resoconto delle attese e delle scoperte sperimentate durante i giorni che hanno visto convergere a Trieste una miriade di realtà collegate con l’impegno sociale dei cattolici in Italia. Una traccia da seguire dentro le contraddizioni e le ricchezze della città di Genova
Francesco a Trieste ANSA/ VATICAN MEDIA

Dal 3 al 7 luglio a Trieste, insieme ad altri quattro compagni di viaggio ho rappresentato la Diocesi di Genova alla 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia. È stata un’esperienza unica e indimenticabile. Abbiamo vissuto quelle giornate con intensità ed amicizia. Vedere così tanta gente di età, provenienza e professioni diverse, unita nello scopo di camminare insieme per “inverare” la democrazia e la Costituzione è stato un dono.

Da due anni, con mia moglie facciamo parte di un gruppo di formazione politico diocesano, guidato da don Massimiliano Moretti, parroco della Chiesa di Santa Zita di Genova.
In questo corso abbiamo conosciuto relatori e partecipanti di grande spessore a cui vogliamo contribuire restituendo ciò che abbiamo vissuto a Trieste.

Il papa ci chiama a sporcarci le mani e ad essere lievito dell’impegno sociale e politico della nostra società. Lo vivo quotidianamente questo senso di sfiducia e preoccupazione, sia nei gruppi di amici che al lavoro tra colleghi e studenti. Come insegnante, ritengo importante trasmettere il valore della partecipazione: “partecipare e non parteggiare”, essere protagonisti della propria storia e del proprio futuro.

A Trieste, terra di confine ma anche di barriere, di scontri ma soprattutto di incontri, l’organizzazione è stata impeccabile e l’aria che abbiamo respirato è stata pulita dagli affanni quotidiani e piena di speranza.

È stata una fortuna condividere questa esperienza con i miei compagni di viaggio: don Massimiliano, parroco, cappellano del lavoro, molto sensibile alle tematiche sul lavoro e sulla casa che stanno diventando sempre di più spine nel fianco della nostra città; Elena che fa parte della Ong Helpcode e fin da piccola ha respirato i valori cattolici, essendo i suoi nonni fondatori dell’Azione Cattolica nel suo quartiere; Chiara, rappresentante dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti della Liguria, madre e donna impegnata nella valorizzazione delle persone all’interno delle imprese; Luis Antonio, rappresentante della Comunità Latino-americana, prima minoranza della nostra città, instancabile lavoratore, impegnato a livello sociale presso la chiesa di Santa Caterina di Genova; Maria Rosa rappresentante del Centro Italiano Femminile, con una lunga esperienza politica e nell’associazionismo, appassionata e piena di iniziative ha tenuta viva in tutti noi l’energia e la voglia di fare.

Siamo arrivati il 3 luglio, in ritardo, in affanno e alcuni di noi con i bagagli persi, ma ad accoglierci c’era il presidente Mattarella che con le sue parole ha ridato ad ogni cosa il giusto senso. Eravamo lì perché «ogni generazione, ogni epoca, è attesa alla prova dell’alfabetizzazione, dell’inveramento della vita della democrazia». Una causa che riguarda tutti noi, nessuno escluso!

Le giornate erano scandite da momenti di preghiera, riflessioni bibliche, relazioni e tavole rotonde. Queste ultime erano suddivise per ambiti tematici: ambiente, agricoltura e territorio; cultura e informazione; giovani, educazione e formazione; pace, diritti e legalità; welfare e inclusione sociale; convivenza, cittadinanza e stili di vita.

Io ho partecipato a quest’ultimo. Il gruppo era formato da 20 persone, laici e religiosi. È stato emozionante aver collaborato su uno stesso livello con vescovi e cardinali per un obiettivo comune.
Il metodo utilizzato è stato quello ideato da Giovanni Grandi, professore ordinario di Filosofia morale a Trieste. Un metodo basato sull’ascolto, la condivisione e l’orientamento per camminare insieme e vivere la democrazia.

Grazie a questo metodo abbiamo potuto sperimentare quanto ognuno di noi abbia un’autorità a prescindere dallo stato sociale di appartenenza. Come affermato da Sabino Chialà, priore di Bose, per esercitare l’autorità rettamente, «seguendo il modello di Cristo, la parola deve essere credibile, l’azione benefica e l’atteggiamento oblativo».

Ritengo che le principali cause dei problemi e delle sfide che dobbiamo affrontare siano i nostri stili di vita che creano competizione e non collaborazione, individui (monadi isolate protese al consumo) e non persone (nell’integrità del sé nell’altro). «In me sorge la casa», ha citato Annalisa Caputo, una delle relatrici. Dove sono io, c’è sempre un noi: delle relazioni, una società, una comunità, una famiglia, una casa da curare, e quindi un’economia della fraternità. Tra le buone pratiche che proponevano stili di vita solidali e cooperativi c’erano due realtà a me molto care: Economy of Francesco ed Operazione Colomba.

Economy of Francesco è una realtà voluta dal papa nel 2019, per mettere insieme giovani imprenditori, economisti ed attivisti del terzo settore provenienti da tutto il mondo, con lo scopo di proporre un’alternativa a una economia che sfrutta, impoverisce e uccide. È stato bello per me coinvolgere gli altri delegati di Genova nell’iniziativa di Economy of Francesco, Steps for Peace (passi donati per la pace nel mondo): accompagnati da Luca, Daniele ed Emy abbiamo percorso 3 km dalla periferia al centro di Trieste.

Trieste 2024.
ANSA/ GABRIELE CROZZOLI

Emy, che abita a Trieste, ci ha raccontato luci ed ombre della città tra cui quella scurissima degli hangar abbandonati del Porto Vecchio dove vivono in condizioni disumane (tra ratti e spazzatura) i richiedenti asilo provenienti dai Balcani. È qui che «il credente può incontrare Cristo», ha affermato il regista e autore Pif mentre girava il suo servizio per “Caro, marziano”.

È proprio della Rotta balcanica che si occupa Operazione Colomba, corpo nonviolento della Papa Giovanni XXIII. Nel 2017 sono partito con loro per prestare servizio in un campo profughi siriano in Libano. Un’esperienza fortissima che ha cambiato la vita di alcune persone per sempre e che mi ha insegnato l’importanza di, come affermato da Mara Gorli nella sua relazione, «valorizzare la vulnerabilità dell’altro e la mia»: dare spazio alle vulnerabilità significa farsi piccoli per pensare in grande. Questo è quello che ho imparato dalla mia esperienza libanese, attraverso il racconto di tante storie attorno a un vassoio di riso e a una tazza di tè. Come ha detto la Caputo: «Abbiamo perso il senso del noi e il livello comunitario quando abbiamo perso il fuoco attorno a cui ci raccontavamo».

Quel fuoco comunitario e quell’energia vitale testimoniati dal Movimento dei Focolari da cui mi sono sentito accompagnato, assieme alla Consulta dei Laici di Genova, in questo percorso triestino.

Come delegati della diocesi di Genova, ci proponiamo di portare i racconti infiammati di speranza della 50ª Settimana sociale nella nostra comunità, attraverso i tre laboratori del Corso di formazione politica: fraternità in politica per attivare dialoghi costruttivi per il bene comune all’interno del Consiglio comunale di Genova; emergenza casa per ascoltare la voce dei poveri e di chi ha bisogno di un tetto; bando scolastico per la realizzazione di un progetto di valorizzazione e riqualificazione urbana e per coinvolgere i giovani nella partecipazione e nella democrazia. Perché come ha affermato papa Francesco nel discorso conclusivo ai delegati: «La partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani e va allenata, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche populistiche».

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