Delia e i suoi ragazzi migranti

Un bar speciale a Ventimiglia. L’unico rifugio per i più vulnerabili. Una gara di solidarietà ha coinvolto più di 600 persone
Delia Bonuomo del Bar Hobbit di Ventimiglia, impegnata nell'accoglienza dei migranti. Foto di Silvano Gianti

Sorride come sempre, Delia dietro al bancone del suo bar. È una sua caratteristica: chi entra è accolto dal suo sorriso, dalla sua domanda classica: «Come va?». Ai tavolini ci sono due ragazze di colore con altrettante tazze di tè verde. Aspettano che si carichi il cellulare. Stamattina attaccati alla ciabatta di telefoni ce ne sono solamente quattro. «Passeranno a ritirarli nel pomeriggio, se si ricordano…», dice Delia.

La giornata di questo fine ottobre è da favola, il sole pare quello di agosto, ma il freddo si sente. «I ragazzi (cosi chiama Delia i migranti) non possono più dormire in spiaggia, alla foce del Roya, o tra gli arbusti lungo il torrente. La situazione sta ritornando seria». L’inverno in arrivo sarà un’altra nuova emergenza da affrontare. I bivacchi sotto il ponte non si possono più rimettere in piedi. Se l’inverno sarà freddo come del resto lo è sempre stato, bisogna prevedere in tempo bivacchi di fortuna, raccolta di coperte e indumenti, per chi non vuole andare al campo della Croce Rossa.

Al Bar Hobbit Delia sta attenta a cogliere le necessita che si presentano. Una busta di patatine e un uovo sodo: è la colazione di un nord africano che paga e scappa via. Per la sua fame questo non basta, ma va di fretta. Sul bancone ci sono anche le brioche, le focacce e le pizzette. Sono arrivate dai forni vicini. Delia cucina il riso, il cous cous e tanta verdura. I cibi che gradiscono i clienti di questo bar speciale.

Ora a Ventimiglia arrivano meno dal nord Africa, da un po’ di tempo la maggioranza che staziona in città arriva dall’est Europa e proviene dal Balcani, sono iraniani, iracheni pachistani, indiani. E naturalmente tutti vogliono attraversare il confine per dirigersi verso il nord. Con Delia commentiamo il vizio costante dei gendarmi di sconfinare per accompagnare i migranti nuovamente in Italia. Parliamo dei casi avvenuti a Olivetta San Michele, il più occidentale dei comuni della Liguria e ad Airole entrambi paesi della Valle Roya. E degli ultimi episodi accaduti alla frontiera di Bardonecchia e Claviere in Piemonte.

Ma soprattutto parliamo dello straordinario risultato ottenuto dal Bar Hobbit. Quando un gruppo di amici di Delia poche settimane fa avevano lanciato la campagna di raccolta fondi perché il bar potesse continuare a vivere. Si era scritto che il bar Hobbit di Ventimiglia che non è un esercizio commerciale qualsiasi ma un avamposto di solidarietà e umanità reso possibile grazie a Delia, la donna coraggiosa e generosa che lo gestisce, e alle persone che in questi anni l’hanno aiutata.

Delia è ancora stupita e i suoi occhi si riempiono di meraviglia e di commozione, perché in meno di una settimana sono stati raccolti più di ventimila euro. Oltre 600 donatori e tanti i messaggi che hanno accompagnato le donazioni: c’è chi ha inviato 5 euro, chi 200. «Storie come queste danno speranza. Un abbraccio a Delia e ai suoi amici che hanno promosso questa bella iniziativa», scriveva Mariangela. «È giusto farlo, oggi più che mai» aggiunge Luca. «Grande Delia. Siamo al tuo fianco in questa direzione ostinata e contraria», scrivono Simona e Walter.

«Un piccolo miracolocommenta Delia , mi dà la spinta ad andare avanti. Tanta generosità va ripagata, vuol dire che c’è un’altra Italia che ha ancora il cuore che batte». Il bar Hobbit è rimasto l’unico rifugio per i più vulnerabili, e Delia è diventata un punto di riferimento per i migranti di passaggio.

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